C’è chi titola “Terremoto Di Maio”, chi lo chiama “il funerale del grillismo”, chi “polvere di 5 Stelle”, nella mattina del 23 giugno. Luigi Di Maio, attuale ministro degli Esteri, lascia il Movimento 5 Stelle. Parla di scelta sofferta, in un partito che soffriva di troppe ambiguità.
Un altro addio
Gli addii sembrano essere ormai prerogativa del M5S, che da anni vede allontanarsi capi politici e figure d’influenza. Di Battista l’ultimo, 60 deputati e 11 senatori i prossimi. Luigi Di Maio assicura che nella nuova realtà non ci sarà spazio per odio, populismi, sovranismi, personalismi, superficialità. E mentre muore la maggioranza di governo del Movimento 5 Stelle, che con la scissione non è più il primo gruppo in Parlamento, nasce “Insieme per il futuro”. I numeri di chi lo seguirà non sono ancora definitivi ma sembrano circa sessanta i parlamentari che seguiranno Di Maio nella nuova avventura politica.
Operazione verità
Operazione verità è il nome che Di Maio ha dato alla sua mossa politica, poco dopo che Mario Draghi ha incassato il sì della maggioranza al Senato, con 219 voti, per proseguire nel sostegno all’Ucraina. Anche il ministro degli Esteri appoggia il premier, garantendo che questo voto netto rafforzerà il governo e risolleverà l’immagine dell’Italia all’estero.
Draghiano
Nella conferenza stampa alle 21.30 di martedì 22 giugno, Luigi Di Maio fa il suo assolo e racconta una scissione più che annunciata. Dall’altro lato, metaforico, del tavolo c’è Giuseppe Conte, a cui il ministro degli Esteri ha appena portato via una fetta consistente di partito. Il rivale lo accusa di aver “picconato” il governo per ottenere qualche voto alle urne. Tra le colpe dell’ex presidente del Consiglio ci sarebbe, secondo il ministro, quella di aver messo sotto cattiva luce Mario Draghi che, ad oggi invece, sembra essere tra i preferiti di Luigi Di Maio. Ironizza su questa vicinanza anche nella conferenza stampa, accennando a chi lo definisce “draghiano” che il premier e le sue scelte sono motivo di orgoglio per tutto il paese.
“Ancora no”
Il Movimento di Giuseppe Conte perde il suo primato in Parlamento, lasciando il posto alla Lega che conta 132 membri a Montecitorio. Intanto smentisce fermamente l’uscita del governo, notizia trapelata dalle fonti di Bloomberg ma subito contestata con una nota ufficiale del M5S.