Un consiglio che vale oro. Chi è Simone Vagnozzi, coach di Sinner

Il secondo set della finale dell’Australian Open sta volgendo al termine. Il ventiduenne tennista italiano Jannik Sinner è sotto 5 a 1 contro il russo Daniil Medvedev. Il momento è difficile per l’atleta altoatesino, che ha già perso il primo set 6-3. L’aggressività del rivale l’ha messo alle corde. Chiede quindi una mano al coach Simone Vagnozzi, appostato a bordo campo. «Cosa devo fare», gli si legge sulle labbra. Pronta la risposta dell’allenatore: «Alè. Usa questo game per fare qualcosa di diverso. Anche sulla seconda vai dietro». Un consiglio che si rivelerà decisivo nel parziale successivo, quello della svolta.

La scossa del terzo set

Le parole di Vagnozzi rinvigoriscono il tennista italiano, che piazza due palle break di fila e accorcia lo svantaggio nel game. Malgrado la fiducia acquisita con il doppio punto, Sinner però non riesce ad acciuffare Medvedev, che si aggiudica anche il secondo set per 6-3.

Nel terzo parziale il giovane altoatesino prova a riproporre la strategia del coach: variazione del gioco e cambiamento della posizione. Grazie a queste direttive tattiche, Sinner inizia a rispondere con efficacia ai colpi del russo e a vincere infinite diagonali di rovescio. In breve, riesce a rimettersi in carreggiata, recuperando potenza emotiva ed esibendo al meglio le proprie doti tecniche.

Con precisione e perseveranza, trionfa nel terzo set, poi nel quarto e infine nel quinto. È campione. E Vagnozzi non contiene l’entusiasmo: «Una vittoria stupenda, non so che dire. Forse devo ancora metabolizzare tutto».

Il tennista Jannik Sinner con il suo allenatore Simone Vagnozzi
Vagnozzi, chi è il post Piatti di Sinner

Classe 1983, marchigiano, Simone Vagnozzi è il coach di Jannik Sinner dal febbraio 2022, quando ha preso il posto di Riccardo Piatti, guida sportiva del giovane fin dall’adolescenza. Affiancato fin da subito dal supercoach Darren Cahill, è stato uno dei protagonisti della crescita del tennista altoatesino degli ultimi anni.

Ex giocatore, Vagnozzi ha conquistato il tabellone principale in tre slam su quattro in doppio (Wimbledon, Roland Garros, US Open), senza però superare il primo turno. In coppia con Andreas Seppi, ha raggiunto la posizione numero 74 nel best ranking nell’aprile del 2011. In singolo, invece, si è attestato al massimo 161esimo nel novembre dello stesso anno.

A 36 anni inizia la carriera da allenatore. Segue Marco Cecchinato, che in soli due anni scala ben 164 posizioni nel ranking: nel 2018, da 16esimo al mondo, il suo allievo elimina ai quarti di finale del Roland Garros Novak Djokovic. In pochi mesi, a causa di una crisi di risultati, arriva il divorzio tra i due.

Vagnozzi si rivolge dunque a Stefano Travaglia, entrando nel suo team. Guidato dal marchigiano, il giovane tennista conosce un periodo di exploit: per la prima volta entra nei top 100 mondiali, spingendosi in tempi record fino alla 60esima posizione. Nel maggio 2021, però, alcuni passi falsi sportivi di Travaglia portano all’interruzione della collaborazione con il coach.

Vagnozzi insieme a Darren Cahill all’Australian Open 2024
Vagnozzi-Sinner: 64 giorni di trionfi

Dalla Coppa Davis del 26 novembre all’Australian Open del 28 gennaio: poco più di due mesi di gioie per il duo Vagnozzi-Sinner. In mezzo, i premi Atp Awards come “giocatore più amato dai tifosi” e “giocatore più migliorato” per l’allievo, e quello come “allenatore dell’anno” per il maestro, entrambi consegnati il 16 dicembre.

Alla coppia la sinergia non manca. Oltre ai consigli connessi agli aspetti tecnici del gioco, durante gli allenamenti Vagnozzi è riuscito a trasmettere a Sinner quella serenità che gli mancava, e che lo rendeva molto severo con se stesso. «Adesso stiamo in campo meno, talvolta solo 40 minuti. Prima andava in paranoia. Si diventa campioni anche da queste cose».

Alessandro Dowlatshahi

Classe 1998, ho conseguito la Laurea Magistrale in Lettere Moderne presso l’Università degli Studi di Milano, chiudendo il mio percorso accademico con un lavoro di ricerca tesi a Santiago del Cile. Le mie radici si dividono tra l’Iran e l’Italia; il tronco si sta elevando nella periferia meneghina; seguo con una penna in mano il diramarsi delle fronde, alla ricerca di tracce umane in giro per il mondo.

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