La Brexit torna a turbare l’Irlanda del Nord. Arlene Foster, leader del Democratic Unionist Party fedele al Regno Unito, e primo ministro del Paese, ha annunciato le sue dimissioni. Il 28 maggio 2021 infatti, la Foster lascerà la guida del partito e il 1 giugno quella dell’Irlanda del Nord. La causa è la lettera di sfiducia firmata dall’Assemblea del DUP oltre che da quattro parlamentari.
Un privilegio
«È stato un privilegio – ha dichiarato la democratica – servire il popolo dell’Irlanda del Nord come primo ministro e rappresentare il mio collegio elettorale di Fermanagh / South Tyrone». La Foster, cinquant’ anni, era alla guida dell’Irlanda del Nord dal gennaio del 2021. Aveva già ricoperto la carica nel 2016, come capo del partito più votato del Parlamento di Stormont. Ed è stata la prima donna nella storia dello Stato a ricoprire insieme tali incarichi.
«La mia elezione a leader del Democratic Unionist Party ha rotto un soffitto di vetro e sono felice di aver ispirato altre donne ad entrare in politica e di averle spronate ad assumere una carica elettiva» ha aggiunto. Ha posto poi l’attenzione sulle critiche misogene a cui spesso sono sottoposte le figure politiche femminili. «Voglio incoraggiarvi ad andare avanti e non lasciare che i linciaggi online vi abbattano».
Il premier britannico Boris Johnson esprime la sua solidarietà alla nordirlandese
I want to thank Arlene Foster @DUPleader for her dedication to the people of Northern Ireland over many years. She will continue to play a vital role as First Minister until June and I hope that she stays in public service for years to come.
— Boris Johnson (@BorisJohnson) April 28, 2021
La corsa alla leadership è aperta
Le dimissioni della Foster sarebbero state fortemente volute. A Stormont e Westminster, a Londra, la popolazione sarebbe stata per circa l’80% favorevole ad un cambio di leadership.
Circa 22 dei 27 membri dell’Assemblea legislativa del DUP e quattro parlamentari avrebbero firmato una lettera di sfiducia alla prima ministra.
Sono pochi i candidati disposti a sostituire la Foster alla leadership del DUP. Sarà la prima volta in cinquant’anni in cui si terranno delle elezioni interne al partito. Dalle urne uscirà probabilmente l’orientamento degli unionisti irlandesi su questioni molto delicate per il futuro di Belfast. Prime fra tutte la Brexit.
Il casus belli
Proprio il leave del Regno Unito dall’Unione Europea è stato responsabile della perdita di credibilità della Foster. Per non incentivare una rottura con la Repubblica del sud, si è stabilito di spostare il confine tra Londra e Bruxelles nel Mare d’Irlanda.
Lo stato settentrionale dell’isola è rimasto così sottoposto alla legislazione europea e fatica a godere dei vantaggi economici promessi da Brexit. Non è però finita: il compromesso sulla frontiera, il così detto backstop, ha complicato i commerci di Belfast con il resto della Gran Bretagna. Questo ha acuito le tensioni sia da parte degli unionisti, favorevoli alla Brexit e sostenitori di Boris Johnson, sia da parte degli indipendentisti, che da sempre sperano in un legame più saldo con Dublino.
Ad aumentare il clima di malcontento, hanno contribuito anche le recenti proposte di modifica alle leggi sull’aborto, oltre l’impegno per implementare una legge sulla lingua irlandese, particolarmente preoccupante per gli altri membri del DUP. Per molti osservatori, dunque, le dimissioni di Foster erano inevitabili.