Dopo 469 giorni, la conferma è arrivata nella notte. Quando Israele e Hamas – insieme ai mediatori di Usa e Qatar – hanno ufficialmente firmato a Doha l’accordo per il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza e il rilascio delle persone in ostaggio. È cominciata dopo le 11 ora locale (ossia le 10 in Italia), la riunione del gabinetto israeliano «per l’approvazione dell’accordo». Lo riferiscono i media israeliani.
Da parte degli Stati Uniti, la sigla all’accordo è stata messa da Brett McGurk, principale consigliere del presidente uscente Joe Biden per il Medio Oriente. Ma al raggiungimento della firma avrebbe partecipato anche l’inviato del prossimo leader americano Donald Trump, Steve Witkoff.
I dettagli del piano
Fonti qualificate riferiscono che l’attuazione dell’accordo inizierà come previsto domenica, senza subire ritardi. Il primo rilascio, come dichiarano i media dello stato ebraico, riguarderà 3 donne civili e avverrà domenica alle 16, ora locale. Stesso giorno in cui è prevista l’entrata in vigore della tregua, alle 12.15. Ma quali saranno i passi successivi? È stata resa nota anche la lista dei 33 prigionieri israeliani che saranno rilasciati da Hamas durante la prima fase dell’accordo. L’elenco diffuso non è in ordine di rilascio e non indica le condizioni degli ostaggi.
Lo stop alla violenza sarà mantenuto per 42 giorni, un congelamento durante il quale le Israel Defense Forces si ritireranno in modo graduale dalla Striscia. All’indietreggiare delle forze israeliane, a farsi avanti saranno i numerosissimi camion di aiuti umanitari provenienti da molteplici regioni del mondo.
Nelle ultimissime ore, è partita infatti dal porto di Monfalcone a Gorizia una nave italiana diretta a Cipro, con a bordo oltre 50 tonnellate di beni di prima necessità raccolti dalla Confederazione Nazionale delle Misericordie d’Italia per Gaza.
Definita anche l’attuazione dello scambio prigionieri tra Israele e Hamas. Per ogni prigioniero israeliano detenuto da Hamas, verranno liberati secondo il piano tra i 30 e 50 detenuti palestinesi, attualmente nelle carceri dello Stato Ebraico.
Le reazioni internazionali
Tra le prime voci che si sono espresse sull’accordo, le dichiarazioni di Donald Trump – che è ormai vicinissimo al giuramento a Capitol Hill – hanno immediatamente catalizzato l’attenzione dei media di tutto il mondo. «Se non fossimo stati coinvolti, l’accordo non si sarebbe mai concretizzato» ha detto il tycoon, senza risparmiarsi un’ulteriore staffilata al democratico Biden: «Non ha fatto niente!».
Per l’Italia ha parlato il ministro degli Esteri Antonio Tajani, che ha specificamente fatto riferimento ai mandati di arresto emessi dalla Corte Penale Internazionale (CPI) nei confronti di Benjamin Netanyahu lo scorso novembre. «In questo momento la richiesta di arresto di Netanyahu è irrealizzabile. Chi lo arresta? È una sorta di farsa». E ha concluso sulla tregua: «Arriviamo alla pace e poi valuteremo. Dobbiamo sostenere il dialogo, non attaccare Netanyahu».
Arriva anche il commento del presidente turco Recep Tayyp Erdogan, che ha lanciato un appello alla comunità internazionale affinché venga fatta pressione per costringere Israele a rispettare i termini dell’accordo. «Al governo israeliano non deve essere data nessuna possibilità di compiere violazioni. Il mondo adempia alle proprie responsabilità, sia morali che legali. L’umanità intera si allei per garantire la fine delle ostilità e curare le ferite di Gaza».
A cura di Riccardo Severino