«Una democrazia brutale», così Aleksandr Lukashenko definisce la Bielorussia nel giorno delle elezioni presidenziali. Con quella di domenica 26 gennaio, sono sette le incoronazioni dal 1994 per quello che in molti osservatori hanno definito «l’ultimo dittatore d’Europa».
«Ballerini di supporto»
Secondo i primi exit poll, con l’87 per cento dei voti e un’affluenza superiore all’80 per cento l’autocrate di Minsk si è confermato alla guida del Paese. La vittoria di Lukashenko alle presidenziali in Bielorussia, però, era poco più di una formalità.
Gli altri quattro candidati nella corsa alla presidenza non hanno infatti rappresentato una vera alternativa a quella dell’ex capo di stato, tanto da ricevere dai partiti d’opposizione l’appellativo dispregiativo di «ballerini di supporto». Tra questi ci sono i leader dei principali partiti in Parlamento, tutti sostenitori di Lukashenko: il Partito Liberal-democratico, il Partito Comunista e il Partito Repubblicano.
Senza rischi, questa volta
Scegliendo i suoi sfidanti, Lukashenko ha evitato di correre rischi. Nel 2020 non era stato così: aveva permesso che si candidasse Svetlana Tikhanovskaya, moglie dell’oppositore incarcerato Sergej Tikhanovsky.
Tikhanovskaya aveva condotto una campagna elettorale insieme alle mogli degli altri due oppositori eliminati dalle liste, il banchiere Viktor Babariko e dell’ex diplomatico esiliato Valerij Tsepkalo. A quelle elezioni il conteggio ufficiale diede la vittoria a Lukashenko con oltre l’80 per cento. Ma vari osservatori indipendenti reclamarono come vincitrice Tikhanovskaya e dissero che alle elezioni c’erano stati gravi brogli.
Le proteste di frode elettorale si tramutarono presto in una rivolta popolare contro il regime. Lukashenko mobilitò l’esercito e represse nel sangue il dissenso: decine di migliaia di persone sono state incarcerate e spesso torturate; i detenuti politici sono almeno 1.300, tra cui Ales Bialiatski, premio Nobel per la Pace.
Amico di Putin
Isolato e sanzionato dall’Occidente, il regime di Lukashenko dipende totalmente da quello di Mosca. All’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, Minsk ha fatto da sponda per la prima aggressione di Putin e nell’ultimo periodo ha accolto le armi nucleari russe sul suo territorio.
Non solo: il sodalizio tra Russia e Bielorussia rappresenta un pericolo per l’Europa anche per la questione migratoria. Negli scorsi mesi, la Bielorussia ha incoraggiato flussi di migranti irregolari verso la Polonia al fine di destabilizzare la sicurezza interna dei ventisette.
Nel 2024 le autorità polacche hanno intercettato 29.707 tentativi di ingresso nel Paese dalla Bielorussia, una cifra in aumento rispetto ai 26 mila dell’anno precedente e ai 15.597 del 2022, ma di meno rispetto al 37.833 del 2021, anno in cui Lukashenko ha avviato questa politica.