Trent’anni dopo le prime elezioni democratiche, il Sudafrica torna alle urne per la settima volta. Mercoledì 29 maggio apriranno i seggi per la riconferma del Parlamento, con la maggioranza dell’ANC (African National Congress) in bilico, dopo un governo incontrastato pluridecennale iniziato con Nelson Mandela nel 1994. Disuguaglianze, corruzione, omicidi politici. Dall’apartheid a oggi il Sud Africa ha faticato a rialzare la testa, e chi ne ha retto i fili dalle poltrone del potere potrebbe pagarne le conseguenze.
Chi, cosa e quando
Saranno 27,8 milioni i sudafricani che tra le 7:00 e le 21:00 del 29 maggio si troveranno con la penna in mano in una delle 23mila polling stations. Il sistema elettorale del Paese è un proporzionale puro. In poche parole, i 400 seggi dell’Assemblea Nazionale saranno divise tra i partiti in base a quanti voti ricevono. Per la prima volta, però, i politici potranno candidarsi come indipendenti. Per adeguarsi a questo cambiamento, il Parlamento ha approvato una legge per creare un secondo scrutinio. Se un candidato indipendente raggiunge una certa soglia di voti per entrare in Parlamento, riduce il numero di seggi disponibili per gli altri partiti.
Ogni votante riceverà tre schede elettorali: due per il Parlamento (una nazionale e una specifica per provincia) e uno per i membri della legislatura interne alle nove province. La ‘x’ sarà apposta sul simbolo di un partito o di un singolo candidato autonomo. L’organo di gestione elettorale del Sudafrica, l’IEC, ha approvato in totale 14.889 candidati, tra cui 70 partiti politici e 11 indipendenti. In ballo 887 poltrone. E anche la figura del Presidente: i 400 neo-parlamentari sceglieranno il nuovo nome. Ma c’è bisogno della maggioranza assoluta, 201 sì.
Presente e futuro
Al momento la fotografia attuale dell’Assemblea Nazionale è la seguente: 14 partiti e maggioranza assoluta all’ANC con il 58%. Il partito di Cyril Ramaphosa è seguito da Democratic Alliance (DA con il 21%), gli Economic Freedom Fighters (EFF con l’11%) e l’Inkatha Freedom Party (IFP con il 3,5%).
L’ANC è probabile che perda la maggioranza. Gli ultimi sondaggi lo danno intorno al 40%, con gli altri avversari che guadagnerebbero molto terreno. Per formare un governo ci sarebbe quindi bisogno di una coalizione, e in ogni caso è difficile immaginarsi una Città del Capo senza l’African National Congress. È anche vero che dai plebisciti che furono l’elezione di Mandela e Mbeki (62% e 69% dei consensi), l’ANC è in un trend discendente. Così come l’affluenza, che è calata dal 90% di inizio anni Novanta al 66% delle ultime. Mercoledì ci si aspetta che quattro aventi diritto su dieci non si presenteranno alle urne.
I quattro candidati
Favorito numero uno è l’ANC guidato da Cyril Ramaphosa. Il politico 71enne gode di consensi intorno al 44% e ci si aspetta che guadagni la maggioranza assoluta in sette province su nove. Sarà cruciale , dopo l’annuncio dei risultati nella giornata di domenica 2 giugno, capire quali forze politiche saranno disposte a scendere a patti con Ramaphosa per formare una coalizione di governo.
Secondi e terzi secondo i sondaggi sono la Democratic Alliance e il partito MK. Il primo, che ha come suo principale rappresentante il 48enne John Steenhuisen, ha puntato tutta la sua campagna elettorale sul concetto di «trarre in salvo» il Paese. È il principale partito di opposizione ed è formato da un’alleanza di 11 forze politiche. La DA ha la maggioranza nella provincia di Western Cape, dove si trova la capitale Città del Capo. Il secondo (uMkhonto weSizwe, letteralmente ‘Lancia della nazione’) candida l’ex presidente Zuma. Nato come costola paramilitare dell’ANC nel 2023, dovrebbe mangiare qualche seggio al suo partito madre. Nonostante la Corte Suprema del Sudafrica abbia stabilito che Zuma non è idoneo a servire in Parlamento a causa di una precedente condanna penale.
Da ultimo l’EFF di Julius Malema, 43enne ex alleato di Zuma. Espulso dall’ANC nel 2012 dopo duri contrasti con la leadership del tempo, ha fondato il partito l’anno seguente.