Cori, applausi, commozione. Il Dall’Ara, quasi pieno, è tutto in piedi in una serata caldissima. Gli sguardi, l’attenzione, la preoccupazione sono solo per lui. Sinisa Mihajlovic è arrivato in panchina nella serata di venerdì 30 agosto per seguire il suo Bologna impegnato contro la Spal. È un uomo forte Mihajlovic, dimagrito, provato dalle cure, ma con un cuore e una carica enormi.
Solo poco più di un mese fa, l’allenatore rossoblù aveva annunciato al mondo la sua malattia: leucemia acuta prevalentemente mieloide. E ora, dopo il primo ciclo di cure, Sinisa è di nuovo con i suoi ragazzi, pronto a dirigerli in questo campionato. Lo aveva fatto anche nella prima giornata, a Verona, quando il suo Bologna aveva affrontato l’Hellas di Ivan Jurić, ma la serata del 30 agosto è stata davvero la notte dei miracoli. Il tecnico serbo è tornato in quello stadio che è casa sua, dai suoi tifosi che sono la sua famiglia.
Un messaggio positivo, di speranza, che arriva in un momento difficile per il mondo del calcio. È infatti di giovedì 29 agosto la notizia della morte della piccola Xenia, la figlia dell’allenatore Luis Enrique. Dopo cinque mesi di lunga battaglia, la bimba di 9 anni si è spenta a causa di un tumore osseo. Lo ha reso noto l’ex ct della Spagna attraverso una commovente nota pubblicata su Twitter: «Ci mancherai molto, ma ti ricorderemo ogni giorno della nostra vita nella speranza che ci incontreremo di nuovo in futuro. Sarai la stella che guida la nostra famiglia».
La vicenda dell’allenatore serbo ricorda da vicino la storia di un altro tecnico, Eduardo Berizzo. Nel 2017 l’argentino era alla guida del Siviglia quando, il 22 novembre, la mattina dopo la straordinaria rimonta in Champions League contro il Liverpool, i giornali riportano la notizia della malattia di Berizzo. Si tratta di cancro alla prostata. Secondo alcune indiscrezioni, l’allenatore avrebbe informato i suoi ragazzi della vicenda durante l’intervallo del match europeo, spingendo il Siviglia all’impresa: dallo 0-3 iniziale al 3-3 del fischio finale. Sotto la sua guida la squadra ottiene la qualificazione agli ottavi di finale nella corsa all’Europa che conta. A meno di un mese dall’operazione chirurgica necessaria per rimuovere il tumore, il 15 dicembre 2017, Berizzo torna a dirigere i suoi ragazzi nella partita di campionato contro il Levante, dimostrando a tutti la sua forza e mandando un messaggio ricco di speranza.
Tornando a casa nostra, anche l’ex allenatore e centravanti leggenda del calcio italiano Gianluca Vialli ha dovuto affrontare la terribile sfida del cancro. «L’ho considerata semplicemente una fase della mia vita che andava vissuta con coraggio e dalla quale imparare qualcosa. – ha rivelato Vialli al Corriere della Sera – Sapevo che era duro e difficile doverlo dire agli altri, alla mia famiglia. Non vorresti mai far soffrire le persone che ti vogliono bene». «Ti prende come un senso di vergogna – ha confessato -, come se quel che ti è successo fosse colpa tua. Giravo con un maglione sotto la camicia, perché gli altri non si accorgessero di nulla, per essere ancora il Vialli che conoscevano. Poi ho deciso di raccontare la mia storia». Nasce così Goals. 98 storie + 1 per affrontare le sfide più difficili, un libro in cui racconta le sue imprese sportive e la dura sfida che la vita gli ha posto davanti, la lotta contro la malattia, nella speranza che la sua storia «possa servire a ispirare le persone che si trovano all’incrocio determinante della vita».
Tra i personaggi del mondo del calcio cha hanno dovuto affrontare la temibile sfida del cancro, c’è anche chi non ce l’ha fatta, ma ha lottato fino alla fine con tenacia e determinazione. Il 25 aprile 2014 l’ex tecnico del Barcellona Tito Vilanova, dopo aver combattuto tre anni contro il tumore alla ghiandola parotide, si è spento dopo l’ennesimo ricovero. L’ex allenatore blaugrana non ha mai smesso di provare a vincere la partita più difficile della sua vita. Nel dicembre del 2012 è costretto a lasciare la panchina del Barca per operarsi e poi andarsi a curare a New York, ma all’inizio di aprile, torna in tempo per guidare i suoi alla conquista dello scudetto. Il 19 luglio 2013 Vilanova dice addio alla panchina per il riacutizzarsi della malattia e inizia ad affrontare il match più duro della sua carriera lontano dai riflettori.
È passato poco più di un anno e mezzo, era il 29 marzo 2018, da quando il calcio italiano ha perso uno dei suoi allenatori più amati. Emiliano Mondonico ha lottato per anni contro la malattia, con quella tenacia e quella forza che lo hanno sempre contraddistinto e che hanno reso celebre la scena della sedia alzata in aria. Era il 13 maggio 1992 e il Torino, allenato da mister Mondonico, dopo aver eliminato il Real Madrid, si giocava la conquista della coppa Uefa con l’Ajax, che in casa dei granata aveva strappato un 2-2. Quella giocata in Olanda fu una partita a senso unico. Il Toro colpì tre pali e, tra un legno e l’altro, un episodio scatenò le ire del tecnico: un fallo su Cravero che sarebbe stato rigore. Il condizionale è d’obbligo, perché l’arbitro non fischiò. A quel punto Mondonico andò su tutte le furie, sollevando in aria una sedia e siglando un gesto entrato nella storia. Finì 0-0 e la coppa andò all’Ajax e, a chi chiedeva di spiegare quell’azione, Mondonico rispondeva «Quella sedia è il simbolo di chi tifa contro tutto e tutti. È il simbolo di chi non ci sta e reagisce con i mezzi che ha a disposizione. È un simbolo-Toro perché una sedia non è un fucile, è un’arma da osteria».
Reagire, dunque, come parola d’ordine per chi come Mondonico, Vilanova, Vialli, Berizzo e Mihajlovic ha dovuto affrontare una sfida così difficile e inaspettata. Reagire e combattere, fino alla fine, dentro e soprattutto fuori dal rettangolo verde.