«Al prossimo Consiglio dei ministri porrò all’ordine del giorno la mia proposta di revoca del sottosegretario Siri, assumendone tutte le responsabilità. Deve dimettersi». A dirlo è stato il premier, Giuseppe Conte, in riferimento a quanto accaduto al sottosegretario alle Infrastrutture, Armando Siri, indagato per corruzione. Lo stesso Conte ha convocato, per il 3 maggio 2019 alle ore 18:30, i giornalisti a Palazzo Chigi. Le dichiarazioni del premier italiano si inseriscono nella polemica che vede contrapposti da un lato la Lega, di cui Armando Siri è esponente; dall’altro il Movimento Cinque Stelle. I leghisti infatti ne difendono la permanenza nel governo mentre i grillini ne chiedono le dimissioni.
«Uso un approccio differente rispetto alle correnti semplificazioni – ha detto Conte – con una distinzione manichea tra approccio giustizialista per cui un semplice avviso di garanzia è una macchia e a un approccio garantista per cui dovrebbe valere il principio di innocenza sempre. Ritengo che la politica con la P maiuscola debba rifuggire gli opposti ismi e saper discernere caso per caso assumendosi la responsabilità di valutare la singola situazione». Il premier Conte ha poi confermato il lungo colloquio avuto con il sottosegretario il 29 aprile durante il quale è entrato nel merito della proposta per la quale Siri è indagato e che non era mai arrivata al tavolo del Consiglio dei ministri.
«In questo caso la norma non avrebbe offerto chance future agli imprenditori, ma vantaggi retroattivi: era come una sanatoria, non era generale o astratta, e non disponeva per il futuro. Per questo, ho valutato l’opportunità e la necessità delle dimissioni di Siri».
Prima della conferenza stampa del premier, il sottosegretario ha voluto diffondere una nota così da dichiararsi innocente. «Dal primo momento ho detto di voler essere immediatamente ascoltato dai magistrati per chiarire la mia posizione. La loro disponibilità ad ascoltare c’è e confido di poterlo fare a brevissimo. Sono innocente, ribadisco di avere sempre agito correttamente, nel rispetto della legge e delle istituzioni, e di non avere nulla da nascondere». E ancora: «Confido che una volta sentito dai magistrati la mia posizione possa essere archiviata in tempi brevi. Qualora ciò non dovesse accadere, entro 15 giorni, sarò il primo a voler fare un passo indietro, rimettendo il mio mandato, non perché colpevole, bensì per profondo rispetto del ruolo che ricopro».