E’ di Roberto Benigni il Leone d’Oro alla carriera della 78esima Mostra Internazionale del Cinema di Venezia. Lo ha annunciato la Biennale, dopo la proposta del direttore della Mostra Alberto Barbera.
Il regista, attore e sceneggiatore si è aggiudicato il prestigioso premio, assegnato in precedenza ad artisti del calibro di David Cronenberg, Pedro Almodovar e Robert Redford.
«Il mio cuore è colmo di gioia e gratitudine. È un onore immenso ricevere un così alto riconoscimento verso il mio lavoro», ha commentato Benigni dopo la comunicazione.
Nel 2016 aveva già ricevuto il Globo d’Oro alla carriera insieme alla moglie Nicoletta Braschi e nel 2017 il David di Donatello alla carriera.
Un artista multiforme che ha saputo raccontarsi in oltre trenta anni di carriera, approcciandosi al mondo del cinema anche come registra, con sette film di successo: Tu mi turbi (1983), Non ci resta che piangere (1984), Il Mostro (1994), La vita è bella (1997), Pinocchio (2002), La tigre e la neve (2005), To Rome with Love (2012).
Il direttore della Mostra del Cinema Internazionale di Venezia, Alberto Barbera, ha commentato la scelta ricordando l’incredibile capacità di trasformazione di un attore come Benigni: «Con ammirevole eclettismo, senza mai rinunciare a essere se stesso è passato dal vestire i panni dell’attore comico tra i più straordinari della pur ricca galleria di interpreti italiani, a quelli di regista memorabile in grado di realizzare film di enorme impatto popolare, per trasformarsi da ultimo nel più a apprezzato interprete e divulgatore della ‘Divina Commedia’ dantesca».
La carriera nel cinema
Ancora giovanissimo e ventenne, debutta sul palcoscenico del Teatro Metastasio di Prato con lo spettacolo Il re nudo di Evgenij L’vovič Švarc. Poi gli show televisivi, fra cui L’altra domenica di Renzo Arbore. Benigni inizia a delineare un personaggio unico, ispirato all’ambito popolare toscano, in parte autobiografico e lo racconta su un doppio binario: da un lato la sua esuberanza verbale e gestuale, dall’altro una purezza quasi infantile, che riporta nel surreale e nel poetico la scena cinematografica.
Memorabile la co-direzione di Non ci resta che piangere (1984), cult del cinema italiano, con l’indimenticabile Massimo Troisi, la carriera prosegue con opere di ampio successo come Johnny Stecchino (1991) e Il mostro (1994). L’affermazione all’estero arriva in concomitanza con la consacrazione definitiva: La vita è bella, negli anni Novanta, da lui scritto, diretto e interpretato.
Altro caposaldo del suo cinema è l’interpretazione del genio collodiano, nella storia di Pinocchio. La prima prova nel 2002, in una rappresentazione fedele del romanzo di Carlo Collodi. Si trattò del film più costoso della storia del cinema italiano, con 45 milioni di euro. Benigni torna a rendere omaggio al personaggio, nei panni di Geppetto, nel film Pinocchio (2019) co-scritto, diretto e co-prodotto da Matteo Garrone.