La legge che dichiara la gestazione per altri un “reato universale” è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 18 Novembre. Salvo diverse indicazioni, il testo, firmato da Mattarella prima della sua partenza in Cina, entrerà in vigore tra quindici giorni.
Il nuovo reato universale
La legge prevede che chiunque faccia ricorso alla gestazione per altri sia punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con una multa da 600.000 a un milione di euro. Il reato, inoltre, viene configurato come universale, in quanto è prevista la perseguibilità in Italia anche se il reato viene commesso all’estero, al pari di reati come la tortura, la riduzione in schiavitù, il terrorismo o il genocidio. Per questi reati, tuttavia, è previsto un minimo di pena edittale di 3 anni a causa del loro grande disvalore sociale. Dunque, per rientrare nella categoria, il cosiddetto «ddl Varchi» rappresenta perfino una legge speciale che possa derogare a questo principio generale.
A livello internazionale, la gestazione per altri è legale in ben 66 Paesi, regolamentata sia in forma solidaristica che in forma remunerata. In Grecia, ad esempio, viene autorizzata caso per caso dal tribunale, mentre in Ucraina è consentita solo alle coppie eterosessuali, con la condizione che il bambino abbia il patrimonio genetico di uno dei genitori.
Per questo motivo, risulta lecito domandarsi come mai l’Italia non abbia deciso di regolamentare questa pratica, ma abbia al contrario optato per una soluzione più drastica.
La scelta delle parole
Il linguaggio usato nel dibattito politico gioca un ruolo importante. La scelta di usare un termine piuttosto che un altro per indicare la gestione per altri comporta spesso una presa di posizione. L’espressione “utero in affitto” evoca indubbiamente una connotazione negativa, suggerendo un’idea di sfruttamento commerciale del corpo femminile. La scelta consapevole di queste parole annulla anche una differenza sostanziale che sussiste tra maternità surrogata solidale, basata su legami affettivi, e quella remunerata, che invece può essere associata allo sfruttamento economico di donne vulnerabili.
I numeri
Non esistono dati certi riguardo ai genitori che ricorrono alla maternità surrogata, indipendentemente dall’orientamento sessuale. Tuttavia, alcune stime suggeriscono come ogni anno circa 250 coppie scelgano questa strada, con una netta prevalenza, circa il 90%, di coppie eterosessuali. Le coppie gay tendono a essere percepite come più numerose perché risultano immediatamente riconoscibili. Nel caso di due padri, è evidente che i bambini siano nati attraverso la maternità surrogata, poiché in Italia l’adozione è vietata alle coppie dello stesso sesso. In altri Paesi europei, invece, è possibile per coppie gay adottare, ma questo richiede spesso una lunga residenza stabile, un requisito che esclude gran parte degli italiani.
Le coppie eterosessuali che scelgono la surrogata, al contrario, fanno spesso di tutto per mantenere la massima discrezione. Solitamente, i genitori si recano in quei Paesi ove è consentito praticare la Gpa e rientrano con un certificato di nascita estero, nel quale risultano registrati come padre e madre del neonato, senza menzionare in alcun modo il coinvolgimento di una madre surrogata. Questo atteggiamento nasce dal timore che possano sorgere problemi legali, inclusa la possibilità di perdere la custodia dei figli.
Il dibattito politico
Esponenti di Fratelli d’Italia hanno definito la pratica come una forma di “schiavitù moderna” che porta al “commercio di bambini”, accusando i ricchi di sfruttare donne vulnerabili.
Dall’altra parte, le opposizioni, tra cui PD, M5S, AVS e Italia Viva, hanno sottolineato la necessità di regolamentare piuttosto che vietare la gestazione per altri. Hanno denunciato come questa legge colpisca in particolare tre categorie: le persone nate da Gpa, che rischiano di essere stigmatizzate; le coppie omosessuali maschili, spesso bersaglio di controlli e sanzioni; e le donne considerate vittime, negando loro il diritto di scelta.
La posizione di Mattarella
La legge si inserisce tra le normative che il Presidente Mattarella potrebbe aver considerato non del tutto condivisibili. In un recente discorso, tenuto per i 25 anni dell’Osservatorio Permanente Giovani-Editori, Mattarella ha infatti affermato: «Mi è capitato più volte di promulgare leggi che non condividevo affatto. Il presidente non promulga solo leggi di evidente incostituzionalità, non basta un dubbio altrimenti usurperei i compiti della Corte costituzionale».
Non è dato sapere se tra queste leggi ci sia anche quella contro la Gpa, ma il dubbio sorge facilmente trattandosi di un disegno di legge che ha sollevato non poche controversie proprio riguardo alla sua legittimità.