L’aumento dei satelliti aggrava il rischio di detriti spaziali

L’aumento dei satelliti nello Spazio aggrava il rischio di detriti spaziali

Con l’aumento di mega-costellazioni in orbita bassa, cresce anche il rischio di detriti spaziali. Sono satelliti inutilizzati da decenni, sacchi della spazzatura, corpi di razzi, migliaia di pezzi prodotti da collisioni accidentali e test anti-satellite. Questi detriti, in rapido movimento, minacciano le operazioni dei veicoli spaziali e la sostenibilità dello Spazio.

Gli astronomi, in particolare, temono che si verifichi la sindrome di Kessler. Si tratta della possibilità di collisioni satellitari a cascata che renderebbe inutilizzabili alcune orbite e ostacolerebbe le attività spaziali. Uno scenario che potrebbe configurarsi nel giro di cinquanta o cent’anni, se non verranno messi in atto processi di prevenzione e mitigazione del rischio.

Spazzatura spaziale

Sono quarantacinquemila gli oggetti di dimensioni superiori a 10 cm 3 tracciati dalla Space Surveillance Network del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti. I corpi di dimensioni comprese tra 1 mm e 1 cm –  quantificati in oltre 130 milioni – rimangono invece non tracciati. La collisione di questi oggetti nello Spazio è il principale processo di generazione di detriti.

Negli ultimi anni Stati Uniti ed Europa sono corsi ai ripari. La Federal Communications Commission americana (FCC) e l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) hanno imposto che i satelliti vengano deorbitati entro cinque anni dal completamento della missione. Il problema, però, è che i detriti spaziali sono sempre di più e i Paesi che aderiscono alle regole sullo smaltimento lo fanno in maniera volontaria e non regolamentata.

Prevenire è meglio che curare

Un primo passo per migliorare la situazione riguarda la prevenzione dei danni futuri. A riguardo, le agenzie che rilasciano licenze satellitari dovrebbero stabilire delle priorità per l’approvazione dei lanci, valutando benefici e rischi sociali, ambientali ed economici. Ad esempio, un satellite per il rilevamento di incendi potrebbe essere più importante di un satellite televisivo commerciale, e potrebbe anche declassare un satellite di grandi dimensioni in bassa quota a causa dei maggiori rischi di collisione.

Questo progetto di interesse globale, tuttavia, si potrebbe scontrare con l’attuale contesto di tensioni geopolitiche. Di fatto, sempre più paesi cercheranno di garantire la resilienza delle proprie infrastrutture critiche gestendo i propri satelliti. Cina e Unione Europea, ad esempio, stanno lavorando allo sviluppo di un’alternativa a Starlink di SpaceX. Nel tentativo di rafforzare la sicurezza nazionale, queste mega-costellazioni potrebbero ridurre la sostenibilità dello spazio aumentando il rischio di detriti orbitali.

Per una riduzione dei lanci

Una misura di contrasto all’aumento dei lanci di satelliti potrebbe essere la tassazione: le compagnie aerospaziali dovrebbero pagare un’imposta al Paese in cui operano. Inoltre, si potrebbero introdurre delle sanzioni basate sulla quantità di detriti generati dai satelliti in orbita. I ricavi servirebbero per finanziare una nuova organizzazione statunitense per la gestione del traffico spaziale o tecnologie di bonifica dei detriti.

Non solo: si dovrebbe imporre agli operatori di contrarre un’assicurazione per i detriti spaziali. In caso di danno, una parte dei premi dell’assicurazione verrebbero riscossi fino alla dismissione di eventuali razzi o satelliti di stadio superiore. Un’altra parte, invece, potrebbe finire in un fondo che finanzi la sicurezza e la sostenibilità orbitale.

Inoltre, i governi potrebbero promuovere un’economia spaziale circolare, promuovendo il riutilizzo e il riciclo dei lanci. Per evitare missioni usa-e-getta, risulta decisivo il sostegno governativo alla ricerca sulla manutenzione, l’assemblaggio e la produzione in orbita.

Regolare il traffico in orbita

Negli ultimi anni la gestione del traffico spaziale ha fatto progressi, soprattutto in Europa. Gli obiettivi da raggiungere, tuttavia, sono ancora molti: dalla condivisione di dati sulla situazione spaziale, sullo stato dei satelliti e sulla meteorologia spaziale, all’introduzione di norme in materia di responsabilità e prevenzione delle collisioni.

La comunità scientifica spera di coinvolgere nel progetto gli attori commerciali, come SpaceX, Amazon e OneWeb. Sono infatti loro ad avere un ruolo crescente nel traffico spaziale. Un lavoro di coordinamento permetterebbe di far fronte al pericolo che i lanci interferiscano con il traffico aereo.

Di fatto, collaborare con il settore privato è indispensabile per avanzare in questo ambito. In questi anni il programma di Sicurezza Spaziale dell’ESA è entrato in dialogo con le aziende aerospaziali per sviluppare tecnologie anticollisione.

Leggi poco efficaci

Per ridurre i detriti spaziali, occorrono normative più rigorose. A livello legislativo, sono stati gli Stati Uniti ad aprire la strada: nel 1979 hanno introdotto linee guida nazionali per la mitigazione dei detriti istituendo l’Orbital Debris Program della NASA.

L’iniziativa, tuttavia, ha avuto scarso effetto, in quanto non sorretta da un’adeguata regolamentazione del settore spaziale commerciale. Nonostante l’indifferenza generale, negli ultimi vent’anni la pubblicazione di normative in materia rivelano che Washington intenda conservare una certa leadership a livello internazionale.

Gli accordi Artemis, ad esempio, invitano i firmatari (tra cui c’è l’Italia) a evitare di produrre detriti spaziali smaltendo in modo corretto i loro veicoli spaziali dopo la missione. L’appello è però caduta nel vuoto. L’approvazione di circa quarantaduemila satelliti Starlink, prima, e l’esclusione delle mega-costellazioni commerciali dalla revisione ambientale, poi, hanno infatti invalidato la proposta.

Le normative europee

Con gli Stati Uniti apparentemente fuori dai giochi, l’ESA potrebbe diventare leader globale nella sostenibilità spaziale. L’Unione europea e l’ESA hanno infatti fissato obiettivi sulla sostenibilità spaziale più elevati rispetto a quelli americani. La legge spaziale a cui sta mettendo mano l’Europa – e che potrebbe entrare in vigore quest’anno – imporrà agli operatori satellitari commerciali di rispettare le regole durante l’intero ciclo di vita del satellite: dal lancio alla prevenzione delle collisioni, dalla condivisione delle informazioni al de-orbitamento.

L’ESA, in particolare, mira a una maggiore sostenibilità. Ogni anno, dal 2016, il suo Space Debris Office pubblica un rapporto sulla gestione internazionale dei detriti orbitali e sulla sostenibilità spaziale. I requisiti di mitigazione dei detriti spaziali dell’ESA incoraggiano processi di economia circolare e la messa in pratica di una strategia di inquinamento netto zero nello Spazio entro il 2030.

Per diffondere i suoi regolamenti, l’ESA sta promuovendo la Carta Zero Detriti, firmata da oltre venti agenzie spaziali europee, istituti di ricerca e aziende. Nei prossimi anni, inoltre, l’ESA dovrebbe collaborare con la FCC per internazionalizzare la norma condivisa di deorbitazione post-operazione di cinque anni e renderla obbligatoria. Attualmente, le linee guida prevedono – in maniera non mandatoria – che i corpi abbiano una vita orbitale di fine missione inferiore a venticinque anni.

Verso nuove soluzioni tecnologiche

Anche se tutti i lanci dovessero cessare, il grande volume di oggetti lanciati in orbita rende probabile il verificarsi della sindrome di Kessler. Pertanto, al fine di ridurre i detriti esistenti, diversi attori spaziali sono al lavoro per trovare nuove soluzioni tecnologiche.

Il Regno Unito, il Sudafrica e altri Paesi hanno avviato una missione dimostrativa per la rimozione dei detriti in orbita, la RemoveDEBRIS. Anche la Cina ha messo in atto delle operazioni analoghe: la China Aerospace Science and Technology Corporation ha intrapreso il primo rimorchio spaziale, agganciandosi a un satellite di navigazione BeiDou in disuso e spostandolo dall’orbita geosincrona a quella di cimitero. Astroscale, un’azienda di rimozione di detriti orbitali con sede in Giappone, ha fatto progressi nel tentativo di rimuovere il corpo di un razzo presente nello stadio superiore.

La via è dunque stata tracciata. Ora occorre che l’Inter-Agency Space Debris Coordination Committee (IADC), nata con un ruolo di coordinamento tra ESA e NASA, promuova l’interesse internazionale per la rimozione dei detriti e sostenga gli elevati costi della tecnologia. L’istituzione di un meccanismo finanziario che alimenti la ricerca e lo sviluppo potrebbe sollecitare contributi da parte di paesi, privati e associazioni filantropiche. Inoltre, affinché la rimozione dei detriti diventi legalmente fattibile, gli attori del settore spaziale dovranno mettersi d’accordo sulle circostanze in cui sia possibile operare.

Alessandro Dowlatshahi

Classe 1998, ho conseguito la Laurea Magistrale in Lettere Moderne presso l’Università degli Studi di Milano, chiudendo il mio percorso accademico con un lavoro di ricerca tesi a Santiago del Cile. Le mie radici si dividono tra l’Iran e l’Italia; il tronco si sta elevando nella periferia meneghina; seguo con una penna in mano il diramarsi delle fronde, alla ricerca di tracce umane in giro per il mondo.

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