Mediaset e il cinema italiano: Silvio Berlusconi, la tv commerciale e il grande schermo

Il volume "Mediaset e il cinema italiano"

Una location da favola, Palazzo Vignoli a Milano, per ospitare la presentazione di un libro che racconta un’unione dai caratteri fiabeschi, quella della TV commerciale – nata dal genio imprenditoriale di Silvio Berlusconi – e del cinema italiano. Questo abbraccio tra il mondo delle telecamere e quello delle cineprese è stato racchiuso in Mediaset e il Cinema italiano, testo curato dal Rettore dell’Università IULM Gianni Canova, rinomato critico cinematografico, Professore ordinario di “Storia del Cinema e Filmologia” nella stessa e dal Professore Rocco Moccagatta, anch’egli critico e studioso di cinema, televisione e new media, oltre che docente all’Università IULM.

I relatori alla presentazione del libro "Mediaset e il cinema italiano. FIlm, personaggi e avventure"
Da sinistra a destra: Gianni Canova, Giampaolo Letta, Rocco Moccagatta, Franco Debenedetti, Paola Jacobbi, Giacomo Manzoli

A commentare le imprese dei quarant’anni racchiusi in quest’opera, che dalle parole dei curatori sarebbe potuta essere ancora più sostanziosa, Giampaolo Letta (Vicepresidente e Amministratore Delegato di Medusa Film), Paola Jacobbi (giornalista e critico cinematografico) e il Prof. Giacomo Manzoli, Professore ordinario di “Cinema, Fotografia e Televisione» all’Università di Bologna e Direttore del Dipartimento Arti del medesimo Ateneo. Insieme a loro Franco Debenedetti, Presidente dell’Istituto Bruno Leoni, che ha aperto le danze ricordando che «a Silvio Berlusconi non venne riconosciuto di avere fatto la più importante e più difficile delle liberalizzazioni e, cioè, avere battuto il monopolio di Stato della televisione, la Rai», aggiungendo che «la produzione cinematografica di Mediaset va intesa come un fatto industriale e di cultura. Come per la televisione, ma soprattutto considerando la produzione cinematografica, si tende a dimenticare la rilevanza quantitativa e qualitativa delle imprese di Berlusconi».

Un libro bello da sfogliare, ma ancora di più da leggere, in cui viene condensata la storia di quarant’anni di sostegno di Mediaset al cinema italiano, attraverso tre aziende conosciute come Reteitalia, poi Penta e infine Medusa. Una storia che racconta anche il nostro paese, un’impresa di successo e di come essa sia riuscita a influenzare l’immaginario collettivo nostrano.

Il prof. Gianni Canova
Prof. Gianni Canova

«Questo lavoro è nato da una ricerca collettiva finanziata da Mediaset», spiega Gianni Canova, «mi piace definirla un’opera corale, voluta e sostenuta anche da Fabio Guarnaccia e Federico di Chio, della sezione Marketing Strategico dell’azienda».

Aprendolo possiamo guardare sotto i tappeti, cercare quelle storie che non sono state raccontate, come scoprire che Nanni Moretti, all’inizio della carriera, aveva girato un film grazie ai finanziamenti di Berlusconi, per poi capire che forse avrebbe dovuto produrseli autonomamente, considerate anche le opposte opinioni politiche.  Come spiega Giampaolo Letta «si tratta di una storia mai raccontata o raccontata poco, in maniera frammentata», che sottolinea anche lo snobismo ricevuto dalle aziende del Cavaliere da parte del cinema, della politica e del giornalismo. Aziende nelle quali, come racconta Letta «hanno sempre regnato libertà e pluralismo».

Un volume necessario per diversi aspetti, essendo il tassello che mancava nella ricostruzione storica di questo settore della cultura del nostro Paese. L’ultima pubblicazione al riguardo è del saggista e critico Goffredo Fofi e arriva fino al 1985. Tutti gli altri libri si concentrano su attori e registi, trascurando invece il settore delle case di produzione, che, invece, ha molta rilevanza, come evinciamo dalle parole di Paola Jacobbi, secondo la quale «spesso si ricorda la frase “il teatro è degli attori e il cinema dei registi”, dimenticandosi, però, che il cinema è anche dei produttori».

Paola Jacobbi
Paola Jacobbi, autrice e giornalista freelance. Collabora, tra gli altri, con Vanity Fair

Un testo che permette di analizzare, senza panegirici ma con occhi da storico, l’operato di Berlusconi nel cinema, con pregi, intuizioni non comprese all’epoca, che venivano talvolta prese anche in giro, e qualche dettaglio sconosciuto ai più. «Storie di rilievo che ci ricordano», come racconta Jacobbi, «tutte le volte in cui la televisione ha sostenuto il cinema e quelle in cui il cinema ha sostenuto la televisione, sia in termini di travaso di contenuti sia in termini di produzione».

Un sostegno reciproco, nato dall’intuizione di Silvio Berlusconi, il quale, come racconta Giampaolo Letta «intuì il valore e la potenza del cinema, non solo come un contenuto per le sue televisioni, ma scorgendo le potenzialità di un business a sé stante». E aggiunge: «voleva creare un gruppo integrato verticalmente, cioè che si occupasse di produzione, distribuzione, esercizio, avesse sale cinematografiche e poi permettesse tutti i successivi utilizzi. Berlusconi è stato accusato di aver ucciso o compresso la concorrenza, ma in realtà l’ha creata. Ha fatto nascere la televisione commerciale rompendo il monopolio della Rai, alla fine degli anni 70 e inizi 80. In seguito, lo ha fatto anche nel cinema. La TV di stato prima non produceva film. Il cinema in tv l’ha introdotto proprio lui».

PIÙ DI 40 ANNI DI CINEMA: RETEITALIA, PENTA, MEDUSA

Dalla fondazione di Reteitalia a metà degli anni Ottanta, passando per l’acquisizione di Medusa, che diventerà la casa di produzione più longeva e di successo del gruppo, fino ad arrivare a Penta (joint venture paritaria tra Silvio Berlusconi e i fratelli Cecchi Gori, che naufragherà proprio per i contrasti all’interno della proprietà). Sotto la loro ala hanno trovato spazio registi diversissimi tra loro, quasi tutti i generi del cinema, grandi successi internazionali: due degli ultimi tre oscar italiani, Mediterraneo di Gabriele Salvatores e La grande bellezza di Paolo Sorrentino, sono stati prodotti rispettivamente da Penta e Medusa. Una commistione tra stile alto e stile basso, un “laboratorio anarchico”, come lo ha definito Gianni Canova, che, a dispetto del sentire comune e del ruolo politico di Berlusconi, ha conferito molta libertà agli artisti che si rivolgevano alle case di produzione Mediaset.

Dei luoghi dove sono nate anche grandi intuizioni, spesso snobbate dai giornali romani dell’epoca, nota Moccagatta. Del tutto nuova per l’Italia l’idea di fare scouting nel mondo della tv, del cabaret (da dove provengono, tra gli altri, Diego Abatantuono, Jerry Calà e Checco Zalone) e della moda: un capitolo del libro è intitolato La più bella del reame. L’invenzione di Carol Alt, modella americana molto popolare negli anni Ottanta. Decade, ricorda Paola Jacobbi, «in cui lo star system italiano era in pieno passaggio generazionale e in cui si guardava di più ai successi americani». All’avanguardia l’idea di far diventare Penta e Medusa case di produzione che si occupassero anche della distribuzione dei prodotti, dell’home video, della tv, sul modello delle grandi major americane.

Il prof. Gianni Canova (sx) e Gianpaolo Letta (dx)
Il prof. Gianni Canova (sx) e Gianpaolo Letta (dx)

Scelte che non solo hanno segnato rivoluzionato il mondo del cinema, ma che hanno anche inciso profondamente nella società, tanto che «sfogliare il libro è come ripercorrere un album dei ricordi, vedere come siamo e come eravamo». A tal proposito, Moccagatta ricorda film che hanno segnato e rappresentato un’epoca: Sposerò Simon Le Bon (1986, produzione Reteitalia), che quando uscì  fu oggetto di alzate di spalle e commenti indecisi e che ora è un pezzo dell’immaginario della nostra società, rappresentando ciò che sono stati gli Anni 80 italiani e, cioè, gli anni di Reteitalia. Con il tempo, anche altre produzioni divennero delle pietre miliari del nostro scenario, come la serie di Vacanze di Natale o le più recenti di Checco Zalone.

«Un’opera che vuole riparare un danno, colmare un vuoto, rimediare a un errore» dice Gianni Canova, che sottolinea, «Il cinema italiano non sarebbe quello che è se non ci fossero stati marchi come Reteitalia, Penta e Medusa a produrre cinema commerciale e d’autore. Occorre dare a Cesare quel che è di Cesare».

Valeria Boraldi

Nata a Carpi e con il cuore a forma di tortellino. Milano è la mia seconda casa e il giornalismo televisivo la mia grande passione. Un gatto, Piru, che mi riempie la vita d'amore e lo spirito libero di una curiosa viaggiatrice. Amo leggere e mangiare cioccolata. Tanta cioccolata.

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