Chi ha paura dell’uomo nero? La Serie A e il razzismo

Il calcio per molti è lo sport più bello del mondo. È un’occasione per stare insieme, una scusa per ritrovarsi allo stadio o davanti al televisore e condividere con chi ha la stessa passione 90 minuti di tifo sfrenato, di batticuore, di ansie, di gioie e di dolori. La partita di calcio è un momento sacro per i tifosi che, adornati con i colori della propria squadra, seguono senza mai distrarsi i 22 giocatori che lottano per fare entrare la palla in rete. Il calcio però, purtroppo, è figlio della società in cui viviamo ed è vittima degli stessi mali. Da anni esiste un veleno che si sta insinuando nelle curve degli stadi, che striscia silenzioso fino alle tribune e che coinvolge tifosi di qualsiasi squadra, rovinando l’atmosfera di sport e sana competizione che una partita di pallone riesce a creare. Questo veleno, questo male, ha un unico nome: razzismo.

Dall’inizio del campionato di Serie A 2019/2020 sono stati numerosi gli episodi di razzismo che hanno coinvolto società e tifoserie, molti i giocatori che hanno preso la parola per denunciare quanto accade e la Figc non può fingere che tutto questo non esista o che i “buuu” razzisti che si sentono sempre più spesso allo stadio siano episodi isolati nati da qualche pseudo-tifoso che di calcio capisce poco e di come ci si comporta al mondo ancora meno.

CAGLIARI-INTER

Seconda giornata del campionato di Serie A. L’Inter gioca alla Sardegna Arena contro il Cagliari. Al 27’ della ripresa il punteggio è fermo sull’1-1 e l’arbitro fischia un rigore per i nerazzurri. Sul dischetto va Romelu Lukaku, attaccante belga della squadra milanese. Il numero 9 si prepara a calciare e dalla curva esplode un coro che mai si dovrebbe sentire. Si tratta di una serie di “buu” indirizzati al giocatore, non per distrarlo e farlo sbagliare, ma per il colore della sua pelle. Lukaku tira e segna ma quei “buu” gli sono rimasti dentro. Tanto che il giorno dopo denuncia l’accaduto sui suoi social e la procura della Figc apre un’indagine. «Molti giocatori nell’ultimo mese hanno subito insulti razzisti – scrive il belga su Instagram -. È successo anche a me ieri. Il calcio è un gioco amato da tutti e non dovremmo accettare alcuna forma di discriminazione che possa far vergognare il nostro sport. Spero che le federazioni di tutto il mondo reagiscano con forza su tutti i casi di discriminazione. I social media (Instagram, Facebook, Twitter) devono funzionare meglio, così come le società, perché ogni giorno si vede almeno un commento razzista sotto un post di una persona di colore… Se ne parla da anni, ma non si è ancora fatto nulla. Signore e signori, è il 2019, invece di andare avanti stiamo andando indietro e io penso che in quanto calciatori dobbiamo essere uniti e prendere una posizione su questa questione, per far sì che il calcio resti un gioco pulito e divertente per tutti».

La Fifa condanna subito l’episodio con una nota ufficiale: «Il razzismo non ha posto nel calcio. La Fifa esorta tutte le federazioni associate, i campionati, i club e i tribunali sportivi ad adottare le procedure previste, nonché tolleranza zero nei confronti degli episodi di razzismo nel calcio, e di applicare le severe sanzioni previste in casi simili», a cominciare dallo stop delle partite. Sono stati molti i giocatori che si sono allineati a Lukaku nella sua lotta al razzismo: da Matuidi a Smalling e Dzeko passando per l’ex bomber Drogba e l’attaccante del Barcellona Griezmann.

HELLAS VERONA-MILAN

Si cambia stadio, si cambiano squadre, si cambiano giocatori, ma la musica è sempre la stessa. Ancora cori contro, ancora ululati, ancora “buu” razzisti. E ancora nel mirino degli idioti da stadio un giocatore di colore. Dopo il numero 9 dell’Inter è toccato al centrocampista del Milan Franck Kessie, preso di mira da una parte della curva dei tifosi del Verona durante il match al Bentegodi. Questa volta però il fatto più grave è che, se nel caso di Cagliari la società rossoblù ha immediatamente condannato il comportamento dei propri tifosi dimostrando solidarietà al giocatore belga, l’Hellas Verona si è resa autrice di un tweet schierato in difesa della propria tifoseria. «I ‘buuu’ a Kessie? Gli insulti a Donnarumma? Forse qualcuno è rimasto frastornato dai decibel del tifo gialloblù. Cosa abbiamo sentito noi? – scrive la società – Fischi, inevitabili, per decisioni arbitrali che lasciano ancora oggi molto perplessi, e poi tanti applausi, ai nostri “gladiatori”, a fine gara. Non scadiamo in luoghi comuni ed etichette ormai scucite. Rispetto per Verona e i veronesi».

Il Milan, invece, ha utilizzato i social per esprimere la sua solidarietà al centrocampista rossonero e per condannare con decisione non solo gli episodi del Bentegodi ma tutti gli episodi di discriminazione, pubblicando anche un video con Kessie e Piatek che si abbracciano. «Vogliamo ringraziare tutti i club e gli appassionati di calcio che hanno mostrato il loro sostegno per Franck Kessie – si legge nel tweet- . Nel corso della nostra storia, abbiamo sempre onorato i valori dello sport. Ecco perché condanniamo ancora una volta, tutte le forme di razzismo e discriminazione: il calcio non dovrebbe dividere ma unire le persone».

LE REAZIONI

Gli episodi di Cagliari e Verona hanno dato vita a due iniziative contro i fenomeni di razzismo negli stadi. La prima, promossa dalla società sarda in occasione della sfida contro il Genoa, prevedeva la consegna di un volantino con inciso il testo della poesia di Grazia Deledda Noi siamo sardi, un modo originale per sensibilizzare il pubblico della Sardegna Arena. Questo il testo: «Noi siamo spagnoli, africani, fenici, cartaginesi, romani, arabi, pisani, bizantini, piemontesi. Siamo le ginestre d’oro giallo che spiovono sui sentieri rocciosi come grandi lampade accese. Siamo la solitudine selvaggia, il silenzio immenso e profondo, lo splendore del cielo, il bianco fiore del cisto. Siamo il regno ininterrotto del lentisco, delle onde che ruscellano i graniti antichi, della rosa canina, del vento, dell’immensità del mare. Siamo una terra antica di lunghi silenzi, di orizzonti ampi e puri, di piante fosche, di montagne bruciate dal sole e dalla vendetta. Noi siamo sardi».

I volantini distribuiti alla Sardegna Arena dal Cagliari con la poesia “Noi siamo sardi” di Grazia Deledda

La seconda iniziativa, invece, coinvolgeva una della partite più attese della Serie A: il derby di Milano. Lo slogan del match è stato “Derby against Racism” e i giocatori di entrambe le squadre si sono posizionati al centro del campo di gioco, prima del calcio d’inizio, per posare con uno striscione. L’iniziativa è servita a promuovere la creazione di una task force contro il razzismo, un «gruppo operativo che svilupperà un programma articolato di attività per sensibilizzare l’opinione pubblica, monitorare e affrontare episodi o comportamenti razzisti sui social media e allo stadio», si legge sul sito del Milan.

ATALANTA-FIORENTINA

Queste iniziative, però, non sono state recepite dagli idioti da stadio, anzi. Tanto è vero che durante Atalanta-Fiorentina si sono ripetuti gli stessi episodi di Cagliari e di Verona. Questa volta ad essere preso di mira è stato Dalbert, difensore viola. Il giudice di gara Orsato ha deciso di sospendere momentaneamente la partita. Un segnale forte che ha trovato l’appoggio di molti personaggi del mondo del calcio, in primis Carlo Ancelotti: «È un passo avanti, altri ce ne saranno, bisogna seguire questa linea. Il presidente della Fifa oggi dice basta ai cori razzisti e agli insulti, anche noi diciamo basta» ha commentato.

PJANIC E JUAN JESUS

Non solo Inter, Milan e Fiorentina, anche Juve e Roma sono state coinvolte negli episodi di razzismo. Durante il match Brescia-Juventus una parte della tifoseria bresciana ha rivolto insulti a Miralem Pjanic, urlando «zingaro di m…». Juan Jesus invece è stato vittima di razzismo attraverso i social: «Sei un maledetto scimmione, un negro» ha scritto in privato sul profilo Instagram del difensore brasiliano uno pseudo-tifoso. Insulti che gli costeranno caro, visto che la Roma lo ha denunciato alla polizia, ma non solo: la persona responsabile di quelle parole sarà daspata a vita dalle gare della formazione di Fonseca.

Gli insulti rivolti a Juan Jesus

LE PAROLE DI LOTITO

Se poi ad alimentare un clima di odio e di mancanza di rispetto contribuiscono anche i presidenti delle società, allora è davvero difficile pensare di poter sconfiggere questa piaga del calcio moderno. Claudio Lotito, presidente della Lazio, si è reso protagonista recentemente di una spiacevole conferenza stampa dove, parlando di razzismo, ha detto: «Ricordo quando ero piccolo, spesso a persone non di colore, che avevano la pelle normale, bianca, venivano fatti i “buu”». Una gaffe che non è passata inosservata. Il presidente biancoceleste si è poi scusato, dichiarando come ci fosse stato un malinteso e di essere assolutamente contrario ad ogni forma di razzismo. Sarà, ma le parole non si cancellano e i “buu” neppure. La Figc e la Fifa hanno il dovere di prendere dei provvedimenti, altrimenti si rischia di trasformare il gioco più bello del mondo in una triste competizione dove anziché vincere chi fa più gol, trionfa chi urla più forte “buu”.

Martina Soligo

26 anni, da Treviso a Milano per seguire il mio sogno. Laureata in Lettere all'Università Ca' Foscari di Venezia e in Editoria e Giornalismo all'Università degli studi di Verona, ora frequento il Master in Giornalismo e scrivo per MasterX. Sogno di diventare una grande giornalista sportiva.

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