Repubblica Centrafricana: abolita la pena di morte

L’Assemblea nazionale della Repubblica Centrafricana ha votato, per acclamazione, la legge che abolisce la pena di morte. Prima di entrare in vigore, dovrà essere promulgata dal Presidente della Repubblica, Faustin Archange Touadéra.

Nella Repubblica Centrafricana l’ultima esecuzione di una condanna a morte risale al 1981, quando furono fucilate sei persone condannate per omicidio. «Siamo molto soddisfatti, ma consapevoli che sarà necessario sensibilizzare la popolazione» ha dichiarato Bruno Gbiegba, avvocato e coordinatore della campagna per l’abolizione. Già nel 2020 era stata abolita nel Ciad e nel 2021 in Sierra Leone.

L’uso della pena di morte nel mondo
Esecuzioni registrate tra il 2010 e il 2021

Il rapporto di Amnesty International ha registrato un incremento del 20% nel numero di esecuzioni a livello globale, che sono passate da almeno 483 nel 2020 ad almeno 579 nel 2021. Il ricorso alla pena di morte è aumentato da parte di 18 Paesi. Iran, Egitto e Arabia Saudita sono responsabili dell’80% di tutte le esecuzioni accertate, rispettivamente con 314, 83 e 65 esecuzioni.

Repubblica Centrafricana, guerra civile dal 2013

«In un Paese che conosce un conflitto più che decennale con alti e bassi, è ancora più importante che il Parlamento abbia deciso che la pena di morte non è una soluzione» ha commentato Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International.

La Repubblica Centrafricana (RCA), oppressa da povertà e conflitti, si trova nel cuore del continente africano, divisa tra deserto e foresta equatoriale, ma ricca di risorse naturali, dai diamanti all’oro. Dal 2013 è in corso una guerra civile, inizialmente nata per motivi religiosi. Infatti, i due gruppi principali che si fronteggiavano, i Seleka e gli Anti-Balaka, erano rappresentanti dei due maggiori gruppi religiosi: i musulmani i primi, i cristiani i secondi. L’obiettivo dei Seleka era rovesciare il governo dell’allora presidente François Bozizé.

“Vogliamo la pace”

La causa religiosa, in realtà, è sempre stato un mezzo per appropriarsi di un potere storicamente finito nelle mani di pochi. La corruzione, infatti, è uno dei problemi più gravi che ha inciso sulla storia del Paese perché ogni presidente si è dedicato all’appropriazione indebita dei beni dello Stato, aumentando le fortune della propria famiglia.

Oggi, il conflitto non è ancora terminato. Il governo non è ancora riuscito a fermare completamente l’avanzata dei gruppi armati. Questi, infatti, si sono riorganizzati e impongono sanzioni ai villaggi in cui si stabiliscono.

Carlotta Bocchi

Un libro nello zaino e una canzone nella testa. Scarpe comode per vagare nella mia città, Milano, accogliente e ostile allo stesso tempo. Sono appassionata di cronaca, mafie e criminalità, migrazioni e tematiche sociali.

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