Sempre più anziani, pochi figli, lavori precari e, di conseguenza, crescita zero. È la situazione del nostro Paese, fotografata dal Rapporto Istat 2025, giunto alla sua trentatreesima edizione. Lo studio analizza i cambiamenti economici, demografici e sociali dell’anno appena trascorso.
I temi centrali
Gli argomenti principali analizzati nel Rapporto spaziano dalla crescita economica rallentata dall’invecchiamento della popolazione ma anche dall’evoluzione del mercato del lavoro e delle dinamiche dell’istruzione, dalle condizioni economiche delle famiglie e dagli impatti che la transizione ecologica ha nella società.
Il quadro macroeconomico
Nel primo capitolo dello studio, Istat, offre una panoramica del quadro macroeconomico del Paese. La penisola è segnata da una crescita moderata e discontinua. Ne è la prova il fatto che il Pil ha registrato un rallentamento nel 2024 a causa di una domanda interna debole e da una spinta minore rappresentata dagli investimenti.
Il nodo dell’occupazione
Secondo l’analisi l’occupazione è aumentata in valore assoluto, soprattutto per quanto riguarda i contratti a tempo indeterminato ma, allo stesso tempo, resta fragile e soggetta a forti squilibri settoriali e territoriali.
In questo scenario diseguale le grandi transizioni, come quella digitale, quella ambientale e quella demografica, avanzano a passo lento e vengono ostacolate da una bassa produttività, da una scarsa propensione all’innovazione e da vincoli strutturali di lungo periodo.
Famiglie e povertà
Il secondo capitolo dell’analisi riguarda le condizioni materiali in cui versano le famiglie italiane. Vengono evidenziate una diffusa fragilità e uno scarso potere d’acquisto che colpisce in particolare i nuclei numerosi, le famiglie dove vi sono dei soggetti minorenni e quelle che risiedono nel Sud del Paese.
Si tratta di una situazione che rappresenta un campanello d’allarme anche per il fatto che, durante tutto il 2024, l’inflazione ha rallentato la sua corsa ma, ciononostante, questo non è servito per far sì che le famiglie potessero riacquisire il livello del potere d’acquisto antecedente alle crisi recenti.
Un Paese spaccato in due
Lo studio dell’Istat evidenzia, come anticipato, forti disuguaglianze fra il Nord e il Sud del Paese. Nel Mezzogiorno, infatti, si registrano tassi di povertà più elevati, scarso accesso ai servizi pubblici essenziali e minore partecipazione femminile, rispetto al Nord, al mercato del lavoro e tassi scolastici inferiori.
Ad un quadro già abbastanza complesso e delicato si aggiungono anche i rischi sociali legati alla precarietà lavorativa e alle frammentazioni delle reti di sostegno. Emerge, quindi, la fotografia di una società in cui le disuguaglianze, invece che diminuire, si riproducono e si rafforzano, rendendo così sempre più difficile la mobilità sociale e il consolidamento della classe media.
Il declino demografico
Nel terzo capitolo viene affrontato uno degli argomenti che, oggi più che mai, rappresenta un problema per il nostro Paese: il calo delle nascite. Nel 2024, infatti, si è registrato un nuovo minimo storico, sono nati appena 370mila bambini su 59 milioni di residenti.
Aumenta, invece, l’invecchiamento della popolazione: più di un italiano su quattro, oggi, ha più di 65 anni. Cambia, inoltre, la struttura familiare: in aumento le famiglie composte da una sola persona e le coppie che decidono di non avere figli.
I giovani italiani, inoltre, rimandano sempre più le tappe fondamentali della propria vita. Il lavoro stabile, l’acquisto della prima casa e il desiderio di genitorialità vengono posticipati a causa di ostacoli economici rappresentati dall’instabilità professionale e, di conseguenza, economica.
La sostenibilità ambientale
L’ultimo capitolo dell’analisi riguarda la sostenibilità ambientale e i rischi collegati al cambiamento climatico. In questo senso, l’Italia mostra alcuni segnali positivi rappresentati dalla diminuzione delle emissioni di gas serra e da una riduzione dei consumi energetici.
Il territorio nazionale, inoltre, si conferma fragile e altamente esposto ai rischi ambientali quali frane, alluvioni, ondate di calore siccità. Fenomeni sempre più frequenti e che impattano direttamente, e negativamente, sull’agricoltura, sulle infrastrutture e sulla salute pubblica.
Vi è anche un aspetto positivo: l’impiego delle fonti rinnovabili. L’utilizzo di queste ultime è in aumento ma, comunque, il livello resta ancora al di sotto rispetto alla media dei Paesi facenti parte l’Unione europea e, di conseguenza, ancora lontano dagli obiettivi fissati al 2030.