Un nuovo prestito per salvare Alitalia. Dopo il vertice notturno di ieri a Palazzo Chigi, già da stasera un secondo decreto ad hoc per risanare le casse della compagnia aerea potrebbe essere presentato al Consiglio dei Ministri.
Altro giro, altra corsa
Sono rimasti appena 315 milioni di euro nelle casse di Alitalia, che sta rapidamente esaurendo i fondi: nel 2017 furono 900 i milioni erogati dallo Stato.
All’epoca i lavoratori bocciarono un piano di ricapitalizzazione di 2 miliardi proposto da Etihad qualche anno prima, poiché questo prevedeva l’esubero di un migliaio di dipendenti.
Oggi, a due anni e mezzo di distanza, l’attuale governo si è trovato a dover firmare l’ottavo rinvio per la mancanza della presentazione di un piano vincolante da parte della Newco composta da FS, Atlantia e Delta Airlines.
Continuano a mancare alternative durevoli per la sopravvivenza e il rilancio di Alitalia: in assenza di opzioni concrete, i 400 milioni in uscita dalle casse dello Stato non sono che l’ennesima toppa sulla sorte fallimentare della compagnia.
Profondo rosso
Nei quarant’anni tra il 1974 e il 2014, anno della proposta di Etihad, lo Stato ha speso 7,4 miliardi di euro. 3,3 miliardi il valore delle perdite fra il 1974 e il 2007 e 4,1 dal 2008 al 2014, compresi i prestiti di Poste Italiane e CAI.
In generale, la costante storica è il saldo in negativo: Alitalia fattura, ma costa più di quanto restituisce. Nel 2018, ad esempio, l’utile netto risultava di 3,071 miliardi a fronte dei 3,191 in uscita. Per quanto riguarda quest’anno, i ricavi sembrano essere in crescita, ma comunque non abbastanza da garantire il pareggio di bilancio.
UE in attesa
Nell’attesa che il Cdm deliberi sul nuovo prestito, la Commissione europea responsabile per la concorrenza presieduta da Margrethe Vestager ha dichiarato di essere in contatto con il governo italiano: l’obiettivo è garantire la giusta competizione fra gli attori, senza eccessive interferenze statali.
Nel frattempo, la Commissione sta ancora valutando la regolarità del precedente prestito ponte di 900 milioni.
Assenza di un piano strategico
Come sostiene Andrea Giuricin dell’Università Milano-Bicocca, l’assenza di un piano strategico per quanto riguarda Alitalia è evidente. Appena l’8% dei passeggeri che viaggiano in entrata e in uscita dal nostro Paese usa aerei della compagnia italiana, in quinta posizione dopo Ryanair, Easyjet, Lufthansa e la britannica Iag.
Un problema ancor più grave se si pensa che sono circa 40 gli aeroporti italiani alle prese con problemi economici: questi si vedono costretti a sovvenzionare le compagnie low cost per non chiudere i battenti.
Con queste premesse, l’idea di nazionalizzare completamente Alitalia risulta ancora più onerosa per le casse dello Stato.