Caserta, 11 arresti per spaccio di droga. Due piazze smantellate

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Il comando provinciale di Caserta, nel corso di un’indagine della Dda di Napoli iniziata nel 2016, ha arrestato undici persone con l’accusa di aver creato e gestito due piazze di spaccio di sostanze stupefacenti nei comuni di Alife e Piedimonte Matese, nell’Alto Casertano.

Su ordine del Gip di Napoli, i militari hanno eseguito cinque ordinanze in carcere, quattro ai domiciliari e due obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria. Gli arrestati rispondono a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata allo spaccio di droga e di centinaia di condotte di detenzione, trasporto e cessione illecita di stupefacenti. Inoltre, sono state disposte dal Gip del Tribunale per i minori misure di collocamento in comunità per due minorenni, un ragazzo e una ragazza. Lui, all’epoca dei fatti 17enne, si dedicava allo spaccio e al trasporto, mentre lei, allora 15enne, cucinava la droga.

Gli indagati utilizzavano un’utenza dedicata, una specie di “telefono aziendale” con cui ricevere gli ordini e concordare le cessioni e si avvalevano di un tariffario fisso in relazione alla tipologia di sostanza da spacciare e al peso delle dosi richieste. Quelle relative alla cocaina, venivano vendute intorno ai 150 euro al grammo.

Le due organizzazioni, che si occupavano della produzione e della vendita di cocaina, crack e hashish, operavano in autonomia nelle rispettive zone della provincia di Caserta e si rifornivano dallo stesso grossista, Raffaele Riccardo, destinatario di misura carceraria.

Le indagini precedenti, dal luglio al settembre 2016 e dal marzo al settembre 2017, avevano portato all’arresto di 7 persone in flagranza e al sequestro di 500 grammi di cocaina e 35mila euro, ma nemmeno dopo quell’operazione l’organizzazione si era fermata.

Il capo del primo gruppo, con sede ad Alife, era Robert Fargnoli, il quale gestiva il traffico insieme alla moglie, Maria Assunta Di Chiello, che si occupava della contabilità e la loro piazza di spaccio si trovava in una palazzina delle case popolari dove abitano gli indagati. La seconda organizzazione, situata a Piedimonte Matese, era retta da Toni Porreca e Luigi Verolla.

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