Russia, scoppia il caso Ariston: ecco perché Putin saccheggia le imprese private italiane

La guerra in Ucraina persiste ormai da più di due anni. E, nel corso del tempo, ha permesso a Vladimir Putin di acquisire sempre più potere. L’ex spia dei servizi segreti sovietici è diventata così il nuovo Zar di tutte le Russie. Anche grazie al grande saccheggio di risorse di imprese private estere, come l’italiana Ariston.

Scopriamo insieme di che cosa si tratta.

Corsa al saccheggio

A soli due anni dal conflitto in Ucraina, quel che ancora restava del diritto di proprietà in Russia è andato in frantumi. Qualunque impresa, di ogni tipo di azionista russo o estero, sarà nazionalizzata con un tratto di penna o con una semplice sentenza di un tribunale.

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Vladimir Putin (a sx) mentre stringe la mano dell’oligarca russo Roman abramovich (a dx)

A quel punto sarà solo questione di tempo. In fretta e furia, qualche vecchio o nuovo oligarca utile al Cremlino ne prenderà possesso a un prezzo simbolico. Come accadde all’indomani della caduta dell’Unione Sovietica, quando un gruppo ristretto di solidali di Putin si intascò con pochi spiccioli le principali risorse del paese.

Il caso Ariston

Mercoledì 24 aprile il Cremlino ha deciso di trasferire la quota del 100% di capitale sociale della Ariston Thermo Rus LLC alla gestione temporanea di JSC Gazprom Household Systemssussidiaria di Gazprom. La multinazionale russa, controllata dal Governo, attiva nel settore energetico-minerario e in special modo nell’estrazione e vendita di gas naturale.

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L’ambasciatore russo a Roma Alexey Paramonov

L’ambasciatore russo a Roma, Alexey Paramonov, convocato subito alla Farnesina sul caso Ariston, ha spiegato che la decisione è una «risposta legale e adeguata ad azioni ostili intraprese dagli Stati Uniti e dagli altri Stati esteri che si sono uniti a loro».  

La risposta della Farnesina

Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha chiesto all’Unione europea di studiare un provvedimento per tutelare le imprese italiane ed europee interessate da analoghi atti di ritorsione da parte di Mosca. 

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Il ministro degli Esteri Antonio Tajani

La Farnesina, inoltre, ha convocato per oggi, giovedì 2 maggio, un «tavolo Russia» con Confindustria. L’obiettivo è proseguire il monitoraggio delle ultime decisioni assunte dal governo della Federazione russa sulle attività di aziende italiane a Mosca.

Fuggi fuggi

Dopo il caso Ariston, tra gli imprenditori italiani che operano in Russia c’è molta preoccupazione. Dall’inizio del conflitto in Ucraina, sono circa una decina le imprese italiane che hanno lasciato Mosca. Tra queste, ci sono Generali, Autogrill, Enel, Eni, Iveco.

Alcune gruppi italiani stanno prendendo tempo per valutare la situazione, come Barilla, Armani e Intesa Sanpaolo. Altre ancora hanno ridotto l’attività, come Ferrero, Luxottica e Pirelli. O, in certi casi, sospeso gli investimenti.

In attesa

Ma, contrariamente a cosa ci si potesse aspettare, l’esodo dei grandi gruppi non c’è stato. Anzi, secondo il datebase dell’Università di Yale, alcune aziende, tra cui proprio Ariston Thermo, avevano continuato l’attività.

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Il gigantesco impianto di Ariston Thermo Group a San Pietroburgo, in Russia

L’atteggiamento delle circa 350 aziende italiane in Russia (erano 450 circa prima del conflitto), quindi, è stato piuttosto cauto in attesa di nuovi sviluppi. Soprattutto per fare chiarezza sulle sanzioni, in particolare sull’interpretazione delle norme. Una chiarezza che spesso è mancata in passato.

 

 

 

Andrea Carrabino

Braidese per nascita, milanese per scelta. Laureato prima in Scienze Politiche e poi in Scienze del Governo. Amo la politica, ma non la vivrei. Juventino sfegatato e amante delle serie tv e del cinema. Toglietemi tutto, ma non The Office

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