La Cina boicotta H&M e i marchi che non usano cotone dello Xinjiang

Moda e sostenibilità, un binomio ancora troppo lontano dall’essere realizzato. A confermarlo è lo scontro in atto tra Cina e aziende come H&M, Nike, Burberry che sono state boicottate dopo aver preso posizione sulla questione dello Xinjiang, la regione cinese che produce il 30% del cotone del Paese.

Grande cinque volte l’Italia, questo territorio si trova al confine con Mongolia, Russia e Kazakistan ed è abitato da 22 milioni di persone, più della metà di etnia uigura e fede musulmana. Rispetto alla Cina è molto ricco di materie prime e in particolare cotone, coltivato su oltre il 90% del terreno agricolo.

La mappa della regione dello Xinjiang

Ma dov’è il problema? Da oltre 50 anni la regione mostra spinte indipendentiste alle quali Pechino ha sempre risposto con violente repressioni della popolazione locale. Inoltre, si sta affermando il forte sospetto (confermato dalle Ong che tutelano gli uiguri) che dal 2017 da uno a tre milioni di persone siano internate in campi di lavoro.

La presa di posizione di H&M

Il colosso svedese H&M ha annunciato pubblicamente che non si sarebbe più rifornito del cotone dello Xinjiang sull’onda dell’impegno verso una maggiore sostenibilità in termini di risorse umane e ambientali, denunciando le condizioni dei lavoratori cinesi.

Accanto al marchio di fast fashion si sono schierate Nike, Adidas e Burberry ma anche altri brand che hanno aderito al Better Cotton Initiative, un’organizzazione globale no-profit che promuove il più grande programma di sostenibilità del cotone nel mondo.

Coltivazione di cotone nello Xinjiang
La risposta della Cina

La reazione di Pechino non si è fatta attendere. I media cinesi hanno riferito che i prodotti H&M sono stati rimossi dalle principali piattaforme locali di e-commerce, mentre il gigante della tecnologia Huawei ha sospeso i download delle app di Nike e Adidas dal suo store. I negozi fisici non compaiono più sulle mappe online e il Governo ha “invitato” attori e personaggi famosi a chiudere le collaborazioni con le aziende che starebbero minando la reputazione del Paese.

Un vero e proprio boicottaggio che rischia di rappresentare un duro colpo per H&M, visto che la Cina è uno dei suoi mercati principali, secondo solo a quello degli USA.

La questione si è fatta più accesa anche alla luce dello scontro geo-politico in atto tra Stati Uniti e Cina proprio in materia di diritti umani. Il 18 gennaio 2021 Washington ha infatti annunciato lo stop alle importazioni di cotone e di prodotti a base di pomodoro provenienti dallo Xinjiang.

La situazione attuale

Ad oggi H&M ha respinto le accuse legate a un’iniziativa politica ribandendo di voler promuovere esclusivamente il programma a favore della sostenibilità. Su questo tema si misura sempre più l’apprezzamento di un brand da parte dei consumatori e non può più essere trascurato.
Dal suo canto, il portavoce del Ministero degli Esteri cinese Zhao Lijian si è detto pronto ad accogliere la visita del Commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite per smentire una volta per tutte le illazioni sulle condizioni dei lavoratori dello Xinjiang.

La strada per la realizzazione del binomio moda e sostenibilità è ancora lunga.

Valeria De March

Laureata in Lettere moderne, giornalista pubblicista, oggi praticante per MasterX. Da anni mi occupo di musica, arte e cultura con l’obiettivo di raccontare le storie degli artisti. Sono diplomata in danza classica, da qui la determinazione che mi porta a non fermarmi mai alla superficie delle cose.

No Comments Yet

Leave a Reply