L’ultimatum di Joe Biden è stato chiaro. In un colloquio telefonico con Benjamin Netanyahu, il leader americano ha detto senza fronzoli che il supporto USA a Israele dipenderà dal miglioramento della condizione umanitaria a Gaza.
A Gerusalemme hanno recepito. La mattina del 5 aprile, il Gabinetto di guerra israeliano ha annunciato la riapertura del valico di Erez, il checkpoint che collega il nord della Striscia di Gaza allo Stato Ebraico che era stato chiuso in seguito all’attacco del 7 ottobre. Inoltre, Tel Aviv permetterà un aumento dei flussi di aiuti giordani dal valico di Kerem Shalom e l’utilizzo del porto israeliano di Ashdod come infrastruttura chiave per ricevere materiali e provviste.
Sullo sfondo resta, intanto, l’ambasciata iraniana rasa al suolo a Damasco e la minaccia di un coinvolgimento diretto di Teheran nel conflitto.
Lo scontro tra Biden e Netanyahu
Lo scontro è stato il più duro dall’inizio della guerra ed è indice delle crescenti frustrazioni e frizioni tra Netanyahu e Biden. Il casus belli è stato il raid israeliano al convoglio di World Central Kitchen, in cui hanno perso la vita 7 operatori dell’Ong. L’incidente, su cui sono in corso le indagini israeliane, ha provocato l’ira di Biden e di tutta la comunità internazionale.
Il presidente degli USA è intervenuto direttamente chiamando al telefono Bibi Netanyahu nel pomeriggio del 4 aprile. Il colloquio è durato circa 30 minuti ed è stato descritto come teso e intenso dall’entourage della Casa Bianca. Biden ha sottolineato l’inaccettabilità dell’attacco all’Ong e della situazione umanitaria nella Striscia. La condizione posta per il sostegno a Israele è stata l’implementazione di misure volte a tutelare e proteggere i civili.
La risposta di Gerusalemme è arrivata nel mezzo della notte. In un comunicato, il Gabinetto di guerra ha esplicitato l’intenzione di aumentare gli ingressi di aiuti a Gaza, includendo nel processo il porto di Ashdod (16miglia da Gaza) e il check point di Erez, tenuto chiuso fin dallo scoppio della guerra. I ministri non hanno però indicato una data precisa. Il teso parla infatti di «consegna temporanea» di aiuti.
Senza dubbio, si tratta di un importante passo in avanti. Il nord di Gaza è la zona che ha più bisogno di aiuti, in cui la disperazione spinge i gazawi ad attaccare i pochi convogli di aiuti che riescono a entrare. La maggioranza degli aiuti entrati a Gaza dall’inizio della guerra si è infatti sviluppata lungo il confine sud, attraverso i valichi di Kerem Shalom e Rafah. Riuscire ad arrivare alle zone settentrionali era impossibile senza un passaggio diverso.
La minaccia iraniana
Completamente diverso il discorso che riguarda l’Iran. Joe Biden ha ribadito chiaramente come il supporto degli Stati Uniti di fronte alle minacce di Teheran non sia minimamente in discussione.
Il raid israeliano sull’ambasciata iraniana a Damasco del 1 aprile, in cui hanno perso la vita 13 persone tra cui il generale dei Pasdaran Mohammad Reza Zahedi, ha alzato il livello di allerta in Israele e in tutta la regione.
La Guida Suprema dell’Iran Ali Khamenei ha lanciato parole incendiarie contro lo Stato Ebraico. Il leader ha pubblicato su X un post inquietante, utilizzando per la prima volta la lingua ebraica: «Con l’aiuto di Allah faremo pentire i sionisti del loro crimine contro il consolato iraniano a Damasco». Il messaggio è stato ribadito anche in un altro discorso, in cui l’Ayatollah ha promesso che Israele riceverà «un sonoro schiaffo in faccia».
בעזרת השם נגרום לציונים להתחרט על פשע התוקפנות שלהם נגד הקונסוליה האיראנית בדמשק
— Khamenei.ir (@khamenei_ir) April 3, 2024
Le minacce non sono passate inosservate. Daniel Hagari, portavoce delle Idf ha comunicato uno stato di massima allerta: «Osserviamo le minacce e le sventiamo continuamente su più fronti, e siamo a un alto livello di preparazione sia in difesa sia in attacco. Prendiamo sul serio qualsiasi dichiarazione e tutti i nemici. Abbiamo aerei preparati per la difesa e pronti per l’attacco».
La Difesa israeliana ha sospeso i congedi, avviato il reclutamento dei riservisti per rinforzare la difesa aerea e l’ospedale Shaare Zedek di Gerusalemme ha simulato un’esercitazione di soccorso di un massiccio afflusso di feriti. Il 4 aprile sono entrati in funzione i jammer, le difese intelligenti che disturbano le comunicazioni dei geolocalizzatori per prevenire attacchi missilistici. L’accensione ha però scatenato il panico in tutto Israele, mandando in tilt tutti i sistemi elettronici. Dai telefoni alla rete di trasporti.