Il progetto sionista, l’Italia e le donne

È dal 7 ottobre 2023, quando si sono riaccesi gli scontri tra Israele e la Striscia di Gaza, che si è tornati a parlare di sionismo. Spesso, si confonde questo termine con accezioni religiose che hanno la loro importanza, ma non sono sufficienti a sviscerare l’ideologia che sta alla base del movimento sionista. Quindi, cosa intendiamo davvero quando parliamo di sionismo? La radice dalla quale prende vita questo movimento è Siòn, ovvero l’appellativo con il quale la popolazione ebraica chiama Gerusalemme.

Le radici storiche e l’ideologia politica

Il sionismo si sviluppa in Europa alla fine dell’800. Padre fondatore del movimento è Theodor Herzl che, turbato dal propagarsi dell’antisemitismo francese a seguito del caso Dreyfus, scrive il libro “Lo Stato Ebraico”. Il titolo ci accoglie nell’interpretazione, il sionismo è il movimento politico che sostiene la necessità di incrementare l’appartenenza della cultura ebraica attraverso la creazione di uno stato ebraico. In questo contesto, si spiega la creazione, nel 1908, della città di Tel Aviv.

L’architettura dalla quale prende forma il movimento sionista non si discosta molto dagli altri nazionalismi che nacquero nel ‘900. Il fatto che gli ebrei siano stati vittime di persecuzioni e vessazioni delinea i contorni degli obiettivi sionisti. I nazionalismi trovano linfa vitale nella rivendicazione di una terra ma, soprattutto, nell’ideologia di appartenenza, alla cui base, deve esserci una collettività. A questo punto, la religione, la cultura, la storia, di intere comunità diventano un denominatore all’interno della popolazione che, volutamente, si distacca, a volte chiudendosi, da tutto ciò che viene considerato diverso.

Theodor Herzl, padre fondatore del movimento sionista
Theodor Herzl, padre fondatore del movimento sionista

Il sionismo diventa una sorta di involucro protettivo, una corazza, attraverso la quale estraniarsi dal riaccendersi delle spinte antisemite europee. In questo contesto, la neonata città di Tel Aviv, si presenta come la terra promessa, un luogo sicuro dove ricominciare.

Il caso italiano

Come tutti i movimenti politici e culturali, il sionismo non ha attecchito in tutta Europa allo stesso modo. Rispetto a Germania e Francia, dove da fine Ottocento si registra un innalzamento importante di antisemitismo, la popolazione ebraica in Italia si è sempre integrata quasi completamente.

Ebrei italiani
Ebrei italiani

Gli ebrei italiani avevano partecipato al Risorgimento, ricoprivano ruoli importanti all’interno della società e prendevano attivamente parte all’attività politica del Paese. Ciò non toglie che, del movimento sionista, se ne parlasse anche in Italia. Eppure, nella penisola, il sionismo veniva trattato più con uno sguardo culturale e religioso invece che come progetto politico. La popolazione ebraica trovava nel sionismo più un’opportunità per rallentare la completa assimilazione alla società italiana, piuttosto che un reale scopo politico.

Il sionismo e la donna

Ma c’è anche un altro discorso che caratterizza gli ebrei italiani rispetto al resto d’Europa e comprende in maniera forte soprattutto la popolazione femminile. Nel progetto sionista la donna doveva partecipare attivamente alla costruzione del nuovo stato ebraico. Ma la struttura sociale, sopra la quale avrebbe dovuto costruirsi la nuova patria, era strettamente patriarcale. Questo significa che, mentre gli uomini avrebbero dato le fondamenta politiche, partecipato alle attività economiche, posto le basi della società a Siòn, le donne avrebbero dovuto occuparsi delle incombenze casalinghe.

La donna veniva vista come il collante all’interno della famiglia ebrea. L’unica in grado di tramandare la cultura e gli insegnamenti ebraici tra le generazioni. Peccato che, le ebree italiane, avessero preso parte al Risorgimento e, in realtà, avessero contribuito notevolmente anche nella Prima Guerra Mondiale, al fianco delle italiane. Così come le donne italiane non potevano vedersi, a seguito di questi importanti appuntamenti, relegate nella sola sfera casalinga, lo stesso valeva per le donne ebree italiane. L’assimilazione della popolazione ebraica in Italia e il contributo che diede alla creazione dello Stato spiega perché le spinte sioniste non ebbero gli echi sperati nella penisola.

Francesca Neri

Laurea triennale in Storia Contemporanea all'Università di Bologna. Laurea Magistrale in Scienze Storiche e Orientalistiche all'Università di Bologna, con Master di I Livello in African Studies all'Università Dalarna.

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