Manca sempre meno alle Europee 2024, le consultazioni elettorali dell’Ue che in Italia si svolgeranno tra l’8 e il 9 giugno. E i partiti hanno già presentato i loro candidati, tra volti noti e new entry. Già, perché alcuni leader, come la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e la segretaria del Partito democratico Elly Schlein, hanno scelto di concorrere come capolista del loro movimento politico. Altri invece, come Lega e Alleanza Verdi e Sinistra, hanno preferito appoggiarsi a personalità esterne al partito: Roberto Vannacci e Ilaria Salis su tutti.
Orgoglioso che, per parlare di Pace, la Lega possa contare in queste elezioni europee su un generale come Roberto Vannacci, che non ha combattuto contro chat o articoli di qualche giornalista di sinistra, ma ha onorato l'Italia prestando servizio in Iraq, in Afghanistan e in… pic.twitter.com/y90vCuJfYC
— Matteo Salvini (@matteosalvinimi) April 30, 2024
Nelle ultime settimane, diversi analisti politici hanno molto discusso riguardo al tema della “personalizzazione” della politica. Il professor Alberto Mingardi, per esempio, ritiene che non si tratti di nulla di nuovo. Se negli anni ’90 «Forza Italia candidava i professori universitari», oggi la Lega di Matteo Salvini si affida invece a un generale dell’Esercito italiano. E, in entrambi i casi, vi è alla base una «condivisione delle linee guida del partito».
Professor Mingardi, perché così tanti leader di partiti si sono candidati alle prossime elezioni europee?
Le elezioni europee, in Italia, sono tradizionalmente un “sondaggione”: le persone non hanno la percezione di votare per chi poi li governerà. L’interesse per le europee – e anche per i “temi europei” – è limitato e i leader pensano di avere bisogno di qualche effetto speciale per accenderlo. Mettendosi in lista direttamente accentuano il carattere “sondaggistico” di questa elezione: non andranno a fare il parlamentare europeo, ma vogliono misurare la propria popolarità personale.
Perché in alcuni simboli dei partiti c’è scritto il nome del leader?
Oggi le appartenenze sono deboli e l’agenda dei partiti è abbastanza convergente. Conta il leader, il volto noto, quello con il quale gli elettori si identificano. Piaccia o meno, la politica nel mondo di oggi è intensamente mediatica, il che agevola la personalizzazione. L’aver perso “ancoraggi” ben definiti, sul versante delle idee, enfatizza ulteriormente il fenomeno: se non ci sono le idee, devono esserci almeno le persone,
Perché alcuni candidati hanno scelto di far scrivere ai propri elettori sulle schede il loro nome di battesimo o, addirittura, il loro soprannome?
L’identificazione col leader, quando passa per i social, assume una dimensione “personale” prima sconosciuta. Quando passi ore e ore a scorrere il feed di un profilo social va a finire che la conosci meglio, o che ti sembra di conoscerla meglio, del tuo vicino di casa. E’ un po’ come quando sei immerso in un romanzo, e per te D’Artagnan, Aureliano Buendía o Gandalf diventano degli amici di cui t’interessa di più che della tua famiglia. Solo che in questo caso si tratta di esseri umani in carne e ossa, che ti chiedono il voto, e che non ti lasciano quando chiudi il libro. Se hai messo il like a tutti i post di Salvini per te lui è parte della tua vita. E come lo chiami, allora? Onorevole? Ministro? No, evidentemente lo chiami Matteo…
Perché i partiti ricorrono sempre di più a figure fuori dai propri organici per le elezioni europee?
Il fatto di candidare degli “indipendenti”, che grosso modo condividono l’orientamento di un partito ma rappresentano altri mondi e possono richiamarne l’attenzione, non è una novità. Salis è un’attivista politica, che ha le sue convinzioni e che mi pare abbia scelto di mettere a disposizione di chi le condivide la sua popolarità. Piaccia o meno, il generale Vannacci ha un pensiero e si è schierato con chi gli consentirà di esprimerlo in un’aula parlamentare.
Crede che se la Meloni dovesse avere un riscontro negativo dalle elezioni potrebbe avere delle ripercussioni sul Governo?
Meloni ha persino escluso ripercussioni sul governo se perdesse il referendum sul premierato, quindi dubito che si faccia intimorire dallo zero virgola che può guadagnare o perdere alle europee… L’unico pericolo per il governo lo vedo da un eventuale cattivo risultato della Lega. Non ci sono maggioranze alternative, con la Lega come perno, quindi non immagino nessun “ribaltone” – anche perché a rischio ci sarebbe pure il governo delle regioni… Ma un Salvini ulteriormente ridimensionato sarebbe inquieto e quindi ancor più ingaggiato in una gara con Meloni, che a quel punto interpreterebbe come la gara per la sopravvivenza.
Quanto è possibile un nuovo governo europeo di coalizione tra socialisti e popolari? E, invece, tra conservatori e popolari?
I maggiorenti europei sono stati chiari: l’Unione europea è governata da un cartello fra socialisti e popolari e “renew”. Questo cartello garantisce le classi dirigenti europee, ed essi non vorrebbero cambiare formula. Le destre dovrebbero forzare questo cambiamento alle urne. Non mi sembra abbiano i numeri.
Che Unione europea troveremo all’indomani delle elezioni?
La stessa di prima. Il passaggio cruciale sarà la formazione della Commissione. I leader più noti del continente, a cominciare da Macron, hanno un orizzonte abbastanza chiaro: immaginare una finanza pubblica europea per fare, assieme, più debito. Vedono il debito europeo come una sorta di salvagente nei marosi del mondo contemporaneo. Per spendere e indebitarsi, qualsiasi scusa va bene: dalla guerra alla transizione digitale o ecologica. L’opposizione politica a questo disegno è debole, perché passa per partiti sovranisti dove domina l’analfabetismo economico. Però forse l’opposizione della realtà delle cose è più forte e difficile da superare.