L’Iran in guerra, ma non contro Israele

L’Iran bombarda Iraq, Siria e Pakistan. Il regime degli ayatollah ha dispiegato un bombardamento massiccio con sciami di droni e 24 missili balistici, che hanno raggiunto distanze fino a 1200 chilometri. Obiettivi principali, le basi dei fondamentalisti islamici a Idlib (Siria), un presunto “quartier generale del Mossad” a Erbil (Iraq) e la regione del Baluchistan (Pakistan).

Il quartier generale del Mossad in Iraq

Secondo le Guardie della rivoluzione islamica (Irgc), appena fuori Erbil (Iraq) si sarebbe nascosto «uno dei principali quartier generali dello spionaggio del regime sionista». In particolare, come si legge nel comunicato dei Pasdaran, il centro sarebbe servito per la «pianificazione di azioni terroristiche nella regione e in Iran», con un chiaro riferimento al raid israeliano che ha portato alla morte del generale iraniano Mousavi a Damasco.

Il bombardamento ha causato quattro morti e sei feriti, tutti civili iracheni. Non sono però chiari possibili danni a strutture del Mossad. Le esplosioni hanno poi dato vita ad alcuni incendi, che si sono propagati nelle vicinanza del consolato degli Stati Uniti nella regione e all’aeroporto di Erbil, sede di molti contingenti internazionali. Washington ha subito specificato però di non essere stata colpita, raffreddando la situazione.

I risultati dell'attacco iraniano a Erbil.
I risultati dell’attacco iraniano a Erbil.

D’altro canto, anche Teheran si è mossa nella stessa direzione. Gli ayatollah hanno evitato di inserire riferimenti alla guerra a Gaza nel comunicato di rivendicazione. Sottolineando il fatto che sì, hanno colpito l’intelligence israeliana e “vendicato” Mousavi. Ma l’hanno fatto senza attaccare direttamente lo Stato Ebraico, per evitare un allargamento difficile da gestire.

Idlib e l’ISIS

Questione diversa quella di Idlib. Per i Pasdaran, il bombardamento in Siria è solo l’inizio della vendetta per l’attentato di Kerman, l’attacco terroristico che il 4 gennaio ha sconvolto l’Iran sulla tomba del generale Qassem Soleimani, provocando la morte di 100 persone.

Il bombardamento però, come sottolineato da diversi analisti, ha colpito alcune milizie islamiste nel nord-ovest della Siria che non hanno legami con i responsabili dell’attentato. Infatti, la paternità dell’attentato a Kerman è stata attribuita all’ISIS-K, una branca regionale dello Stato Islamico che è nata nella provincia del Khorasan, in Afghanistan.

Miliziani dell'ISIS-K in Afghanistan.
Miliziani dell’ISIS-K in Afghanistan.

Dunque, se veramente Teheran avesse voluto colpire i combattenti dello Stato Islamico, avrebbe dovuto attaccare i mujaheddin sunniti che si addestrano in Afghanistan. E che si infiltrano insieme ai profughi in Iran per colpire dall’interno gli sciiti iraniani. Realizzare un’operazione del genere richiede però innumerevoli sforzi economici, di intelligence e, soprattutto, un’invasione di campo in territorio talebano.

Invece, la zona di Idlib è una zona priva di controllo, così come il Kurdistan iracheno, non difeso veramente da Baghdad, in cui è più facile realizzare operazioni militari ad alto impatto scenografico.

I droni iraniani in Baluchistan

Gli attacchi iraniani hanno interessato anche il Pakistan. Teheran ha utilizzato uno sciame di droni per oltrepassare il confine con Islamabad e colpire le basi del gruppo terroristico Jaish al Adl nella regione del Baluchistan, al confine tra i due Stati.

Mappa della provincia del Sistan e del Baluchistan.
Mappa della provincia del Sistan e del Baluchistan.

Questa zona è una vera e propria polveriera. Negli ultimi mesi, alcuni militanti separatisti sunniti della regione hanno realizzato attacchi contro strutture governative iraniane nella provincia del Sistan, confinante con il Baluchistan pakistano. In questa regione di Teheran, risiede una minoranza baluca che soffre da tempo pesanti discriminazioni da parte della Repubblica Islamica. Inoltre, dopo gli episodi di Mahsa Amini, la ragazza uccisa a 22 anni dalla polizia morale del regime per non aver indossato il velo,  la regione ha visto crescere la repressione violenta di proteste.

 

A cura di Ettore Saladini

Ettore Saladini

Laureato in Relazioni Internazionali e Sicurezza alla LUISS di Roma con un semestre in Israele alla Reichman University (Tel Aviv). Mi interesso di politica internazionale, terrorismo, politica interna e cultura. Nel mio Gotha ci sono gli Strokes, Calcutta, Martin Eden, Tondelli, Moshe Dayan, Jung e Wes Anderson. In futuro mi vedo come giornalista televisivo.

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