Morte Navalny, restituita la salma dopo 9 giorni

Ci sono voluti 9 giorni al governo russo per restituire la salma del principale oppositore di Vladimir Putin, Aleksej Navalny. Dopo giorni di tira e molla le richieste dei familiari del defunto l’hanno avuta vinta. Non c’è chiarezza riguardo le cause che hanno portato alla morte di Navalny. Non ci sono informazioni neanche per i funerali. Putin è preoccupato per la possibilità di un funerale di stato, che potrebbe creare ulteriori disordini. La morte dell’oppositore è l’ennesimo smacco per il Cremlino a livello internazionale.

Le richieste della madre e della moglie

«Il tempo lavora contro di lei, signora, i cadaveri si decompongono in fretta». Sono queste le parole che Ludmila Navalnaya si è sentita dire prima di avere la salma del figlio. Ma queste sono solo alcune delle frasi. Tra depistaggi, ricatti, minacce, la madre di Navalny ha combattuto fino all’ultimo. Subito dopo la morte, il 16 febbraio, si è recata in Siberia nella colonia penale IK3, dove era deceduto il figlio. Le pressioni esercitate sulla donna sono state fortissime. Prima le è stato impedito di vedere la salma. Poi sono iniziate le minacce, come la frase riportata in apertura. La parola d’ordine era solo una per i funzionari del Cremlino: niente funerali pubblici per Navalny. Ma Ludmila Navalnaya conosce bene i meccanismi della resistenza contro il governo. Ha riportato tutto con dei video su internet, diventati immediatamente virali.

Ludmila Navalnaya, la madre di Navalny

La stessa compostezza, la stessa tenacia, sono caratteristiche anche della moglie del defunto, Yulia Navalnaya. La donna sta continuando la sua battaglia dall’estero. «Nessun vero cristiano potrebbe fare quello che ora Putin sta facendo ai resti di Aleksej. Cosa farete col suo corpo? Quanto in basso scenderete per vilipendere l’uomo che avete ucciso?». Sono queste le parole di Yulia. Parole che hanno fatto il giro del mondo in un tempo brevissimo e hanno un peso enorme sulla credibilità, già labile, del Cremlino.

L’intervista a Vladimir Osechkin

Non si è esposta solo la famiglia di Navalny. Il Corriere ha riportato anche un’intervista a Vladimir Osechkin, il fondatore di Gulagu.net. Si tratta di una ONG che denuncia gli abusi subiti dagli oppositori di Putin. L’uomo aveva già parlato al Times. In quell’occasione aveva espresso la possibilità che Navalny fosse morto a causa di un pugno fortissimo al cuore, mossa tipica dell’ex KGB. Secondo le sue fonti Navalny sarebbe stato immobilizzato prima del decesso. Osechkin è determinato. Oggi la sua organizzazione farà uscire un report con i nomi del personale penitenziario della colonia penale IK3, dove è deceduto Navalny. L’uomo consiglia alla famiglia di eseguire esami specifici sul corpo. «Prima di tutto spero che la famiglia di Navalny non seppellisca il corpo e possano portarlo in Europa per esami indipendenti».

Vladimir Osechkin, fondatore della ONG Gulagu.net

Non è facile. Spostare la salma all’estero metterebbe a rischio tutta la famiglia. Ma sembra essere anche l’unico modo per avere maggiori certezze sulla causa del decesso. Più che di avvelenamento parla di torture. Stupri, violenze, esposizione al gelo. Sono queste le possibilità sollevate dall’attivista che, a sua volta, è ricercato dal Cremlino.

Perché Putin teme i funerali?

La risposta è più semplice di quanto si creda. Putin teme la folla. È dal 16 febbraio, giorno del decesso dell’oppositore, che sono iniziati i disordini in Russia. Manifestazioni placate violentemente. Segni di dissenso che si districavano lasciando fiori e biglietti in segno di protesta. Ma cosa potrebbe accadere con una folla al funerale di Navalny? La famiglia vorrebbe che i funerali si tenessero al centro di Sakharov. È lo stesso luogo che nel 2015 aveva ospitato il funerale di Boris Nemtsov, ex vicepremier liberale amico di Navalny. Il centro di Sakharov avrebbe un significato enorme per i funerali di Navalny. Ed è proprio per questo che il Cremlino non può permetterselo. Ciò che Putin deve tenere sotto controllo è l’impatto mediatico del funerale. La presenza di migliaia di persone, in un luogo dal significato simbolico così profondo, potrebbe essere uno smacco senza ritorno per lo Zar.

Premier Vladimir Putin

Altro aspetto da non sottovalutare sono le elezioni. Le elezioni Russe si sono presentate fin dal principio come qualcosa di già stabilito. È stato lo stesso Putin ad ammettere che non erano previsti colpi di scena, ma che ci si aspettava elezioni ordinate. Tanto la scelta non sarebbe comunque stata molta. Il caso Navalny lancia però uno spettro sullo Zar. Nulla è più certo. In questa dinamica i disordini al funerale potrebbero essere letali per le certezze dell’attuale governo Putin.

Francesca Neri

Laurea triennale in Storia Contemporanea all'Università di Bologna. Laurea Magistrale in Scienze Storiche e Orientalistiche all'Università di Bologna, con Master di I Livello in African Studies all'Università Dalarna.

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