Guardando agli ultimi due giorni sono quasi cento le persone legate alla criminalità organizzata arrestate dai comandi di Roma e Reggio Calabria. L’ultimo in ordine di tempo è quello contro il clan Bellocco, gruppo legato alla ‘ndrangheta calabrese.
Con il nome di «operazione Magma», i finanzieri del Comando provinciale di Reggio Calabria hanno fermato 45 persone legate alla potente ‘ndrina di Rosarno con agganci in varie zone d’Italia e America Latina. L’accusa è di associazione mafiosa, traffico internazionale di sostanze stupefacenti, detenzione di armi, rapina aggravata dall’utilizzo del «metodo mafioso» e transnazionalità del reato.
385 chili di coca purissima trovati a Gioia Tauro
L’operazione è iniziata in seguito al ritrovamento di diciassette borsoni contenenti 385 chili di cocaina purissima. La nave, arrivata dall’America Latina e sbarcata a Gioia Tauro, era stata intercettata dai finanzieri nella tappa intermedia di Valencia. Ma ad attirare l’attenzione degli investigatori è stato un passo falso commesso da uno dei giovani rampolli del clan. Questo aveva infatti affidato la zona sul litorale romano tra Anzio e Nettuno a un reggente sbagliato, che ha così attirato l’attenzione su di sé e sul clan. La famiglia ha così provveduto a rimuoverlo, con un «provvedimento disciplinare», ma ormai era troppo tardi.
«Diabolik» fra i clienti del clan Bellocco
Fra i clienti del clan Bellocco risulta anche uno dei personaggi più temuti della capitale, almeno fino a qualche mese fa. Iscritto al registro della cosca spicca infatti il nome di Fabrizio Piscitelli, conosciuto come «Diabolik». Sarebbe finito in manette anche lui nell’operazione di ieri «Grande Raccordo Criminale», se non fosse rimasto vittima di un pareggio di conti lo scorso 7 agosto al Parco degli Acquedotti di Roma. Il blitz, messo in atto dai finanzieri del Comando Provinciale e dalla Dda della procura di Roma, ha portato all’arresto di 50 persone fra Lazio, Calabria e Sicilia. Tra questi anche il socio di Diabolik Fabrizio Fabietti con la sorella Sestina e il padre Sergio, e tre ultras laziali degli «Irriducibili», Ettore Abramo, detto «Pluto», Aniello Marotta e Alessandro Telich.
Il clan poteva vantare di un giro di affari di 120 milioni di euro che non si limitava al solo spaccio, ma sfociava anche in altri tipi di criminalità. La banda poteva contare infatti anche su una «batteria di picchiatori»: venivo ingaggiati a chiamata in caso di regolamento di conti. Tra questi vi erano anche alcuni appartenenti agli ultras della Lazio.