Casa Chiaravalle, il bene più grande

«Non avevano lasciato nulla. Si sono portati via persino i fili di rame», così ricorda il presidente del consorzio Passepartout, Marco Lampugnani, il giorno in cui la loro cooperativa sociale ha preso il controllo di Casa Chiaravalle, il più grande bene confiscato alla criminalità organizzata in Lombardia.

Marco Lampugnani, presidente del consorzio Passpartout

“Roba mia, vientene con me”, deve aver pensato il noto mafioso a cui è stata confiscata l’enorme corte. La proprietà si estende su una superficie complessiva di circa nove ettari occupati da campi coltivati a frumento, due strutture immobiliari, entrambe su due piani, casette indipendenti, capannoni agricoli e zone incolte. «In realtà, qualcosa è rimasto. I pavimenti in marmo non sono riusciti a staccarli. Per il resto, abbiamo dovuto ristrutturare quasi tutto e bonificare l’area incolta in cui sversavano illegalmente i liquami», aggiunge Lampugnani.

 

Il cortile di Casa Chiaravalle

Nel 2013 il bene, immerso tra i campi del parco sud di Milano, è stato trasferito in via definitiva dall’ANBSC al patrimonio del Comune. Dal 2017 la gestione è stata assegnata alla cooperativa Passpartout che riunisce diverse associazioni ed è responsabile della realizzazione del progetto di riqualificazione e riuso dell’immobile.

All’interno del complesso abitativo, la cooperativa offre servizi residenziali rivolti a destinatari diversi, sempre nell’ottica dell’inclusione e dell’integrazione.

Un evento aperto alla cittadinanza nel cortile di Casa Chiaravalle

Cascina Grace è il nome della residenza per anziani che si trova dentro l’edificio più grande. Sono persone semi autonome, ma con forme di malattie mentali o Alzheimer. Nell’ampio salotto, impreziosito dai marmi, c’è sempre fresco. Tra gli ospiti si trova pure una pianista, che con la sua musica  aiuta gli altri a riafferrare quei pezzi del passato che stanno perdendo. Gli abitanti di Cascina Grace partecipano alla vita domestica, sono inseriti in un contesto dinamico, intergenerazionale e interculturale. Nello stesso cortile, infatti, si affaccia la casa della comunità educativa CentoPassi, un luogo in cui minori tra i 5 e i 18 anni, allontanati dalla loro famiglia d’origine attraverso una disposizione del Tribunale dei Minorenni, possono crescere in armonia con la natura e sperimentare relazioni sane.

Un edificio di Casa Chiaravalle, il più grande bene confiscato alla criminalità organizzata in Lombardia

«La bellezza di questo posto è la possibilità di integrare diversi progetti. Questo permette di vivere meglio una situazione di difficoltà», spiega l’educatore Luca Benevento, che lavora con i minori e con dei nuclei famigliari che necessitano di accompagnamento e sostegno. All’interno delle residenze collettive gestite dalla cooperativa, il progetto di Residenzialità Sociale Temporanea (RST) è destinato all’accoglienza di famiglie numerose in condizione di emergenza abitativa e prese in carico dai Servizi Sociali. Attualmente la struttura ospita sei famiglie numerose, cinque di origine marocchina e una italiana. «I momenti di difficoltà ci sono. Anche condividere una sola cucina, tra persone che hanno culture diverse, può innescare discussioni», ammette l’educatore. La cucina è una piccola stanza in cui la competizione tra gli odori è stata vinta dalle spezie etniche. Tutte le pareti ne sono impregnate. Le camere private si affacciano su una lunga terrazza. Ogni locale è condiviso da genitori e figli. Alle famiglie di Casa Chiaravalle viene fornito un servizio educativo individualizzato, volto al raggiungimento di una nuova autonomia abitativa da parte di tutti gli accolti.

Un’attività didattica a Casa Chiaravalle

Di questo territorio sottratto alla mafia la cooperativa cerca di sfruttare ogni risorsa. Persino l’ex casetta del custode è diventata l’abitazione di quattro migranti, che hanno bisogno di sostegno per inserirsi nel mondo del lavoro, imparare l’italiano e richiedere i documenti.

“Ospitalità” e “inclusività” sono le parole che gli operatori di Chiaravalle ripetono più volte. Si tratta di un approccio metodologico, che predilige la relazione con gli altri e con la natura.

Tra le varie attività, che promuovono questo tipo d’interazione, c’è anche “l’equitazione naturale”. «Noi parliamo “cavallo”», sintetizza Antonella Savoia, una delle responsabili del progetto Il Branco, così chiamato proprio perché gli animali stanno in mandria. Lo scopo è sviluppare nuove forme di socialità e convivialità negli spazi di Casa Chiaravalle, attraverso la pratica sportiva dell’equitazione. A usufruire di questo servizio, che offre importanti benefici psico-fisici, sono non solo gli ospiti, ma anche le persone più fragili e tutti gli abitanti della zona.

La scuola di equitazione naturale, Il Branco, durante l’attività sportiva

Partendo dalla riqualificazione del territorio, Passpartout vuole valorizzare anche il patrimonio culturale e sociale. L’obiettivo generale del progetto consiste nel ripristinare la qualità e le funzionalità del terreno, creando valore e lavoro, aprendolo alla cittadinanza. Tra i lavoratori coinvolti ci sono anche i detenuti del limitrofo carcere di Opera.

Con la coltivazione dei campi, il riutilizzo dei locali e le proposte rivolte a studenti e turisti, Casa Chiaravalle educa alla cultura della legalità e testimonia che «si può fare, si può prendere il luogo di uno e farlo diventare il luogo di tutti», conclude il presidente di Passpartout.

Elisa Campisi

SONO GIORNALISTA PRATICANTE PER MASTERX. MI INTERESSO DI POLITICA, ESTERI, AMBIENTE E QUESTIONI DI GENERE. SONO LAUREATA AL DAMS (DISCIPLINE DELL’ARTE DELLA MUSICA E DELLO SPETTACOLO), TELEVISIONE E NUOVI MEDIA. HO STUDIATO DRAMMATURGIA E SCENEGGIATURA, CONSEGUENDO IL DIPLOMA TRIENNALE ALLA CIVICA SCUOLA DI TEATRO PAOLO GRASSI.

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