Un altro bambino intrappolato in un pozzo. Un’altra vicenda finita tragicamente. Questa volta in Afghanistan, paese spezzato dalla povertà, dal tracollo economico, dalle condizioni disastrose in cui riversano i servizi sociali, dalle condizioni igieniche pessime, a sei mesi dalla caduta di Kabul e dell’entrata in scena dei talebani. Un bambino di 9 anni è rimasto intrappolato nel pozzo del villaggio di Shokak, nella provincia di Zabul, nel Sud-Est asiatico del paese. Ed è stato rinvenuto senza vita.
LA CADUTA NEL POZZO
Haidar era precipitato martedì scorso, 15 febbraio; da subito sono iniziate le operazioni di scavo e salvataggio, che hanno visto impegnati instancabilmente i soccorritori giorno e notte per cercare di salvare il piccolo. Mentre gli operatori cercavano di estrarlo, Haidar è rimasto incastrato all’altezza di 10 metri, in un pozzo profondo circa 25. Sarebbe caduto nel pozzo perché cercava di aiutare gli adulti a scavare un nuovo pozzo nel villaggio devastato dalla siccità. È stato lì dentro per due giorni ed era riuscito anche a prendere cibo e acqua che gli erano stati passati con un secchio attaccato ad una corda.
I soccorritori hanno scavato un tunnel parallelo a quello in cui è rimasto intrappolato il bambino: hanno provato in tutti i modi a tirarlo fuori, ma una roccia trovata lungo lo scavo ha impedito il proseguimento delle operazioni. Nelle ultime ore, le autorità avevano lanciato un appello per ricevere anche assistenza tecnica.
LE PAROLE AL PADRE E LE PRIME SPERANZE
I soccorritori hanno calato una telecamera nel pozzo attaccata ad una fune: in un video, si riesce a vedere Haidar che muove le braccia e la parte superiore del corpo, e risponde al padre che gli chiede “Stai bene figlio mio? Parlami e non piangere, stiamo lavorando per tirarti fuori”. Il piccolo sussurra con voce dolorante “Va bene, continuerò a parlare”. Negli ultimi momenti, però non c’erano state più comunicazioni: il portavoce della polizia di Zabul, Zabiullah Jawhar ha fatto sapere che “nei primi minuti dopo che l’operazione di salvataggio è stata completata, il bambino respirava e la squadra medica gli ha dato ossigeno”, ma “quando il team medico ha cercato di portarlo all’elicottero, ha perso la vita”.
Sono stati i talebani ad annunciare la tragica notizia: il consigliere anziano del ministero dell’Interno, Anas Haqqani ha twittato “Haidar ci ha lasciati per sempre. Questo è un altro giorno di lutto e dolore”.
LE ANALOGIE CON ALTRE VICENDE SIMILI
La vicenda ha ricordato la storia di Rayan, il bambino di 5 anni che il 1 febbraio era rimasto incastrato in un pozzo nel villaggio di Tamorot, nel nord del Marocco: anche in quel caso, le autorità locali avevano utilizzato lo stesso modus operandi, facendo scavare un tunnel parallelo. Il pozzo era profondo 32 metri e aveva un diametro di 45 centimetri, che pian piano si riduceva fino ad arrivare a 25 centimetri. Pochi giorni dopo la caduta, Rayan era vivo e cosciente, ma al momento del ritrovamento era deceduto.
Ma tutte queste vicende degli ultimi tempi rimandano ad un caso simbolo avvenuto in Italia nel 1981: quello di Alfredino Rampi. Il bambino romano di 6 anni fu inghiottito da un pozzo a Vermicino, vicino Frascati, in provincia di Roma, sprofondando prima a 36 metri, poi fino a 60 metri di profondità. Quella di Alfredino fu una vicenda che è rimasta impressa nell’immaginario collettivo di milioni di spettatori italiani, che rimasero con il fiato sospeso in quelle giornate drammatiche.