“Le riunioni a cui partecipano troppe donne in genere vanno avanti più del necessario”. Lo ha detto Yoshiro Mori, presidente del Comitato organizzativo delle Olimpiadi di Tokyo 2021, dopo la proposta del ministero dell’Istruzione giapponese di estendere le nomine nel consiglio dei Giochi a un maggior numero di donne. La dichiarazione ha portato Mori al centro di intense polemiche, anche a livello internazionale, e per questo motivo l’ex primo ministro nipponico ha dato oggi, venerdì 12 febbraio, le dimissioni.
IL DIBATTITO
Il Comitato delle Olimpiadi di Tokyo 2020, rimandate al 2021 causa pandemia, era intenzionato ad aumentare fino al 40% la presenza femminile nel comitato direttivo, dall’attuale 20%. La dichiarazione sopracitata di Mori ha fin da subito provocato imbarazzo e polemiche tra i presenti all’ultima riunione online.
Yoshiro Mori è un politico e dirigente sportivo giapponese, già primo ministro tra il 2000 e il 2001. Dal 2005 è presidente della federazione rugbistica giapponese, ruolo che lo ha portato in più occasioni ad essere attaccato per le sue dichiarazioni sessiste. A proposito del clima di competitività presente in questo sport Mori ha dichiarato: “Se una di loro alza la mano per intervenire, le altre si sentono obbligate a rispondere, e si finisce che tutte quante si ritrovano a partecipare”.
In seguito al suo controverso commento durante l’incontro con il Comitato organizzativo la direttrice Kaori Yamaguchi ha riferito che “La parità di genere e un maggior rispetto per le persone con disabilità sono valori fondamentali per gli organizzatori dei Giochi a Tokyo. E’ deplorevole che il presidente del comitato organizzatore faccia questi commenti”.
Nonostante le pressioni dovute alle sue affermazioni Yoshiro Mori aveva espresso l’intenzione di non lasciare la direzione dichiarandosi “profondamente pentito”, ma oggi il Comitato ha ricevuto le sue dimissioni dopo che alcuni importanti sponsor delle Olimpiadi avevano espresso dei dubbi sul proseguire il loro rapporto economico con i Giochi.
IL SUCCESSORE DI YOSHIRO MORI
Con le dimissioni di Mori è sorto il problema della successione a capo del Comitato: in questo senso l’ex primo ministro ha suggerito di considerare la candidatura di Saburō Kawabuchi, allenatore di calcio, ex calciatore e dirigente sportivo giapponese. La proposta ha fatto luce su un altro aspetto oscuro delle competizioni sportive in Giappone dal momento che Kawabuchi in passato è stato criticato per un tweet in cui esprimeva la sua approvazione per i genitori e allenatori che “alzano le mani” sui giovani atleti quando “prendono una strada sbagliata”.
Il ministro delle Olimpiadi Seiko Hashimoto ha detto che nulla è stato ancora deciso e che la decisione sulla successione di Mori deve passare attraverso un processo formale del Comitato.
LO SPORT NIPPONICO TRA SESSISMO E ABUSI SUI MINORI
«Per decenni i bambini in Giappone sono stati brutalmente picchiati e abusati verbalmente in nome della vittoria di trofei e medaglie» è una delle tante dichiarazioni raccolte in “Mi hanno picchiato così tante volte che ho perso il conto: gli abusi sugli atleti minorenni in Giappone”, il rapporto di Human Rights Watch.
Il 26 giugno 2020 la triatleta Choi Suk-hyeon, 22 anni della Corea del Sud, si è tolta la vita a causa delle continue violenze fisiche, psicologiche e sessuali subite da parte del medico e dell’allenatore della sua squadra. Un’altra testimonianza è arrivata da Jessica Shuran, ex campionessa cinese di pattinaggio artistico su ghiaccio, che sul suo profilo Instagram ha rivelato di aver ricevuto insulti e punizioni ricevuti dal suo coach fin dall’età di 9 anni.
In molti Paesi orientali l’uso della violenza come parte integrante degli allenamenti di atleti promettenti in età infantile o adolescenziale è praticata come una norma.
Minky Worden, direttore delle iniziative globali presso Human Rights Watch, non considera quella di Mori una “gaffe” perché la ritiene “l’espressione verbale della politica nazionale” e quindi non una “gaffe”, ma sintomo della mentalità discriminatoria propria di questa cultura.
Si delinea così un quadro dello sport nipponico come un’élite dominata dagli uomini e intensamente gerarchica che “ha resistito alle richieste di riforma, si è opposta a una maggiore rappresentanza delle donne e ha perpetuato un sistema in cui gli allenatori sportivi picchiano regolarmente i bambini” si legge sul Washington Post.