Più di cento morti e impiccagione per i leader della protesta. L’Iran è sempre più nel caos in seguito alle manifestazioni contro l’aumento del prezzo della benzina. La Guida suprema, Ali Khamenei, ha minacciato la pena capitale dalle pagine del quotidiano conservatore Kayhan, mentre Amnesty International ha rilasciato un primo grave bilancio delle vittime degli scontri.
L’ayatollah ha definito «criminali ingaggiati dall’esterno» i promotori delle manifestazioni, che saranno accusati di ribellione, reato punibile sia a livello legale che religioso con la morte. Secondo l’agenzia Fars, sono state arrestate persone con doppia nazionalità e legami con servizi d’intelligence stranieri, tra cui tedeschi, turchi e afghani.
Secondo il report di Amnesty International sarebbero 106 i morti, un numero che è destinato a salire: alcune fonti parlano infatti di più di 200 vittime. Dati che non vengono né confermati né smentiti dal Governo di Teheran, che non ha diffuso notizie riguardanti arresti, feriti e morti.
Amnesty International basa le proprie stime su «filmati verificati, testimonianze raccolte sul terreno e informazioni» da parte di attivisti residenti fuori dal Paese. In uno dei filmati è possibile vedere «cecchini che sparano sulla folla dai tetti di edifici e, in un caso, da un elicottero». Secondo l’organizzazione, le unità di sicurezza avrebbero trascinato via i corpi privi di vita da strade e ospedali senza fornire motivazioni ai familiari.
Internet nel frattempo continua a rimanere oscurato. Netblocks, il sito che monitora le reti nel mondo, riferisce che l’Iran è solo al 4% dei livelli normali. Gli unici media online sono quelli statali, che stanno attuando una forte censura al movimento. La tv di Stato ha mostrato solamente immagini di alcuni corani bruciati fuori da una moschea di Teheran e manifestazioni a favore del Governo. Una mossa per mettere sotto una cattiva luce la protesta e allo stesso tempo minimizzarla.