Il ricordo del Covid a Bergamo, Nembro e Alzano Lombardo

Sono passati cinque anni da quando il Covid è entrato nelle nostre vite. Un evento indelebile che ha sospeso e successivamente modificato la nostra quotidianità. Oggi, dopo un ritorno alla “normalità” abbiamo sentito i sindaci delle zone bergamasche, una delle province più colpite dal virus, con 350mila persone che hanno contratto il Coronavirus.

Bergamo

Giorgio Gori, ex sindaco di Bergamo

L’ex sindaco di Bergamo Giorgio Gori ricorda tutto, di quando il Covid-19 arrivò in Italia. «Prima lo spaesamento, quando il virus sembrava distante, confinato in Cina. Poi la consapevolezza che fosse arrivato in Occidente, con Bergamo suo primo epicentro». Gori continua a descrivere quei momenti iniziali, raccontando di come la situazione si aggravasse giorno dopo giorno, e il sistema sanitario fosse in affanno e il cimitero al collasso. L’ex primo cittadino ha un’immagine visiva ben impressa nella mente: un silenzio irreale fatto di strade vuote, camion dell’esercito, megafoni della protezione civile. Poi, dice Gori, Bergamo reagisce. «L’ospedale da campo costruito in pochi giorni. I mille volontari mobilitati per portare spesa, farmaci, compagnia. La comunità che si rialza, con dignità e forza. Bergamo si è rimessa in moto come una molla compressa per mesi: l’energia si è sprigionata con forza doppia».

Il ricordo personale

Gori riporta anche come ha vissuto l’emergenza Covid-19 da sindaco: «Ho vissuto quella fase con un senso di responsabilità che non avevo mai sperimentato. Ho cercato di essere un punto di riferimento spiegando, informando e rassicurando con telefonate, messaggi e video». Gori, ricordando la sera in cui i camion passarono per la città con le salme delle vittime del virus, commenta che quelle immagini hanno reso noto a tutti la gravità di ciò che stava succedendo. «Il primo convoglio partì la sera del 18 marzo, dopo il coprifuoco, per non spaventare i cittadini. Ma non avevamo previsto l’effetto del rumore dei camion in una città silenziosa. Quella notte 73 bare lasciarono Bergamo: 34 dirette a Bologna, 31 a Modena, 8 a Varese». Le ceneri di quei morti, prosegue l’ex sindaco, tornarono a Bergamo l’8 aprile.

Giorgio Gori durante le celebrazioni della Giornata del Ricordo

«Quel giorno c’ero anch’io ad accoglierle. Vennero collocate al Famedio, su diverse file sovrapposte, perché il Vescovo potesse benedirle. Poco dopo entrammo nella chiesa del cimitero. C’erano ancora quasi 100 bare, appoggiate sul pavimento, una accanto all’altra, con i nomi scritti a pennarello sul legno delle casse. Io restai sull’uscio mentre il Vescovo camminava tra le casse e sembrava che le accarezzasse». Nessuno riuscì a trattenere le lacrime, racconta Gori, descrivendo quell’immagine come indelebile nella sua mente.

Tra le strutture costruite per gestire la pandemia la più importante è stata l’ospedale da campo nella Fiera di Bergamo. Nella piazza accanto alla stazione è stato installato anche un hub per tamponi e test sierologici gratuiti. «Successivamente, la stessa Fiera fu riconvertita in un grande centro vaccinale». Oggi la Fiera di Bergamo ha ripreso la sua funzione originale. Il 95% dei bergamaschi si è sottoposto alla prima dose e la maggior parte ha completato il ciclo. «La prevenzione fu vissuta come un dovere verso sé stessi e verso la comunità. Credo che oggi, tanto di quell’insegnamento sia andato perduto, ma, qualora una nuova pandemia si affacciasse nel mondo, i bergamaschi saprebbero più di altri cosa fare».

Nembro

Claudio Cancelli ex sindaco del Comune di Nembro

Per la piccola comunità di Nembro di 11mila anime, la pandemia ha rappresentato un momento di svolta. Un’intera generazione cancellata da quella che inizialmente era stata descritta come «un’influenza stagionale un po’ più robusta». Come ci ha raccontato Claudio Cancelli, Sindaco di Nembro sino al 2 giugno 2022, tutti erano impreparati a gestire una situazione del genere. «Il virus, a Nembro, è arrivato come un fantasma, all’improvviso e toccando tutti: famiglie, giovani e meno giovani, anziani soprattutto. E quando ci si è resi conto di quello che stava accadendo la situazione era già grave».

Il ricordo del Sindaco

All’inizio nessuno sapeva bene cosa sarebbe accaduto e la situazione era presa sottogamba, «il Presidente della regione Fontana aveva detto “speriamo che la situazione si stabilizzi, così posso andare a vedere il derby allo stadio”». Però, dice il Sindaco, «noi abbiamo cominciato a prendere coscienza di questa situazione a partire dal 23 febbraio». Era già scoppiato il caso di Codogno e «si era istituita la zona rossa». «Quella mattina ho ricevuto una chiamata da ATS – Agenzia Tutela della Salute» insieme a tutti gli altri sindaci della Provincia, «in cui ci convocano ad una riunione serale a Bergamo per comunicazioni legate a questioni di natura sanitaria». I 243 sindaci della provincia si sono ritrovati tutti in questa sala «uno vicino all’altro, eravamo in tantissimi».

Cancelli si è poi soffermato sul numero dei morti nel comune. «L’ultima settimana di febbraio abbiamo avuto 10 decessi, quella successiva 40 e quella dopo ancora 113. Sono quelli che normalmente si hanno in un anno o più nel nostro paese. Sono stati così tanti che la parrocchia ha smesso di suonare le campane a lutto, perché è diventata una cosa molto pesante».

Vista la situazione in cui versava il sistema sanitario locale, «abbiamo cercato di organizzare un sistema di gestione di questa emergenza a livello comunale». Si è visto l’impegno di tante associazioni e di singoli, racconta Cancelli, erano iniziative personali, ma sempre in una direzione comune. Così sono arrivati 140 volontari per portare medicinali e prodotti sanitari a chi ne aveva bisogno. Poi con l’aiuto di aziende locali sono riusciti ad organizzare spedizioni da altre città «come Parma e Torino per recuperare il materiale».

Le iniziative del Comune

A livello locale, invece, hanno convertito un’azienda che produceva striscioni «per manifestazioni sportive», per produrre mascherine ed è nata anche una cooperativa di sarte per cucire i dispositivi di protezione. «Abbiamo anche creato un centralino che rispondeva 7 giorni su 7 mattina, pomeriggio e sera a tutte le richieste». La comunità ha fatto la sua parte: «I ragazzi dell’oratorio che giravano a distribuire mascherine, a tanta gente del paese. Questo era contagioso, le persone si mettevano in gioco vedendo altri che si muovevano. Un imprenditore dalla Puglia ci ha mandato l’olio, un altro dal Piemonte della pasta, una serie di piccole cose che hanno un forte valore sul piano personale».

Per cercare un contatto umano, in un momento di isolamento, Claudio Cancelli ha iniziato a registrare dei comunicati che poi diffondeva tramite chat ai suoi concittadini. «Inizialmente fornivo informazioni di tipo pratico», poi gli argomenti si sono ampliati. «È diventata presto una telefonata di riflessione su quello che stava accadendo, un contatto umano. Raccontavo quello che di bello e positivo mi passava tra le mani durante la giornata. Gente che si aiutava, moti di solidarietà inaspettati, piccole e grandi storie fra le tantissime che capitavano. Eravamo tutti chiusi in casa. Molti anziani erano rimasti soli».

Come siamo cambiati?
Claudio Cancelli durante la pandemia

Oggi a 5 anni di distanza l’ex sindaco afferma che a Nembro è tornata la normalità, non si teme più il Covid. La vita è ripresa, così come tutti gli eventi nel paese: «Siamo un paese ad alta socialità, pieno di iniziative, ogni tre giorni c’è un evento». Mi accorgo di essere cambiato nel modo con cui esercito l’amministrazione, dichiara l’ex sindaco Cancelli. «Mi ritrovo a fare interventi, riunioni e progetti con più anima e affetto.

Io sono uno dalla formazione tecnica e operativa. Oggi mi accorgo di avere a cuore altro. Nei miei interventi, nei momenti ufficiali, nel modo in cui guardo le persone. Con tanti ci sentiamo più famiglia». Claudio Cancelli, insieme a Matteo Cella, parroco di Nembro, ha scritto il libro “Carovane. La tempesta del Covid e il futuro di una comunità”. Un racconto di testimonianza per non dimenticare e sottolineare di come la comunità si sia ritrovata e sia unita tutt’oggi. «Oggi c’è un rapporto radicato tra le realtà associative, un legame importante con la parrocchia, con le comunità di altre religioni. Durante la primavera del 2020 tanta gente chiamava in Comune per rendersi utile».

Alzano Lombardo

Camillo Bertocchi sindaco di Alzano Lombardo

Camillo Bertocchi, sindaco di Alzano Lombardo da giugno 2016, ha avuto, come Giorgio Gori, un senso di disorientamento le prime settimane di pandemia. «Nonostante siano passati cinque anni non sono riuscito ad elaborare del tutto quel momento. Arriverà il momento in cui dovrò elaborare e cristallizzare». Il giorno in cui il Covid arrivò ad Alzano Bertocchi lo ricorda bene, il 23 febbraio. «Era in programma la sfilata di carnevale, doveva essere un giorno di festa, ma le notizie che arrivavano non ci facevano stare tranquilli. C’era preoccupazione tra i sindaci della media valle, sospendemmo tutto». La preoccupazione dei comuni di Bergamo si trasformò presto in un dramma. «Siamo entrati in un vortice di cui non si vedeva la fine. In un mese 108 morti, tanti quanto l’anno precedente».

Il sindaco ricorda che non c’erano punti di riferimento perché nessuno era pronto ad un’emergenza di tale portata. Dalla seconda settimana in poi le cose cambiarono. «Il sistema sanitario istituzionale aveva messo a regime un sistema di comunicazione e finalmente c’era qualcuno che dava indicazioni». Un’altra analogia che Bertocchi ha con Gori è la comunicazione che il primo cittadino ha mantenuto con i suoi cittadini in quelle settimane: «È stato fondamentale per la comunità perché ci ha aiutato a restare coesi. I social ci hanno aiutato. Quel messaggio che pubblicavo ogni giorno è diventato quel momento di speranza per tutti». Il Comune si è attivato per cercare i dispositivi di protezione individuale che in quel periodo erano difficili da trovare. Alzano Lombardo è riuscito a recuperare 100mila dispositivi in meno di un mese, e il Comune è riuscito a portare le mascherine all’interno degli ospedali e nelle imprese di pompe funebri.

La Giornata del Ricordo

I cittadini, racconta Bertocchi, ad oggi sono tornati alla normalità e anche nei confronti della prevenzione la comunità non ha più risposto alle campagne vaccinali con gli stessi numeri degli anni scorsi. Tuttavia è ancora viva la memoria di ciò che il Covid ha lasciato per Alzano Lombardo: «Il 18 marzo è stato un giorno simbolo e noi ci siamo trovati per fare qualche minuto di silenzio e in cui la Fontana della Comunità in Piazza Italia ha cessato di funzionare». Questa ricorrenza si fa ogni anno, dal 2020, per ricordare chi non c’è più e per rammentare ai cittadini di Alzano di quanto sono stati uniti, e con quella forza nello stare insieme sono riusciti ad affrontare questa pagina buia della storia.

Fontana della Comunità ad Alzano

Un episodio che ha colpito Bertocchi, durante queste commemorazioni, è di una signora che ha perso il marito durante la prima ondata Covid. Cinquantadue anni di matrimonio, festeggiati due anni prima con amici e parenti. I coniugi avevano anche fatto una piccola celebrazione rinnovando le promesse nella parrocchia del paese. Nella giornata di ricordo, la vedova, ha portato un mazzo di fiori vicino alla Fontana della Comunità, ha baciato la fede che porta ancora al dito ed è scoppiata in lacrime. La fontana è stata inaugurata l’11 novembre 2023 ed è stata ideata dall’artista Franco Travi. Il monumento rappresenta la vulnerabilità, la forza, la speranza. In sintesi è la testimonianza della determinazione di una comunità intera che ha saputo rialzarsi dopo tanta sofferenza e dolore.

 

 

 

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