Diritti sessuali e riproduttivi: una donna su due non può scegliere

Un cartellone in una protesta per i diritti delle donne. Credits: Lorie Shaul

Nel 1994 la Conferenza del Cairo stabiliva un’agenda internazionale condivisa per accrescere la salute sessuale e riproduttiva delle donne. Trent’anni dopo, solo una donna su due è libera di scegliere sul proprio corpo. E una donna su quattro non può ancora rifiutare un rapporto sessuale nella relazione. Queste sono solo alcune delle criticità emerse dal rapporto dell’UNFPA – il Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione – State of World Population 2024 sui diritti sessuali e riproduttivi nel mondo. La strada è ancora lunga: dal 1994, ci sono stati passi in avanti, ma una recente e brusca battuta di arresto.

Il rapporto

Lo studio, intitolato Vite interconnesse, intrecci di speranza: porre fine alle disuguaglianze nella salute e nei diritti sessuali e riproduttivi, analizza la tutela di tali diritti nel mondo. In un mondo sempre più ineguale dove la differenza di potere e di opportunità continua a essere enorme e legata a fattori come il genere, la nazionalità e la razzializzazione. La disparità nella tutela della salute sessuale deriverebbe da «una carenza di volontà e non una mancanza di idee o risorse» . Queste le parole di Aidos,  l’Associazione italiana donne per lo sviluppo che, mercoledì 17 aprile, ha presentato il rapporto dell’UNFPA in Senato. 

I progressi

L’impegno internazionale ha pagato. La crescente attenzione verso i temi della maternità e della contraccezione ha portato a leggi, investimenti e pressioni a favore di un’equa assistenza. E ciò, in linea generale, ha funzionato. La mortalità materna è diminuita del 34%, mentre l’infibulazione genitale femminile del 7%. 162 Paesi hanno varato leggi contro la violenza domestica. Inoltre, il numero delle donne che utilizzano la contraccezione è raddoppiato e ciò ha portato a una diminuzione del numero di ragazze madri pari a un terzo. Infine, in 60 Paesi ora è più facile accedere all’aborto sicuro. 

In merito alle malattie sessualmente trasmissibili, il rapporto sottolinea come il numero di nuove diagnosi di HIV nel 2021 sia diminuito di quasi un terzo rispetto al 2010. E se un piena pandemia AIDS la maggior parte dei Paesi criminalizzava le relazioni omosessuali, ora i due terzi del mondo non lo fa più. Questo processo di apertura sta, inoltre, accelerando: il 2022 è stato l’anno che ha visto il maggior numero di Paesi eliminare le leggi punitive contro le persone omosessuali. 

I dati negativi

Ma se la situazione è migliorata, la possibilità e la facilità di accesso a cure mediche e servizi per la salute sessuale e riproduttiva varia da Paese a Paese. In Africa una donna ha 130 probabilità in più di morire di parto rispetto a una donna in Europa. Ma non solo, anche all’interno di uno stesso Stato il rapporto evidenzia differenze sostanziali che dipendono da fattori come genere, etnia e spesso anche disabilità. 

Per esempio, le donne disabili corrono dieci volte di più il rischio di subire violenza di genere e sessuale. Nel continente americano, le donne afro-discendenti hanno una maggiore probabilità di morte durante il parto riaspetto alle altre. Questo per via degli abusi e dei maltrattamenti che subiscono nel settore sanitario. «Anche nei paesi più ricchi, i tassi di mortalità materna sono più alti tra le comunità soggette a pregiudizi razziali e di altro tipo» così,  la direttrice esecutiva di UNFPA Natalia Kanem si è espressa durante il World Health day.

Nei primi decenni dopo la conferenza del Cairo, la tutela dei diritti sessuali e riproduttivi ha subito una grande spinta. Recentemente, però, i dati hanno smesso di migliorare e i passi avanti si sono arrestati. Dal 2016 al 2020, ad esempio, la mortalità materna non diminuisce più: sono circa 800 le donne che muoiono di parto ogni giorno. A essere in pericolo è anche il potere decisionale delle donne sul proprio corpo, diminuito del 40% tra il 2015 e il 2022. Una donna su dieci non può, infatti, scegliere se ricorrere a metodi contraccettivi. E in 69 Paesi le donne non possono ancora prendere decisioni sulla propria salute.

L'autonomia delle donne sul proprio corpo è migliorata in 19 Paesi su 32. Ma in 13 è regredita. Fonte: UNFPA
L’autonomia delle donne sul proprio corpo è migliorata in 19 Paesi su 32. Ma in 13 è regredita. Fonte: UNFPA
Disparità e divisione

Questa battuta di arresto può essere in parte spiegata dal fatto che, in primo luogo, queste iniziative hanno trovato terreno fertile, aiutando le persone “facilmente raggiungibili”. Mentre ora si cerca di favorire lo stesso cambiamento nelle comunità più marginalizzate sia a livello geografico che sociale, ma questo processo è più complesso. 

Il rallentamento dei progressi è legato, secondo l’UNFPA, anche a quei leader politici che ricercano il consenso fomentando la divisione sociale. Le migrazioni, così come tassi alti o bassi di fertilità, diventano armi con cui fare campagna elettorale e mettere in pericolo l’accesso ai diritti sessuali e riproduttivi. Per non parlare degli Stati che stanno attivamente facendo passi indietro. Come quelli che stanno decriminalizzando la mutilazione genitale femminile e limitando i diritti della comunità LGBTQIA+. 

Investire per salvare vite

Il rapporto di UNFPA cerca anche di tracciare la strada per riprendere a migliorare la salute sessuale e riproduttiva delle donne. Ma per farlo, secondo l’organizzazione, è necessaria una mobilitazione collettiva che parta dalla politica. È necessario fornire e adattare le soluzioni necessarie alle diverse comunità e, soprattutto, sbloccare finanziamenti urgenti. 

Investire 79 miliardi di dollari nei paesi a basso-medio reddito entro il 2030 eviterebbe 400 milioni di gravidanze non pianificate e salverebbe 1 milione di vite. Per non parlare dei benefici economici, che sarebbero pari a 660 miliardi di dollari. Inoltre, formare più ostetriche potrebbe anche prevenire circa il 40% delle morti materne e neonatali e oltre un quarto dei nati morti. Globalmente, la limitata educazione sessuale e riproduttiva a cui hanno accesso le donne comporta delle perdite enormi. Nello specifico costa dai 15 ai 30 trilioni di dollari in termini di produttività e guadagni. Insomma, l’organizzazione sottolinea: «Investire salva vite, non farlo le mette in pericolo». Poi, l’UNFPA conclude: «C’è solo un modo per realizzare un futuro di dignità e diritti per tutti: lavorare insieme».

 

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