Giovedì 15 dicembre presso l’Università IULM si è tenuto il seminario sul giornalismo dal titolo “La formazione dell’opinione pubblica nell’era degli algoritmi”. Si è discusso dell’impatto dei nuovi metodi di diffusione delle notizie sulle società post-analogiche e sulle comunità virtuali. Il seminario è stato approvato dall’Ordine Nazionale dei Giornalisti come valido per la formazione professionale dei giornalisti.
Il convegno si è aperto con l’introduzione di Daniele Manca, vicedirettore del Corriere della Sera, che ha difeso la professione giornalistica. «se la società pensa di fare a meno del giornalismo è un problema della democrazia». Si sono poi susseguiti gli interventi degli ospiti presenti.
Fact-checking e ricerca della verità
Il presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia Riccardo Sorrentino ha aperto l’incontro parlando del “fact-checking” e della necessità per il giornalista di lavorare sul “disvelamento del falso”. Rifondare il giornalismo è una sfida economica ma anche etica, finalizzata alla verifica accurata dei fatti nella battaglia contro le fake news.
Míriam Díez Bosch – direttrice dell’osservatorio Blanquerna di Comunicazione – in collegamento da Barcellona allarga il discorso alle difficoltà nel fare emergere la verità in una società digitale. Sui social ognuno vede la verità a suo modo, col rischio di generare più interpretazioni dello stesso fatto. L’esperta ha aggiunto una provocazione sulle eco-chambers. Si tratta di spazi virtuali dove gli utenti creano un ecosistema in cui risuonano le stesse opinioni. Ha concluso affermando: «non vedo i social media come uno specchio della società, ci servono per disturbarci, per fornirci contenuti non confortevoli».
Media Freedom Act e libertà di stampa
Roberto Viola ha portato il suo contributo sul tema del Media Freedom Act, un progetto legislativo ancora in fase di discussione a Bruxelles. Viola ha sottolineato l’importanza del provvedimento «finalizzato alla creazione di un audit indipendente che valuti la presenza e il funzionamento dei metodi di controllo degli algoritmi».
D’accordo con Viola anche la Bosch. «Il Media Freedom Act non va visto come una regolazione imposta dei media. Ma come una cornice in cui gli stessi possono operare senza restrizioni». Secondo l’esperta, in Europa non c’è necessità di nuove regolazioni ma è vitale una nuova cornice legislativa per proteggere i giornalisti e i gruppi mediatici.
Inoltre Roberto Viola ha specificato che Il Media Freedom Act tutela la professione giornalistica, introducendo garanzie processuali della libertà di stampa, di informazione e di ricerca. Le tutele renderanno più complesso, ai fini investigativi, sequestrare i dispositivi elettronici personali di un giornalista e accedere alle sue fonti.
Cultura in tempo reale e “presentismo”
Guido Formigoni, professore di storia contemporanea della IULM, ha parlato dei vantaggi e dei rischi di una cultura “in tempo reale”. Secondo lo studioso, la corsa alle notizie dell’ultimo secondo rischia di sfociare nel “presentismo”, un condizionamento che ci porta a privilegiare le esperienze dell’attimo presente.
«Oggi è importante avere tutto in diretta, come nel caso della borsa, in cui un singolo istante può determinare le fortune di ciascuno». Lo storico ha poi concluso con una riflessione: «L’eccesso di informazione ci soffoca tutti, soffoca la prospettiva temporale e la presa di distanza critica dai fatti».
Anche secondo Viola, quella col digitale «è una battaglia contro le macchine, che tendono a portare l’opinione pubblica verso informazioni non verificate». L’immediatezza del presentismo può essere risolta solo attraverso il metodo giornalistico, inteso come «una operazione di mediazione professionale».
Chi sarà il giornalista del nuovo millennio
«Il giornalismo è stato ingegnerizzato», ha sottolineato il vicedirettore del Corriere Daniele Manca. Ha aggiunto che «l’avvento delle piattaforme tecnologiche come Microsoft e Google ha avuto un impatto sul giornalismo anche maggiore rispetto al passaggio dalla carta stampata al digitale. C’è stata una scalata al giornalismo di queste piattaforme».
Lo stesso Manca ha fatto una riflessione sul nuovo ruolo del giornalista: «prima il giornalista era tale perché scriveva o lavorava per una testata, oggi non è il medium a definirci, ma il metodo».