Dopo otto anni di silenzio, i Club Dogo tornano con un nuovo disco. Il progetto, che porta il loro stesso nome, è uno dei dischi più attesi dell’anno e anticipa il ritorno dei tre artisti anche dal vivo. Il gruppo hip hop ha infatti in programma dieci date già sold out sul palco del Mediolanum Forum di Assago e ha appena annunciato un concerto a San Siro per il prossimo 28 giugno.
Un ritorno annunciato
La notizia del ricongiungimento del gruppo ha raggiunto i fan il 20 ottobre scorso. Con un breve video su Instagram avente per protagonisti l’attore Claudio Santamaria e il sindaco di Milano Giuseppe Sala, i Dogo hanno rivelato il loro ritorno sulla scena hip hop italiana, e soprattutto meneghina. È il capoluogo lombardo, infatti, la patria artistica del leggendario trio rap. Ed è a Milano che, nei giorni seguenti all’annuncio sui social, è stata portata avanti la campagna promozionale del nuovo disco. Sulle pareti della metropolitana e sui cartelloni pubblicitari sono comparsi manifesti con il logo e alcune frasi del gruppo. “Club Dogo is for people” recitava uno striscione esposto in zona Navigli, a rimarcare l’appartenenza dei tre artisti alla cultura cittadina popolare.
Due mesi più tardi il marchio dei Dogo torna a occupare le pareti della città. L’occasione è l’uscita delle tracce del nuovo album, il 12 gennaio. La seconda fase della campagna del gruppo prosegue sulla falsa riga della prima, con locandine sui muri delle stazioni della metropolitana e per strada. Questa volta, però, a campeggiare in bianco su sfondo nero sono le barre più iconiche del nuovo disco, come “Non ho un flow della Madonna, ma della Madonnina”.
La storia del gruppo
Il fenomeno Club Dogo nasce a Milano nel 2002. La formazione originale è rimasta inalterata da allora: un trio composto dai rapper Guè e Jake La Furia e dal DJ e producer Don Joe. Al 2003 risale il primo album Mi Fist, oggi un classico dell’hip hop italiano. Già il titolo, citazione del film di culto Tokyo Fist del regista giapponese Shin’ya Tsukamoto, anticipa i temi del gruppo. Fame di successo, critica sociale, voglia di riscatto: sono questi gli argomenti principali del primo disco e dei due successivi, Penna capitale (2006) e Vile denaro (2007).
Negli anni successivi la svolta: con Dogocrazia (2009) il gruppo milanese si fa conoscere in tutta Italia e si avvia a diventare mainstream. Seguiranno Che bello essere noi (2010), Noi siamo il club (2012) e l’ultimo Non siamo più quelli di Mi Fist (2014). A partire da questi dischi si affrontano temi inediti, che riflettono il successo acquisito. I testi dunque si aprono a trattare questioni come la gestione della fama, l’ipocrisia dell’ambiente discografico e il nuovo stile di vita degli artisti.
Dopo le ultime apparizioni insieme, nel 2015 i tre avevano diviso le loro strade per dedicarsi a progetti solisti. Con alterne fortune, però. Indubbiamente Guè (all’anagrafe Cosimo Fini) è il membro che dei tre ha ottenuto il maggiore successo. Nei suoi nove dischi da solista (uno dei quali in collaborazione con Marracash) ha cercato di adattarsi alle nuove tendenze discografiche, la trap su tutte, ed è quindi riuscito a farsi conoscere anche da un pubblico più giovane. Jake La Furia (nome d’arte di Francesco Vigorelli) ha invece pubblicato quattro dischi da solista – uno con Emis Killa –, riscuotendo però meno successo del collega. Infine, Don Joe (Luigi Florio), ha continuato a produrre e collaborare con altri artisti, rilasciando tre album.
Il disco
L’ultima uscita, intitolata semplicemente Club Dogo, arriva a nove anni dal disco precedente. Undici tracce, fra le quali tre sono in collaborazione (featuring) con altri artisti. Queste scelte già comunicano qualcosa del disco: i tre ospiti sono infatti Marracash, Sfera Ebbasta ed Elodie. Il primo è un collega di vecchia data, un altro nome di spicco del rap italiano con sede a Milano. Il secondo, anch’egli di Milano, è l’artista più ascoltato del 2023 su Spotify, probabilmente il maggiore esponente della trap, ma uno che ha citato anche di recente i Club Dogo. Per quanto riguarda Elodie, invece, si tratta di una delle cantanti più in vista del momento, una ventata di pop in album di hip hop vecchia scuola.
Senza voler recensire il disco, l’impressione è quella che i Dogo abbiano voluto fare un omaggio al passato, ma anche un aggiornamento della scena rap italiana. Consci del loro pubblico e della loro identità, il trio si permette numerose citazioni al proprio passato, ma non tralascia, come detto, di pubblicare un lavoro che possa parlare al presente. Certo è che il mondo della musica è molto diverso dalla loro ultima apparizione.
Negli ultimi anni il mercato discografico è cambiato enormemente. Oggi i dischi fisici sono sempre più roba per collezionisti e le radio non sono più determinanti per scalare le classifiche. A fare da padrone ormai sono le riproduzioni sulle varie app e la viralità sui social media. La prima sfida del disco sarà quindi dimostrarsi al passo con i tempi e le nuove forme del mercato.
L’evento in Piazza San Babila
A poche ore dal lancio dell’album, nelle giornate di venerdì 12 e sabato 13 gennaio i fan avranno la possibilità di incontrare i loro idoli. In piazza San Babila, a pochi passi dal Duomo di Milano, è stato allestito un pop up store temporaneo, dove i “dogofieri” – come si definiscono i seguaci del gruppo – potranno strappare una foto e un autografo ai tre. Nel negozio, inoltre, sarà possibile acquistare gadget, merchandising e vinili, e perfino ottenere un tatuaggio in stile Dogo. Emi Lo Zio (Emiliano Ronchi), rapper old school vicino ai Club Dogo, ha approfittato del servizio tattoo nel pomeriggio di venerdì.
All’appuntamento del primo giorno hanno risposto presente diverse centinaia di persone, per lo più giovani di età compresa tra i 16 e i 30 anni. Alle 14 l’apertura degli ingressi. Come reso noto con una storia su Instagram, i primi cento dischi comprati nello store saranno griffati con le firme del trio in pennarello.
Non ci sarà spazio per giornalisti e media. Nei giorni precedenti all’evento i Club Dogo avevano dichiarato sui canali social di non voler rispondere a domande della stampa. «Non rilasceremo interviste. Tutto ciò che abbiamo da dire è dentro il disco».
Il valore del gruppo e il legame con la città di Milano
In tredici anni di carriera, i Club Dogo hanno contribuito in modo fondamentale alla diffusione della cultura hip hop nel Paese. La loro popolarità si è legata a quella dello stesso genere rap in Italia, uno status che solo pochi altri colleghi hanno raggiunto.
Molto forte è poi il loro legame con la città di Milano, nella quale i tre sono nati e cresciuti. Sempre al centro delle loro rime, la vita di periferia della metropoli lombarda è forse il tratto che ha fatto più affezionare i fan nel corso degli anni. La musica dei Dogo ha creato un vero e proprio immaginario, accostando le ombre della strada e del crimine alle sfavillanti luci dell’high life meneghina.
Si può dire che all’inizio i Club Dogo raccontassero Milano perché quello era il mondo da cui provenivano e il pubblico a cui si rivolgevano. Con il passare del tempo, però, la loro notorietà è cresciuta e così la rilevanza della città nella galassia dell’hip hop italiano. Non è scorretto dire che i Club Dogo siano stati i capofila degli artisti che hanno reso Milano la capitale del rap italiano.
I concerti in programma
Prima dell’annuncio dell’album, il ritorno del gruppo era stato inizialmente promozionato solo come una serie di eventi dal vivo. I dieci concerti, che si terranno tutti al Mediolanum Forum di Assago (MI) tra marzo e aprile, sono andati rapidamente sold out uno dopo l’altro a poche ore dalla messa in vendita dei biglietti. Un chiaro indizio dell’attesa dei fan per il ritorno del gruppo.
In concomitanza con l’uscita del disco, tuttavia, una sorpresa. Alle iniziali dieci date si è aggiunto un nuovo evento, programmato per il 28 giugno 2024 allo Stadio San Siro di Milano. Curiosamente, 26, 29 e 30 giugno sono anche le prime date in cui si terrà il Festival I-Days Milano agli Ippodromi Snai. Un inizio d’estate che si preannuncia dunque molto gustoso per gli amanti della musica.
A cura di Davide Aldrigo e Alessandro Dowlatshahi