Razzismo negli stadi: le differenze tra l’Italia e l’estero

Dacia Arena, 20 gennaio 2024, minuto 35. Ululati e insulti razzisti si alzano dalla curva dell’Udinese. Mike Maignan, estremo difensore del Milan, lascia la porta e si dirige verso gli spogliatoi. L’arbitro Fabio Maresca interrompe il gioco e l’intera squadra rossonera raggiunge il numero 16 nel tunnel. Un brutto episodio, dimostrazione di come il razzismo negli stadi continui a esistere.

«Autorità e procura, se non farete nulla dopo tutto quello che sta succedendo, SARETE COMPLICI». Così, tramite un lungo messaggio su Instagram, Maignan ha espresso tutta la sua frustrazione per la gara di sabato. Numerosi i messaggi di solidarietà e vicinanza, anche da avversari, come quelli lasciati dal club Inter e dai giocatori Paulo Dybala (Roma), Matteo Pessina (Monza), Adrien Rabiot (Torino) e Marcus Thuram (Inter). Le condanne generalizzate sono arrivate poi dalla Lega Serie A, dalla FIGC e dal Ministro dello Sport Andrea Abodi.

 

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La vicenda ha superato i confini nazionali, arrivando anche al connazionale Kylian Mbappe, che sui propri canali social ha difeso il portiere: «Siamo tutti con te. No al razzismo». Un valore condiviso, internazionale, ma che ancora fatica a trovare una soluzione.

Maignan come Marc Zoro: vent’anni dopo il razzismo resta un problema

Nel 2005 è stato Marc Zoro a lasciare il campo per cori razzisti. Ora, vent’anni dopo, il difensore ivoriano si schiera a favore del portiere rossonero. «Ha fatto bene», dichiara. E poi la soluzione: «Bisogna chiudere lo stadio per sei mesi. È una piccola parte del tifo, se così si può chiamare, ma serve a dare un segnale. Solo così si capirà la gravità del gesto. E poi servono pene severe dalla federazione».

La storia Instagram di Gianni Infantino
La storia Instagram di Gianni Infantino

A tal proposito si è espresso, tramite storia Instagram, il presidente della Fifa Gianni Infantino. Per il numero uno del calcio mondiale non basta la procedura a tre fasi (interruzione del match, seconda sospensione, annullamento della partita), ma è necessario assegnare la sconfitta a tavolino per le squadre i cui tifosi si sono resi protagonisti di episodi di natura razzista. Inoltre, è necessario vietare l’accesso agli stadi di tutto il mondo e avanzare accuse penali nei confronti degli stessi.

La soluzione proposta dal presidente Fifa, però, divide i tifosi. Il dibattito si accende principalmente intorno al 3-0 a tavolino, che significherebbe perdere una partita per colpa di «atti ripugnanti – come definiti da Infantino – causati da soggetti isolati». Da tenere in considerazione anche la possibilità che alcune persone si organizzino al fine di danneggiare un’altra squadra, fingendosi tifosi e insultando i giocatori avversari.

Il razzismo all’estero: come funzionano le pene negli altri campionati

Inghilterra, Spagna, Francia, Germania. Ovunque ci si trova, il razzismo è inaccettabile. All’estero, però, la lotta alle disuguaglianze è presa più seriamente rispetto che nel nostro Paese.

Il contributo più longevo viene sicuramente dalla Bundesliga, dove il Borussia Dortmund da anni è il principale oppositore degli ideali di estrema destra, spesso diffusi all’interno delle curve. L’impegno dei gialloneri nel promuovere la diversità è stato premiato nel 2019 dalla UEFA, che in occasione dei sorteggi di Champions League gli ha assegnato il premio #EqualGame.

Questa lotta arriva dalla Germania per due motivi: un primo politico, con la maggioranza delle tifoserie attualmente di sinistra, e uno economico, poiché i tifosi detengono il 51% dei diritti di voto in assemblea. Questo implica che i sostenitori sono i primi interessati a promuovere un’immagina positiva del club.

Pugno duro anche dall’Inghilterra, dove dal 2022 si rischiano dieci anni di interdizione e il Daspo se si pubblicano post o commenti a sfondo razzista. Il tutto partì dalla denuncia di Ivan Toney (Brentford) nell’ottobre dello stesso anno, quando pubblicò gli insulti ricevuti e la polizia aprì un’inchiesta nei confronti del colpevole. L’uomo venne condannato a quattro mesi con la condizionale ed espulso per tre anni dagli stadi del Regno Unito.

Una vera e propria legge venne poi proposta dalla Ministra dell’Interno britannico Priti Patel, con l’obiettivo di estendere il divieto di accesso agli stadi anche agli insulti online.

Anche la Spagna ha recentemente affrontato il tema razzismo. Nel 2023 il caso di maggior scalpore è stato quello che ha visto protagonista Vinicius Junior, attaccante del Real Madrid. La protesta uscì dai confini dello stadio, con i manifestanti che si ritrovarono davanti al consolato spagnolo in Brasile.

Dopo quanto accaduto, il Paese ha regolamentato l’esclusione dallo stadio fino a otto anni e una pena detentiva che va dagli uno ai quattro anni.

In Francia, invece, oltre alla sospensione dallo stadio, le pene arrivano fino a cinque anni di carcere e 45 mila euro di multa.

Elena Cecchetto

📍Milano 👩🏼‍🎓Comunicazione, Media e Pubblicità ⚽️ Quando lavoro mi trovi allo stadio, quando non lavoro pure

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