Basket, 76 miliardi per i diritti tv NBA. E i giocatori diventano più ricchi

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Dopo dieci anni di calma piatta, la NBA (National Basketball Association, massima lega di basket americana) è tornata sul tavolo delle trattative per i diritti tv. Un dialogo lungo quasi undici mesi, non privo di colpi di scena, che sembra ormai avviato verso una conclusione. La NBA intascherà 76 miliardi di dollari nei prossimi undici anni.

Le tre che sorridono

ESPN, NBC e Amazon: queste le tre emittenti che si spartiranno la costosissima torta a partire dalla stagione 2024-25. Non proprio ‘alla romana’, secondo quanto rivelato dal Wall Street Journal. La prima, di proprietà della Disney, è stata costretta ad alzare le cifre dell’accordo attuale da 1,5 a 2,6 miliardi annuali. Un aumento di prezzo dovuto all’elevata competizione e all’acquisto di tutte le partite delle Finals. Ma anche dei diritti per trasmettere le partite sul nuovo servizio streaming che ESPN inaugurerà il prossimo anno.

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A sinistra Nikola Jokic, a destra Jamal Murray. I due giocatori hanno trionfato nel 2023 con i Denver Nuggets vincendo le Finals e diventando campioni NBA

Situazioni opposte invece per i due nuovi ingressi. NBC è entrata con aggressività nella corsa alla NBA e si impegnerà a sborsare circa 2,5 miliardi di dollari a stagione. Un esborso non indifferente per garantirsi un pacchetto di 100 partite annuali e la possibilità di trametterne la metà in esclusiva sul servizio streaming Peacock. Amazon, invece, pagherà ‘solo’ 1,8 miliardi. Ma acquisendo anche i diritti per i Playoff, il nuovo In-Season Tournament (un torneino tra le squadre durante la stagione), e il Play-In (in cui le squadre si contendono gli ultimi posti per la postseason).

Per un totale di circa 7 miliardi di dollari all’anno, quasi tre volte tanto rispetto all’accordo che era stato siglato una decina di anni fa. Ma in linea con il progressivo rincaro dello sport. Che sembra – per dirla con le parole di un ex dirigente di Fox Sports – «l’unico terreno solido nel mondo paludoso dell’intrattenimento».

C’è anche chi piange

Effettivamente trasmettere competizioni sportive sembra essere una delle principali strategie di molte emittenti. Il motivo è semplice: garantisce sempre una base, o meglio uno zoccolo duro di iscritti. Che si tratti di televisione o app di streaming. Ed è per questo che questo nuovo accordo potrebbe essere un durissimo colpo per TNT.

La rete di proprietà di Warner Bros presentava proprio la NBA come sua punta di diamante del palinsesto live. Era così addirittura dal 1988. Di punto in bianco, invece, ora è stata esautorata da NBC e Amazon. Non per strani giochi di potere, ma semplicemente per assenza di fondi e per il peso di un debito che arriva ai 40 miliardi di dollari. Warner era arrivata a offrire 2,2 miliardi annualmente salvo poi ritirare la proposta dopo ulteriori valutazioni.

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Il tavolo di Inside the NBA con (in ordine da sx) Shaquille O’Neal, Earnie Johnson, Kenny Smith e Charles Barkley. Il programma di punta di TNT sarà uno di quelli che pagheranno pegno per le scelte di Warner

Per alcuni una scelta folle, per altri oculata. Certo, per chi segue da anni la NBA un bel cambio di passo. A TNT rimangono i diritti di Nascar, NHL (hockey su ghiaccio), MLB (baseball) e March Madness (il torneo finale del basket universitario). E si mormora che un investimento in ambito sportivo potrebbe portare sotto l’ombrello Warner anche CBS, attualmente di Paramount. Questo garantirebbe un ingresso di TNT anche nel mondo del football americano, che tra gli sport americani è quello che garantisce più introiti.

E i giocatori sorridono

Il nuovo accordo non è però solo un vantaggio per la lega americana, ma anche per i suoi giocatori, L’attuale CBA (Collective Bargaining Agreement, una sorta di contratto collettivo dei giocatori) stabilisce chiaramente la ripartizione degli introiti televisivi. Semplificando, circa il 50% è da suddividersi tra i giocatori. Si tratta del concetto di BRI, vale a dire Basketball-related income. Quanto più guadagna la NBA e le squadre (da biglietti, merchandising e molto altro), quanto più si ingrassano i portafogli dei giocatori.

Più soldi dalle tv, più soldi a chi calca i parquet dei palazzetti. Non solo. La lega americana funziona a salary cap: ogni squadra ha un limite massimo di dollari che può distribuire per stipendiare i suoi giocatori. Questo tetto salariale si muove seguendo il totale dei guadagni: se la NBA si arricchisce, il cap aumenta e le squadre possono offrire contratti migliori. Ci sono poi i contratti denominati Super Max, cioè quando una franchigia offre a una stella di pagarla fino al 35% dello stesso salary cap.

Facile capire che, al salire del tetto, saliranno gli stipendi. E se oggi un Super Max come quello di Jaylen Brown vale 304 milioni in 5 anni, si stima che nel 2028 un quinquennale raggiungerà il valore di 419 milioni. E nel 2032 potrebbe superare i 100 milioni all’anno. I latini direbbero bene vos bene nos.

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