Nella mattina di mercoledì 18 dicembre, Ottavia Piana è stata estratta dalla grotta di Bueno Fonteno dai volontari del soccorso alpino e speleologico. Le operazioni di salvataggio sono durate ottantatré ore, poco più di tre giorni. La trentaduenne speleologa bresciana del Cai di Lovere è stata trasportata su una barella per oltre quattro chilometri tra le gallerie sotterranee del Monte Torrazzo, tra la val Cavallina e il Lago d’Iseo, in provincia di Bergamo.
Cinque giorni prima, attorno alle 16, la speleologa era rimasta incastrata nel dedalo di cunicoli del sistema carsico, in seguito a una caduta che le aveva procurato fratture al volto e alle gambe. In questo lasso di tempo, Piana non è mai stata in pericolo di vita, ma appena liberata è stata portata all’ospedale di Bergamo per ricevere cure.
La caduta
Piana aveva raggiunto la grotta di Bueno Fonteno per una mappatura del sottosuolo. Durante l’esplorazione di un tratto poco noto della cavità naturale, la speleologa era caduta da un’altezza di oltre cinque metri ed era atterrata di schiena.
Da quel momento sono state attivate le operazioni di salvataggio dei volontari del soccorso alpino e speleologico. Poiché non era possibile comunicare con l’interno della grotta, è stata installata una linea telefonica tramite filo per mettere in dialogo il personale sanitario e del Soccorso alpino che si trovava con Piana e i soccorritori a monte.
E ora chi paga?
«Non i cittadini». Lo ha chiarito il presidente della Società Speleologica Italiana Sergio Orsini, escludendo la possibilità che il costo soccorsi ricada sui contribuenti. A pagare per il salvataggio della speleologa Ottavia Piana sarà «l’assicurazione, che copre i costi di soccorso in caso di infortunio».
«Abbiamo un accordo con Axa. Gli speleologi sono coperti sia per l’autosoccorso sia per l’utilizzo delle strutture del Corpo nazionale di soccorso alpino. Sono assicurati da quando escono dalla macchina per andare verso la grotta no a quando ripartono per tornare a casa», ha aggiunto.