Tutto il calcio in lutto: addio a Gigi Riva, il bomber più grande

Il malore improvviso accusato domenica 21 gennaio 2024, la corsa in ospedale e il ricovero nel reparto di Cardiologia del Brotzu di Cagliari. Condizioni che non sembravano gravi, come confermato dal bollettino medico emanato alle 19 di lunedì. “Il paziente è sereno e le sue condizioni generali sono stabili”, si leggeva. E invece, alle ore 19.39, Gigi Riva non ce l’ha fatta.

Calcio italiano in lutto

Un lutto per il calcio italiano, che perde a 79 anni il suo più grande bomber azzurro. In Nazionale “Rombo di Tuono” – questo il soprannome assegnatoli da Gianni Brera – ha collezionato 35 gol in 42 presenze e, con una media di 0.83 gol a partita, ne è tutt’oggi il miglior marcatore.

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A sinistra Hof, a destra Gigi Riva

Ma l’esperienza azzurra di Riva non è fatta solo di record. I due infortuni più gravi arrivarono proprio con la Nazionale. Il primo nel 1967, quando con una brutta uscita il portiere Americo Lopes gli fratturò il perone della gamba sinistra. Il secondo, ben peggiore, il 31 ottobre 1970: un’entrata killer dell’austriaco Hof gli procurò una frattura di tibia e perone con distacco dei legamenti della caviglia destra. Gli stop, però, non lo fermarono: continuò a segnare fino a giugno ’74, quando siglò il gol contro la Svizzera in un match di qualificazione ai mondiali.

25 ottobre 1970: il mito di “Rombo di Tuono”

San Siro, 1970. Il Cagliari supera 3-1 l’Inter e diviene Campione d’Italia. A raccontarlo sul Guerin Sportivo – la più antica pubblicazione sportiva del mondo – Gianni Brera, uno dei giornalisti sportivi italiani più importanti del XX secolo. Ed è qui, nella pubblicazione del 25 ottobre, che coniò il soprannome “Rombo di Tuono”.

Ogni volta che Riva toccava palla lo stadio si ammutoliva, in attesa avvenisse la magia. Così Gigi correva, in quel silenzio quasi assordante, e lo spezzava, proprio come il rombo di un tuono nel cielo. Un nome, quindi, non casuale. «Il Cagliari ha umiliato l’Inter. Oltre 70mila spettatori: se li è meritati Riva, che qui soprannomino Rombo di Tuono», scrisse Brera.

Lo scudetto col Cagliari e il no alle Juventus

Riva cominciò a giocare nella squadra dell’oratorio di Leggiuno, raggiungendo presto la Prima Divisione con il Laveno. Un esordio da record, con 30 goal alla prima stagione e 36 alla seconda. Appena maggiorenne approdò in Serie C, e nel giro di un anno raggiunse la B. Un contratto con il Cagliari, che, nonostante l’iniziale scetticismo, lo porterà a diventare uno dei più grandi calciatori italiani. «Arrivammo a Cagliari di sera e quando vidi le luci nel golfo mi lasciai scappare: “Quella è l’Africa”. Il giorno dopo vidi il campo senz’erba e pensai: “Dove sono capitato”».

Nel 1963 grazie a 8 reti contribuì alla prima promozione dei sardi in serie A, dove esordì nel settembre dell’anno seguente. Ma la stagione che resterà nella storia dei cagliaritani sarà sempre quella 1969-70. A suon di gol – furono 21 a fine campionato – Riva portò i rossoblù sul tetto d’Italia. Una vittoria epocale, non solo per il Cagliari: per la prima volta a vincere lo scudetto fu una squadra del sud. «Ci sentivamo invincibili. In quel momento, però, nessuno di noi si era realmente reso conto dell’importanza del traguardo, sportivo solo in parte. Io l’ho capito col tempo, vivendo questa fantastica terra: quello scudetto è stato la prima rivincita sociale per tutti i sardi, compresi gli emigrati, anzi soprattutto per loro».

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Il Cagliari 1969/70, vincitore dello storico Scudetto

Ed è proprio dopo quell’anno che Riva dimostrò tutto il suo amore per la squadra sarda. La proposta da una big arrivò il 14 luglio 1973. La Juventus di Giampiero Boniperti fece sul serio: due miliardi di lire e sei giocatori, oltre a un miliardo per il giocatore. L’allora presidente del Cagliari cominciò a valutare l’affare, ma Riva stesso cancellò qualsiasi dubbio: «No, grazie. Voglio restare a Cagliari per sempre».

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Il gol di Gigi Riva alla Juventus

Dietro al rifiuto, racconterà più tardi in un’intervista, un potente legame instaurato con la città e i suoi tifosi: «Capii che per i sardi il calcio era tutto. Non potevo togliergli le uniche gioie. Sarebbe stata una vigliaccata andarmene. Non ho mai avuto dubbi e non mi sono mai pentito».

 

 

Elena Cecchetto

📍Milano 👩🏼‍🎓Comunicazione, Media e Pubblicità ⚽️ Quando lavoro mi trovi allo stadio, quando non lavoro pure

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