Moody’s, Cina outlook negativo: aumentano rischi economici

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Mercoledì 5 dicembre, Moody’s ha tagliato il suo outlook sulla Cina da stabile a negativo. Il rating, al contrario, rimane fisso sulla valutazione A1. Una decisione, come si legge in una nota dell’agenzia di valutazione, che ha due principali sorgenti: l’aumento dei rischi economici a medio termine e la crisi del settore immobiliare. L’ultimo declassamento, da Aa3 a A1, era datato 2017.

Le difficoltà del Dragone

«Il cambio delle prospettive riflette anche l’aumento dei rischi legati a una crescita strutturale inferiore e al ridimensionamento in corso del real estate», si legge nella nota ufficiale di Moody’s. Una prima avvisaglia dura verso il governo di Pechino: una prossima bocciatura non è fantasticheria.

Alcuni edifici residenziali in costruzione nella città cinese di Foshan

Le problematicità del settore immobiliare cinese sono note, anche se non abbastanza. La bolla speculativa che ha portato alla crisi del 2008 si sta riproponendo con dimensioni forse ancora più devastanti nel paese del Dragone. Su cui pesa il crack di Evergrande, colosso del settore. Anche per questo, la ripresa economica dopo la paralisi della pandemia è stata molto più difficile del previsto.

È probabile che gli sviluppatori immobiliari statali intraprendano una campagna di consolidamento del settore e dei suoi bilanci nel 2024. Ingrediente fondamentale di ciò è il calo delle vendite di immobili, che sono stimate in diminuzione dal 5% al 3% nei prossimi 12 mesi. Con un focus particolare sulle città di primo e secondo livello. Affiancato – anche se più complesso – da scelte politiche tramite cui costruire ‘reti di salvataggio’ per altri potenziali crack.

Un debito pubblico ingestibile

Lo scenario di sviluppo che – lo ha sottolineato la stessa agenzia di rating americana – non è soddisfacente nel medio periodo. La crescita del Pil nei prossimi due anni è in frenata al 4%, e al 3,8% nel quinquennio 2026-2030. Quest’anno, secondo molti analisti, l’economia cinese sarebbe sulla buona strada per centrare l’obiettivo annuale di crescita «di circa il 5%» del prodotto interno lordo. Esattamente come annunciato dal governo centrale. Lo stesso Fondo monetario internazionale, a inizio novembre, aveva rivisto al rialzo (da 5% al 5,4%) le stime del Pil 2023 della Cina.

Un cordone di polizia protegge l’ingresso del quartier generale di Evergrande a Shenzhen

Una positività non condivisa da Moody’s, secondo cui il debito pubblico – che ammonta a 12.600 miliardi di dollari, il 76% del Pil – è un peso eccessivo per permettere una crescita economica persistente. Situazione alimentata da anni di investimenti a vuoto su infrastrutture fantasma. Le entrate per i governi locali, che dipendevano fortemente dalla vendita di terreni, sono crollate a causa della crisi del settore immobiliare e molti stanno ancora affrontando le conseguenze della spesa extra durante la pandemia.

A ottobre il governo ha deciso di emettere 140 miliardi di dollari in titoli di Stato entro dicembre 2023 per rilanciare le attività economiche. L’agenzia di rating ha sottolineato nella nota che Pechino dovrà utilizzare altri stimoli fiscali, che però andranno a influenzare ulteriormente in negativo il debito. E così rimane alto il rischio di ulteriori shock finanziari.

Le reazioni dalla Cina

La risposta da Pechino non si è fatta attendere. Il ministro delle Finanze Lan Fo’an ha espresso «grande delusione» per la decisione di Moody’s. «L’economia cinese ha grande resilienza e potenziale di sviluppo», ha precisato Fo’an. «I fondamenti per un miglioramento a lungo termine non sono cambiati».

Il ministro delle Finanze cinese Lan Fo’an

Il governo centrale ha anche sminuito l’impatto della crisi dell’immobiliare. Il calo del settore sarebbe «controllabile e strutturale», per questo il Paese «manterrà un buon ritmo di ripresa nel quarto trimestre». Poi la chiusa, politicamente sicura: «La Cina rimarrà un importante motore per la crescita costante dell’economia mondiale». Ma il giudizio di Moody’s è una minaccia alquanto concreta sul futuro di Pechino.

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