Elon Musk non si arrende. Dopo la rottura dei rapporti col presidente americano Donald Trump e il suo apparente dietro front politico, il proprietario di Tesla torna in campo tentando l’impresa già provata da molti: fondare un partito e sovvertire lo storico modello bipartitico americano. “America Party” potrebbe essere il nuovo sogno a stelle e strisce, oppure l’ennesimo flop che non ha la forza di restare nei libri di storia.
IL SONDAGGIO DEL 4 LUGLIO
Il 4 luglio, l’Independence Day, Elon Musk ha festeggiato a modo suo. Sul suo social X ha lanciato un sondaggio: “Dovremmo creare l’America Party?” e gli utenti hanno votato. Dopo poche ore era evidente la vittoria del sì e Musk non ha perso tempo. Il miliardario ha registrato il suo nuovo partito alla Commissione elettorale federale e l’America Party è ufficialmente nato.
Su X è apparso il suo profilo ufficiale, con tanto di logo col disegno di un’aquila, simbolo nazionale degli Stati Uniti. Il motto è “Il partito che davvero rappresenta l’America” e l’indirizzo è quello degli uffici di Space X al civico 1 di Rocket Rd, in California, anche se l’obiettivo chiave di Musk più che Marte, adesso sembra essere la Casa Bianca.

Va chiarito un aspetto cruciale: il proprietario di Space X ha origini sudafricane e a norma di Costituzione non può candidarsi alle presidenziali, ma potrebbe comunque fare la differenza con un campione scelto ad hoc. Magari proprio su X, tenendo conto che il suo profilo è seguito da 220 milioni di follower. L’uomo più ricco del mondo, con un patrimonio di 405 miliardi, vuole iniziare l’operazione «laser» per colpire il partito repubblicano e «restituire libertà all’America». I suoi effetti potrebbero essere visibili già nelle elezioni di midterm di novembre 2026.
LA REAZIONE DEI VERTICI USA

La risposta di Trump non ha tardato ad arrivare: «Lanciare un terzo partito è ridicolo, non ha mai funzionato, crea solo confusione: siamo sempre stati un sistema a due partiti». Parere simile quello del segretario al Tesoro americano Scott Bessent che ha detto alla Cnn: «I consigli di amministrazione delle sue società vogliono che torni a guidarle. Probabilmente non sono contenti dell’annuncio», consigliando di fatto a Musk di riprendere il suo ruolo imprenditoriale e abbandonare una volta per tutte le politica.
Ruolo che, come dimostrano i risultati del suo operato al Doge, non gli si addice particolarmente. La storica e giornalista Jill Lepore attacca usando un parallelismo tecnologico in pieno stile Musk: «In America il software può cambiare, ma l’Hardware (ovvero la Costituzione) è progettata per resistere ai reboot».
TENTATIVI STORICI
Elon Musk non è il primo e non sarà l’ultimo. Il sogno di dar vita ad un terzo partito che possa sostituire quello repubblicano o democratico, mettendo così in crisi lo storico bipartitismo USA, lo hanno avuto in molti nella storia. A partire da Theodore Roosvelt che nel 1912 fondò il partito progressista “Bull Moose” dopo essersi separato dai repubblicani, ma già nel 1920 la sua spinta si esaurì. Benché non fosse riuscito a vincere, aveva sottratto abbastanza voti ai repubblicani tanto da consegnare la Casa Bianca ai democratici. Questo è il massimo a cui i partiti terzi possono ambire: penalizzare i dem o i rep.
Gli episodi continuano con George Wallace che nel 1968 con il Partito Indipendente Americano vinse in 5 stati del Sud, favorendo la vittoria di Nixon. Poi l’imprenditore Ross Perot, il miliardario che nel 1992 prese 19,7 milioni di voti, e fu decisivo per la vittoria di Bill Clinton, e poi Ralph Nader, del Partito dei Verdi, costò la vittoria al democratico Al Gore contro Bush figlio.

Al momento, le principali alternative presenti sul territorio statunitense sono il Libertarian Party, che alle elezioni 2024 ha ottenuto solo il 0.4% dei voti, il Green Party, aveva raggiunto lo 0,52% e il Costitution Party appena lo 0,035%.
Elon Musk si inserisce in questo panorama e sebbene sia difficile prevedere già adesso come andrà, sicuramente le sue azioni attireranno l’attenzione. Starà a lui cogliere i problemi che gli americani percepiscono e le mancanze che il tycoon non sta colmando, e farne un punto saldo della sua campagna elettorale. Non resta che chiedersi se l’ingegno e la narrativa giusta possano sovvertire una volta per tutte il bipartitismo americano e ostacolare Donald Trump.