Facebook, Google, Twitter e le elezioni presidenziali americane

Nel 2016 le interferenze straniere influenzarono le elezioni presidenziali americane. Per evitare che questo accada di nuovo, Google, Facebook e Twitter hanno speso miliardi di dollari per rafforzare i loro sistemi di sicurezza, nel tentativo di prevenire qualsiasi tipo di ingerenza elettorale in vista dell’imminente corsa alla Casa Bianca.

Facebook poco meno di un anno fa, aveva annunciato di voler intensificare gli sforzi per aumentare la trasparenza dei suoi contenuti, indicando chiaramente chi controlla le pagine politiche o quelle dei media statali. Con il progetto di sicurezza Protect, lanciato lo scorso novembre, l’obiettivo da Menlo Park era monitorare i profili dei candidati politici e dei loro staff, potenziali vittime degli hacker o dell’influenze straniere.

Nel mirino degli uomini di Mark Zuckerberg erano finiti anche i video o gli articoli ritenuti portatori di false informazioni da parte dei giornalisti indipendenti. Misure applicate poi anche da Google, che tra le tante cose, ha il controllo su Youtube. I contenuti ad esempio di Alex Jones, un conduttore radiofonico statunitense sostenitore di numerose teorie complottiste, sono stati limitati e l’algoritmo è stato modificato, aumentando la sua efficacia contro qualsiasi tesi cospiratrice.

La influenze dall’interno e la manipolazione dei video

I colossi del web si stanno attrezzando per limitare l’uso improprio dei social network nelle campagne elettorali americane, sia democratiche che repubblicane. Poco più di un mese fa ad esempio, il giorno dopo le primarie del New Hampshire, il team di sicurezza di Facebook aveva rimosso una serie di profili falsi originati in Iran, che stavano pubblicando dei post divisivi all’interno di gruppi privati sulla piattaforma.

Subito dopo, il social network scoprì che l’ex sindaco di New York Michael Bloomberg, per sostenere la sua campagna, aveva pagato degli account Instagram affinché loro stessi diffondessero i suoi messaggi, raggirando così le restrizioni sui contenuti politici.
Lo stesso giorno un gruppo pro-Trump postava delle foto false che ritraevano dei sostenitori di Bernie Sanders con dei cartelli che riportavano slogan divisivi.

Anche Twitter si è mossa in questo senso, rendendo più stringenti le policy sui video manipolati e inserendo un’etichetta vistosa con scritto ”manipulated media” sotto alle clip in questione. É quanto successo per esempio a Donald Trump, che venti giorni fa aveva retwittato un video di Dan Scavino, in cui sembrava che il candidato democratico Joe Biden gli fornisse un involontario endorsement. La clip era tagliata, un trucchetto usato spesso per ritoccare un contenuto. Accelerare o diminuire la velocità di riproduzione, o troncare dei discorsi, sono azioni spesso indistinguibili che rischiano di trarre in inganno gli utenti.

Il video postato da Dan Scavino contrassegnato da Twitter come ”Manipulated Media”.
Come si stanno muovendo Facebook e Twitter

Gli attacchi e le interferenze del 2016 sono sicuramente meno efficaci adesso. Al tempo stesso gli hacker hanno perfezionato le loro tecniche e le minacce si sono evolute. Le influenze straniere rischiano di arrivare direttamente dall’interno, con il pericolo che qualcuno possa pagare gli americani per pubblicare informazioni o messaggi sui loro gruppi o sulle loro pagine: «Capire chi c’è dietro queste campagne può richiedere mesi, anche anni» ha dichiarato Yoel Roth, responsabile dell’integrità di Twitter. La piattaforma di Jack Dorsey ha eliminato tantissimi profili falsi russi, cinesi, venezuelani e sauditi e ha introdotto sistemi automatizzati per rilevare l’attività dei bot. Twitter poi, oltre alle nuove misure per etichettare i video modificati in maniera ingannevole, ha proibito agli utenti di pubblicare informazioni ottenute illegalmente attraverso violazioni di privacy o sicurezza.

Facebook invece, nell’ultimo mese ha rischiato di finire di nuovo nell’occhio del ciclone dopo che Trump aveva pubblicato degli annunci chiedendo il censimento delle persone. Una richiesta collegata però a un sondaggio della campagna del Presidente degli Stati Uniti. I post hanno suscitato molto clamore con il social network che ha proibito qualsiasi tipo di disinformazione sul censimento. Il pericolo infatti è quello di indurre gli elettori a identificarsi, con il rischio di un potenziale utilizzo improprio dei dati personali rilevati.

Nonostante questo, quando Zuckerberg si presentò davanti al Congresso lo scorso ottobre per difendere il progetto sulla criptovaluta Libra, ribadì che i suoi uomini non avrebbero effettuato nessun tipo di fact checking sulle questioni politiche, aggrappandosi al dibattito sulla libertà di parola. Facebook si limiterà a contrastare tutti i profili falsi e quelli manipolati, le minacce ritenute più rilevanti da Zuckerberg in vista delle elezioni del 2020.

 

Nicolo Rubeis

Giornalista praticante con una forte passione per la politica, soprattutto se estera, per lo sport e per l'innovazione. Le sfide che attendono la nostra professione sono ardue ma la grande rivoluzione digitale ci impone riflessioni più ampie. Senza mai perdere di vista la qualità della scrittura e delle fonti.

No Comments Yet

Leave a Reply