Gli insetti non approderanno sulle tavole degli italiani. Lo comunica con una nota informativa il ministero della Salute, ribadendo l’illiceità della loro commercializzazione. I cultori del “cibo del futuro”, parte integrante di molte ricette diffuse specialmente nel sud-est asiatico, dovranno dunque attendere: l’entrata in vigore del regolamento europeo sul novel food non implica la sua immediata “legalizzazione”.
La nota precisa infatti che, secondo il regolamento, «la commercializzazione come alimento di un insetto o di un suo derivato potrà essere consentita solo quando sarà rilasciata a livello UE una specifica autorizzazione». Quest’ultima, prosegue la nota, «deve essere richiesta alla Commissione Europea, seguendo le linee guida recentemente pubblicate dall’Efsa». Dunque sì agli insetti, ma solamente dopo i dovuti accertamenti e nelle modalità che verranno eventualmente stabilite. Nel frattempo resteranno in vigore i consueti divieti. È comunque lo stesso comunicato a constatare che «alcuni Stati membri hanno ammesso a livello nazionale la commercializzazione di qualche specie di insetto in un regime di tolleranza». Un’impostazione che l’Italia, patria del cibo di qualità e della dieta mediterranea, non pare per il momento intenzionata a emulare.
L’utilizzo a scopi alimentari di formiche, larve, scarafaggi, locuste, scorpioni e affini è entrato nel dibattito pubblico in occasione di Expo 2015, il cui fil rouge – “Nutrire il pianeta, energia per la vita” – era fortemente legato ai temi dell’educazione alimentare e della mancanza di cibo che affligge ancora molte zone del mondo. E sono proprio le ricche proprietà nutrizionali degli insetti, unite alla loro enorme disponibilità, ad aver spinto numerosi analisti a considerarli l’unica soluzione sostenibile per soddisfare il fabbisogno di una popolazione mondiale in continuo aumento. Questo perché i tassi di incremento demografico stanno crescendo molto più velocemente delle risorse disponibili, rendendo insufficienti i classici metodi di sostentamento. Si stima che nel 2050, quando sul pianeta vivranno circa 9 miliardi di individui, il settore agricolo – per quanto intensivo – dovrebbe aumentare la propria produttività del 60% per dare da mangiare a tutti: un’utopia. Che sia dunque il caso di iniziare a modificare le nostre abitudini alimentari? (av)