Podcast e giornalismo, Pablo Trincia racconta il disastro di Rigopiano alla IULM

«Il narratore racconta i fatti, perché spesso parlano da soli», lo dice Pablo Trincia davanti a una platea di studenti e insegnanti dell’Università IULM di Milano. Il giornalista è intervenuto in uno degli appuntamenti di Noir in Festival 34, la settimana organizzata dall’università per la letteratura e il cinema noir che quest’anno inizia il 2 dicembre e termina il 7. Con lui anche Debora Campanella e Omar Schillaci che insieme hanno scritto il podcastE poi il silenzio, il disastro di Rigopiano”. È la storia che racconta una delle tragedie più agghiaccianti dell’Italia contemporanea, quella dell’hotel Rigopiano che il 18 gennaio 2017 viene travolto da una valanga che sarà fatale per 29 persone. Un’inchiesta giornalistica narrata in un podcast di 8 episodi e in una docuserie di 5, entrambi usciti quest’anno.

 

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Formato podcast

È una storia, quella dell’hotel Rigopiano, fatta di luci e di ombre. La formula del podcast viene scelta perché è una formula giornalistica vincente che ha la capacità di connettere le persone che lo ascoltano. Quante volte ci è capitato di essere in macchina, o di stare camminando per la strada con i nostri auricolari e ascoltare dalla radio o dal nostro telefono qualcuno che ci racconta qualcosa? Questo è giornalismo, perché attraverso il materiale giudiziario raccolto, con le voci reperite, con emotività e rispetto si riesce a creare una connessione con l’ascoltatore e dare delle informazioni.

Infatti, l’approccio che si utilizza per la creazione di un contenuto podcast segue un metodo giornalistico. Verifica delle fonti, continue interrogazioni chiedendosi cosa si voglia raccontare e come e, poi, i fatti. Vanno riportati così come sono, coscienti che alcune verità non si possono sapere. Avere un podcast permette di avere più spazio e questo consente anche di analizzare cosa possa funzionare meglio per la parte visiva. Per questo motivo è fondamentale la parte di montaggio. Trincia dice che «Il racconto deve muoversi e deve cambiare, si applica la scrittura cinematografica per i podcast».

E, forse, questo è l’aspetto più potente del podcast. La capacità di creare una storia che ascoltata restituisca delle immagini visive dà un senso di vulnerabilità. Ma l’obiettivo è proprio quello perché le storie che ascoltiamo non sono lontane da noi. Secondo Trincia «Sembra di giocare a poker con il destino perché non puoi sapere cosa accadrà». Per questo spiega di come cambia il tono della sua voce in fase di registrazione e di quella sensazione di impotenza e di intrusione che si ha quando si stanno per raccontare storie grandi come quella di Rigopiano.

Il disastro

Debora Campanella sostiene che sia «Difficile da raccontare una storia come quella di Rigopiano da narratori, perché non si ha un cattivo, ma si ha un mondo complesso che va sviscerato». La verità è che Rigopiano poteva succedere a chiunque di noi, visto che tutti noi potevamo essere dentro quell’albergo. Ed è a questo che serve il racconto in forma di podcast. Non è una sentenza, ma restituisce memoria e restituisce dignità. Questo filo rosso si percepisce anche dalla scelta del tiolo, la decisione di utilizzare la parola disastro. Perché si tratta di un disastro umano, causato dagli uomini che sapevano ma non hanno voluto agire.

Si spiega, quindi, l’intreccio, che è sia visivo sia emotivo. Bisognava trovare l’impalcatura giusta che, in questo caso, è stata un connubio tra la narrazione dei fatti, il racconto dei parenti delle vittime e le carte dell’inchiesta giornalistica.

Francesca Neri

Laurea triennale in Storia Contemporanea all'Università di Bologna. Laurea Magistrale in Scienze Storiche e Orientalistiche all'Università di Bologna, con Master di I Livello in African Studies all'Università Dalarna.

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