Lunedì 12 giugno, i ministri del Lavoro dei 27 Paesi dell’Unione europea hanno raggiunto un accordo sulla direttiva che regolerà i contratti dei lavoratori delle piattaforme digitali. Questi saranno considerati dipendenti, e non più autonomi, al soddisfacimento di tre dei sette criteri contenuti nel provvedimento, nel quale si trovano indicazioni sui limiti massimi delle paghe che i lavoratori possono ricevere, sulle restrizioni alla loro capacità di rifiutare proposte d’impiego, sulle regole che ne disciplinano l’aspetto o il comportamento. In aggiunta, il Consiglio dell’Unione europea, che riunisce periodicamente i ministri dei singoli Paesi in base alle loro competenze, ha proposto obblighi rafforzati di trasparenza nell’uso di algoritmi, per il quale si prevede una supervisione umana, soprattutto in decisioni importanti come quella di sospendere l’account di un lavoratore.
Circa 5,5 milioni di impiegati, sui 28 milioni del settore, saranno interessati dalla direttiva. Tra di essi sono compresi non solo gli autisti di Über e i rider, ma anche lavoratori domestici e professionisti a chiamata che si appoggiano a piattaforme digitali. Considerati come autonomi, quando in realtà per le regole che devono rispettare e le restrizioni a cui sono sottoposti sono dei veri e propri dipendenti, si vedono negati diritti come il salario minimo (dove è presente), malattia, ferie e contributi.
Le parti in gioco nell’approvazione della direttiva
La decisione arriva dopo un lungo procedimento che vede dialogare le tre istituzioni dell’Unione europea coinvolte nel processo legislativo: Commissione, Parlamento e Consiglio dell’Ue. A fine 2021, la prima aveva presentato una direttiva secondo la quale, per essere considerati dipendenti, le condizioni di lavoro degli impiegati dovevano soddisfare due criteri dei cinque usati per descrivere le varie mansioni. La palla è passata poi al Parlamento che, a febbraio scorso, ha proposto di far ricadere sulle piattaforme digitali l’obbligo di dimostrare che i lavoratori siano effettivamente autonomi. Ha chiesto inoltre che gli algoritmi diventino oggetto di contrattazione tra piattaforme e sindacati.
In tutto questo, le piattaforme premono per un allentamento delle misure in corso di discussione, mentre i sindacati auspicano il contrario, temendo che le deroghe nazionali possano di fatto annullare le decisioni dell’Unione.
La strada verso l’approvazione della direttiva è ancora lunga, ma l’accordo tra i Governi dei Paesi dell’Ue fa ben sperare, tanto che la relatrice del Pd al Parlamento europeo, Elisabetta Gualmini, ha dichiarato che spera si possa giungere a risultati concreti entro la fine dell’anno.