Moda, Leonardo Canton: «in passerella opere d’arte indossabili»

La settimana della moda milanese si è appena conclusa. A sfilare in passerella non ci sono più i soliti abiti fatti di stoffa, pizzo e merletti. Ma aumenta la tendenza a creare dei pezzi unici e inimitabili, delle vere e proprie sculture indossabili, che lasciano senza fiato gli appassionati del settore. È questa la magia del product design, a cui cedono sempre più stilisti.
In cosa consiste questa nuova forma d’arte? Lo ha spiegato Leonardo Canton, un product designer di 24 anni, originario di Padova che, nonostante la giovane età, vanta numerose collaborazioni. Da Sfera Ebbasta a Tony Effe. Fino ad arrivare a chiudere la sfilata di PDF, il brand di Domenico Formichetti, con un capo dal titolo duro cardboard jersey.

 

Leonardo Canton, product designer

Com’è nata la tua passione per il design?
La passione per il design l’ho scoperta un po’ alla volta. Sono sempre stato un bambino creativo, mi piaceva disegnare e giocare con i Lego, tanto da decidere di studiare architettura alle superiori. Però, con il passare degli anni, mi sono reso conto che il mio interesse per l’architettura stesse calando. Mi sentivo limitato dal fatto che si fossero molta matematica, tecnica e precisione. E così mi sono detto “perché non provare design?”, visto che è un campo più libero. Allora mi sono iscritto alla Naba, a Milano, dove mi sono laureato a febbraio. Lì ho capito di voler realizzare qualcosa che fosse totalmente mio. Quindi, posso dire che il design è stato una scoperta, una passione che non sapevo di avere.

Da dove trovi l’ispirazione per realizzare i tuoi prodotti?
Per trovare l’ispirazione per realizzare i miei prodotti, parto sempre dal tema che mi propone il cliente. Faccio ricerche su internet e utilizzo i social, come Instagram e Pinterest. Ma traggo ispirazione anche da quello che vedo durante il giorno. E poi mi baso molto sui materiali che ho in azienda e che ho la possibilità di toccare, di sperimentare, di lavorare. Cerco sempre di studiarli bene. A volte prendo delle lavorazioni fatte su un preciso materiale e le sposto su un altro per vedere l’effetto che si ottiene.

Il tuo lavoro è incentrato sul project design, in cosa consiste?
Il lavoro del designer di prodotto consiste nell’ascoltare molto il cliente, cercare di indirizzarlo verso delle scelte intelligenti. Ma include anche l’essere innovativi e il metterci del proprio. Ovviamente, tutti i miei prodotti hanno una linea riconoscibile, perché c’è del mio. Il mio carattere, le mie ispirazioni, tutto quello che ho visto, quindi tutto il background, viene messo in un singolo prodotto. E questo, alla fine, è il motivo per cui un cliente sceglie me piuttosto che un altro.

Tra le tue tante creazioni c’è anche un capo, intitolato “duro cardboard jersey”, che ha sfilato sulla passerella di PDF alla Milano fashion week. Com’è nata questa collaborazione?
Domenico Formichetti, un designer italiano molto in voga da un bel po’ di anni, nell’ultimo periodo ha aperto un progetto personale, PDF, che sta ottenendo ottimi risultati, soprattutto all’estero. Io l’ho incontrato e lui si è subito interessato alle mie lavorazioni, soprattutto perché sono fatte di cartone. Da lì è nata la nostra collaborazione. Per il progetto della sfilata ho voluto coinvolgere anche un altro ragazzo, Carlo Scardino, che ho conosciuto tramite Instagram. Ho visto del talento in lui. Così a dicembre abbiamo iniziato a lavorare al capo con l’obiettivo di creare una scultura, un pezzo rigido in cartone da far sfilare.

 

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Mi descrivi questo capo?
Il brand segue lo stile americano, quindi, parlando con Domenico, abbiamo deciso di realizzare una canotta da basket. Poi con Carlo abbiamo scelto gli elementi da inserire. In alto, la scritta “Duro” che riprende lo slang americano “hard as fuck” e che noi abbiamo italianizzato proprio con “duro asf”. Al centro Domenico ci ha consigliato di mettere il numero 93. Invece, sul retro c’è la grafica della Madonnina di Milano, perchè questo pezzo è un omaggio al rapporto che lo stilista ha con Milano, la città in cui è cresciuto. E infine, gli ultimi due dettagli: la scritta PDF in alto e l’etichetta.

Com’è stato realizzato?
Questo capo è composto da 125 strati di cartone ondulato da quattro millimetri di spessore, un materiale che solitamente è utilizzato per creare oggetti di interior design. È stato progettato in 3D e dopo stratificato. Attraverso un semplice programma di CAD, è stato tagliato in circa dieci fogli. Tutti i pezzi, uno alla volta, sono passati sotto un rullo cosparso di colla vinavil e sono stati incollati tra loro. In questo modo abbiamo ottenuto la calotta in cui abbiamo inserito delle calamite nascoste per agganciare la parte posteriore con quella anteriore. Il tutto è stato verniciato con l’ecomalta, che ha reso il cartone molto rigido. Quasi quanto un legno. Per le finiture, invece, abbiamo usato delle spazzole,  in modo da dare l’effetto vintage, rovinato e sfumato che caratterizza i capi di PDF. E infine abbiamo aggiunto degli strappi interni per poterlo indossare con più sicurezza.

Quanto tempo di lavorazione è richiesto?
Se togliamo i tempi morti, per realizzare questo capo ci vuole una settimana e mezzo o due, al massimo. Ma perché si è trattato del primo pezzo. Infatti, se dovessimo rifarlo perderemmo molto meno tempo, quindi potremmo scendere a una settimana.

È stato ripreso da tutte le testate di moda più importanti. Che emozione hai provato?
L’emozione è stata tanta. Ma anche lo stress, se dobbiamo essere onesti. Soprattutto prima della sfilata, perché volevo che andasse tutto bene e che fosse apprezzato. Però, io e Carlo siamo molto soddisfatti, perché abbiamo visto che è stato il capo che molti magazine, come Outpump e Complex, hanno mostrato per primo sulle loro pagine. Questo vuol dire che ha catturato l’attenzione di tante persone. E, poi, anche Domenico Formichetti è rimasto soddisfatto.

Come definiresti questi capi? Sono pezzi da collezione o possono essere indossati?
Io li definirei delle opere d’arte indossabili, sculture indossabili che, ovviamente, sono più adatte a sfilate o concerti. Non sono capi che si possono indossare per andare a fare la spesa, ad esempio.

 

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Sei molto giovane, ma hai già collaborato con volti noti, come Sfera Ebbasta, Tony Effe a tanti altri
Le collaborazioni sono state un divenire l’una dell’altra. Tutto è iniziato grazie e Rodrigo Risivi, il gioielliere di Risivi & Co., che un anno e mezzo fa mi ha affidato il primo progetto: una collana per Sfera Ebbasta. Poi è arrivata la collaborazione con Tony Effe. All’inizio, insieme a Rodrigo, ho creato una collana con un Colosseo in ceramica e dopo il suo team di management è arrivato direttamente a me. Ho realizzato le cover dei microfoni per il suo tour. In questo modo ho iniziato a crearmi dei contatti. Una volta che lavori per una persona, se lavori bene, riesci ad arrivare agli altri molto più facilmente.

Quali sono i progetti per il futuro?
Il primo febbraio ho consegnato le cover dei microfoni che Capo Plaza ha usato durante il live al Forum di Assago. Poi, continuo a lavorare con Risivi & Co. per la realizzazione di gioielli per altri artisti. Però, vorrei concentrarmi di più sul campo del design d’interni, creando una linea di poltrone customizzate. Prodotti a cui, in realtà, sto già lavorando in collaborazione con artisti e designer, perché un manager ci ha commissionato tavoli, divani e poltrone per il suo nuovo appartamento. Però, è ancora un progetto embrionale. E poi si vedrà. In questo mestiere non c’è mai qualcosa di continuativo, arrivano sempre idee nuove, progetti nuovi e diversi tra loro. È questo il bello.

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