Mediterraneo, il calo degli sbarchi non è per forza un buon segno

Nella notte fra sabato e domenica circa 800 persone provenienti dalla Tunisia e dalla Libia sono sbarcate a Lampedusa. Alcune grazie al soccorso delle navi di ong, altre autonomamente. In un’estate segnata da due conflitti e dalle rocambolesche vicende americane, le migrazioni verso il nostro Paese non occupano più le prime pagine dei giornali. E questo anche in ragione delle dimensioni, decisamente inferiori rispetto agli anni scorsi, del fenomeno.

L’illusione dei numeri

La quota dei nuovi arrivati del weekend ha fatto salire a 38.926 – stando ai dati aggiornati al 25 agosto dell’agenzia dei rifugiati Unhcr – il numero delle persone che da gennaio hanno raggiunto le nostre coste attraverso il Mediterraneo. Si tratta di una cifra inferiore di quasi due terzi rispetto a quella registrata in questo periodo lo scorso anno: 108.737. Nettamente più bassa rispetto a quella del 2023, inoltre, è la conta di morti e dispersi in mare: 875 le vittime da gennaio al 27 agosto, 2.593 quelle dei primi otto mesi dello scorso anno.

Lo scarto tra i due anni è netto, la conclusione a cui si può giungere apparentemente facile: la strategia di esternalizzazione dei confini, messa in atto dall’Italia e da altri paesi europei l’estate scorsa, ha funzionato. Eppure, c’è una falla in questo sillogismo. Gli accordi stretti con il governo di Tunisi e i finanziamenti elargiti alla guardia costiera libica hanno sì contratto le partenze dai porti nordafricani, ma non hanno estinto la necessità di molte persone di lasciare il proprio paese d’origine. Anzi, l’hanno complicata.

Vedendosi negato l’accesso al mare dalle forze di sicurezza in Libia e Tunisia, molte persone percorrono altre rotte nel tentativo di raggiungere il Mediterraneo dall’Est e dall’Ovest dell’Africa Sub-Sahariana. Come documentato da un Lighthouse Report, questi viaggi sono segnati da violenze e abusi da parte di autorità locali ai danni dei peregrinanti. Sono frequenti i casi di rastrellamento per motivi etnici e scaricamento di persone in mezzo al deserto.

Forte calo degli sbarchi

Chi riesce, però, paga una certa somma a bande di trafficanti e si imbarca sapendo di rischiare parecchio. La primavera e l’estate sono i periodi dell’anno in cui si registrano il maggior numero di partenze via mare. Come ritenuto da diversi esperti in tema di migrazioni, infatti, in queste stagioni le condizioni del mare e il meteo agevolano la traversata del Mediterraneo alla volta dell’Europa meridionale e aumentano le probabilità di riuscita del viaggio.

Se nei primi due mesi dell’anno, infatti, il Ministero dell’Interno ha registrato 4.559 arrivi, a marzo sono stati conteggiati 6.857 migranti, mentre tra aprile e giugno 14.599: per un totale di 26.015 persone sbarcate in Italia nel primo semestre di quest’anno. Di queste, il 75% sono uomini, il 19% bambini – il 73% dei quali non accompagnati – e il 6% donne.

Come già dichiarato dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi lo scorso 23 giugno, nei primi sei mesi di quest’anno si è verificata «una flessione del 60% degli sbarchi rispetto allo stesso periodo del 2023». Che erano stati 65.519, più del doppio rispetto a quelli del 2022 (27.633) e del 2021 (20.532).

Luoghi di partenza e provenienza

Nel primo semestre di quest’anno il paese che ha registrato il maggior numero di partenze verso l’Italia meridionale è la Libia (56%), seguito dalla Tunisia (39%), ribaltando l’ordine dell’anno scorso, quando oltre la metà delle imbarcazioni si immetteva in mare da un porto tunisino. Solo 908 le persone giunte in Italia dalla Turchia, e ancora meno (292) dalla Siria, ricalcando di fatto la tendenza del primo semestre del 2023.

La maggior parte di coloro che tra gennaio e giugno di quest’anno hanno deciso di attraversare il Mediterraneo salpando dalla costa libica sono bengalesi, siriani ed egiziani. Dalla Tunisia, invece, sono partiti – oltre agli autoctoni – principalmente guineani e maliani, mentre dalla Turchia hanno preso il largo alla volta dell’Italia per lo più iraniani, afghani e pakistani.

Alessandro Dowlatshahi

Classe 1998, ho conseguito la Laurea Magistrale in Lettere Moderne presso l’Università degli Studi di Milano, chiudendo il mio percorso accademico con un lavoro di ricerca tesi a Santiago del Cile. Le mie radici si dividono tra l’Iran e l’Italia; il tronco si sta elevando nella periferia meneghina; seguo con una penna in mano il diramarsi delle fronde, alla ricerca di tracce umane in giro per il mondo.

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