Russia, dissidente Kara-Murza condannato a 25 anni per tradimento

Alt Il dissidente Vladimir Kara-Murza in cella

Vladimir Kara-Murza è stato condannato a 25 anni di detenzione in un carcere di massima sicurezza. La sentenza del tribunale di Mosca arriva dopo un anno dall’arresto del dissidente russo per tradimento. Il quarantunenne, una volta ascoltata la sentenza, ha gridato «La Russia sarà libera». È la condanna più lunga mai inflitta a un oppositore di Vladimir Putin e conferma la dura repressione del dissenso in atto di una massiccia campagna di repressione di ogni opposizione.

Le accuse a Kara-Murza

Il giornalista e politico russo è stato condannato per la «diffusione di informazioni consapevolmente false sulle azioni delle forze armate russe e collaborazione con un’organizzazione indesiderabile in Russia (la Free Russia Foundation, ndr)». Secondo il giudice Sergei Podoprigorov, poi, l’accusa di alto tradimento deriva da una serie di interventi pubblici in cui criticava le politiche di Cremlino in Ucraina.

Alt Vladimir Kara-Murza nella cella durante una delle udienze
Vladimir Kara-Murza nella cella durante una delle udienze

Il 10 aprile, nel corso dell’ultima udienza prima della sentenza definitiva, Kara-Murza aveva ottenuto di pronunciare un’ultima dichiarazione. Si era rifiutato di chiedere l’assoluzione, attaccando duramente il Governo di Mosca. «Sono colpevole solo di una cosa – aveva dichiarato – non sono riuscito a convincere i miei compatrioti e i politici nei Paesi democratici del pericolo che l’attuale regime del Cremlino rappresenta per la Russia e per il mondo».

Il duro attacco al Cremlino

Già collaboratore dell’ex vice premier russo Boris Nemtsov, assassinato nel 2015, Kara-Murza si è impegnato nell’ultimo anno in una forte campagna anti-putiniana.

«Questo è il prezzo da pagare per parlare in Russia oggi», queste le sue ultime parole. «Ma so anche che arriverà il giorno in cui le tenebre sul nostro Paese si dissolveranno. Il giorno in cui il nero si chiamerà nero e il bianco si chiamerà bianco, in cui a livello ufficiale si riconoscerà che due per due fa ancora quattro. In cui una guerra si chiamerà guerra e un usurpatore usurpatore. Il giorno in cui saranno riconosciuti come criminali coloro che hanno acceso e scatenato questa guerra, piuttosto che coloro che hanno cercato di fermarla».

Nel 2021 il gruppo investigativo Bellingcat ha rivelato che Kara-Murza era scampato a due tentativi di avvelenamento, nel 2015 e nel 2017. In quei casi, era pedinato dalla stessa unità speciale della FSB (Servizio di Sicurezza Federale) che nel 2020 tentò di avvelenare un altro dissidente, Alexei Navalny

«Arriverà un giorno migliore. È inevitabile, così come la primavera sostituisce anche l’inverno più freddo. E allora la nostra società aprirà gli occhi e inorridirà di fronte ai crimini tremendi che sono stati commessi in suo nome». Forse proprio per questo Kara-Murza ha sempre rifiutato di lasciare la Russia, nonostante fosse ben consapevole degli enormi pericoli che correva.

Le reazioni dal mondo

L’Onu, appena appresa la notizia, ha richiesto il suo immediato rilascio. A ciò, subito ha fatto eco la medesima richiesta da parte della portavoce del ministero degli Esteri tedesco, Andrea Sasse. La Novaya Gazeta, giornale indipendente russo, aveva definito la richiesta dell’accusa «un evidente ritorno al terrore staliniano» denunciando i capi d’accusa come esclusivamente repressivi.

Il ministro degli esteri inglese, James Cleverly, ha sottolineato come «la mancanza di impegno della Russia nella protezione dei diritti umani fondamentali sia allarmante». Ma tra denunce pubbliche e indignazioni ufficiali, Putin sembra operare ancora indisturbato a Mosca.

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