È stato fissato il primo processo per i grattacieli di Milano. Otto persone fra architetti, costruttori e funzionari del Comune sono stati mandati a giudizio. Non basta, quindi, il provvedimento “Salva-Milano” ideato dal sindaco Giuseppe Sala a fermare le inchieste sull’edilizia meneghina. Tutto è partito dalla Torre Milano, il grattacielo alto 82 metri in via Stresa 22. L’edificio è stato costruito tra il 2018 e il 2023 sulla scia della ristrutturazione edilizia, un procedimento che richiede meno fondi e obblighi rispetto a una nuova edificazione. La prima delle 20 inchieste che pendono sulla giunta comunale di Sala è stata fissata per l’11 aprile.
L’inchiesta
La questione dell’edilizia milanese va avanti da circa due anni, quando la Procura della città ha aperto diversi fascicoli con le ipotesi di presunti abusi edilizi. I cantieri coinvolti sono tantissimi, molti di questi sono stati bloccati. Tutto è partito da un problema interpretativo delle norme edilizie, le denunce hanno riguardato il fatto che si sia proceduto secondo le norme di ristrutturazione edilizia e non seguendo le regole per le nuove costruzioni. Ovvero, una procedura semplificata che consente costruzioni più rapide e con meno vincoli rispetto ai casi in cui si deve tirar su un edificio da zero. A questo si aggiunge il tema degli oneri di urbanizzazione, che chiaramente variano molto tra una ristrutturazione e una nuova costruzione.
La prima delle inchieste è sulla “Torre Milano”, un grattacielo di 24 piani costato circa 45 milioni di euro. Le otto persone che sono state mandate a giudizio dalla Gup (Giudice dell’Udienza Preliminare) Teresa De Pascale, sono accusate di abusi edilizi, lottizzazione abusiva e falso. Il problema è che la torre, come altri edifici della città che partono dal motto “la città ti manda in alto”, è stata costruita sì sulla demolizione di altri edifici, ma che erano di al massimo di 4 piani. Infatti, a denunciare i lavori intorno alla torre era stata proprio una vicina. La donna aveva lamentato di avere perso due ore di sole al giorno.
Il Salva-Milano?
Ciò che ora preoccupa la giunta di Sala è anche il Salva-Milano. Si tratta di una proposta di legge approvata dalla Camera il 21 novembre 2024, ma non ancora approdata in Senato. Un condono che avrebbe permesso la ripartenza dei quasi 150 cantieri bloccati nel capoluogo lombardo. Questo perché la legge stabilisce che i piani attuativi comunali non sono più obbligatori se gli interventi edilizi sono realizzati in ambiti edificati e urbanizzati.
Il problema è che la legge è nel limbo dell’iter processuale, quindi non può bloccare le inchieste. Ecco perché l’11 aprile si aprirà il primo processo. Il Salva-Milano è congelato a Roma e la motivazione è solo una. I senatori vogliono capire quanto il provvedimento peserà sulle casse dello Stato. Quindi, dopo 172 voti favorevoli e 41 contrari alla Camera dei Deputati, ora si sta temporeggiando per fare arrivare la legge in Senato. Oltre al discorso puramente economico c’è anche la preoccupazione che poi il Salva-Milano possa essere applicato in tutta Italia.
La risposta della sinistra
Il sindaco di centro-sinistra rivendica linearità e dinamismo nell’edilizia milanese e nei cantieri ingiustamente bloccati. Il problema è che su questo provvedimento la sinistra sembra essere spaccata. C’è una parte del Partito Democratico che sostiene il Salva-Milano e una parte che, invece, lo critica. Tra il partito dei Verdi c’è grande discordia. A causa del mancato aumento delle zone verdi, della visuale paesaggistica e della mancanza di luce in alcune zone della città, gli appartenenti ai Verdi rispondo all’unanime, criticando fortemente la proposta di legge.