L’inchiesta di Report andata in onda domenica 2 febbraio ha svelato delle anomalie circa la gestione finanziaria dell’Inter sotto la presidenza della famiglia Zhang. Il programma ha rivelato come il club abbia presentato bilanci con ricavi alterati, in parte legati a sponsorizzazioni dubbie, e abbia goduto di pressioni istituzionali che hanno permesso l’iscrizione alla Serie A nonostante una situazione economica critica. Secondo le ricostruzioni, la Covisoc avrebbe infatti subito influenze affinché non emergessero le reali condizioni finanziarie della società.
Le anomalie finanziarie nei bilanci dell’Inter: ricavi alterati e capitale negativo
La situazione economica dell’Inter negli ultimi anni è stata descritta come preoccupante da più esperti, ma l’inchiesta di Report ha portato alla luce nuovi dettagli. I conti del club, infatti, avrebbero presentato anomalie strutturali, con ricavi gonfiati da sponsorizzazioni sospette e un capitale negativo che, in condizioni normali, avrebbe dovuto portare alla liquidazione della società.
Secondo Gian Gaetano Bellavia, esperto di diritto penale dell’economia, i numeri presentati dall’Inter risultavano insostenibili: «Un disastro, nel 2020 aveva 871 milioni di debiti e 370 milioni di ricavi. Era impossibile risanarla con le proprie forze». Nel 2023 il club registrava un capitale negativo di 162 milioni, un valore sceso a -100 milioni nel 2024. Secondo le normative societarie, una situazione di questo tipo avrebbe richiesto l’intervento delle autorità competenti per dichiarare l’insolvenza.
Le sponsorizzazioni fittizie e il ruolo di Suning
Capitolo centrale dell’inchiesta è l’origine dei ricavi dichiarati nei bilanci. Secondo Report, tra il 2016 e il 2019 l’Inter ha registrato oltre 100 milioni di euro di ricavi provenienti da contratti con aziende cinesi, molte delle quali riconducibili alla stessa Suning. Tuttavia, un’analisi indipendente condotta a Londra ha rivelato che gran parte di questi sponsor non avevano una reale operatività nel settore pubblicitario o commerciale.
L’origine delle sponsorizzazioni fantasma era stata già studiata nel 2020 da una società di analisti. Dopo una lunga ricerca siamo riusciti a scovare l’uomo nella City che per primo aveva lanciato l’allarme sull’Inter.
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Uno dei casi più eclatanti è rappresentato da Beijing Yixinshijie, che nel 2016 firmò un accordo da 25 milioni di euro per sponsorizzare l’Inter. L’azienda, teoricamente attiva nell’ambito della tecnologia, risultava legata a Suning e, poco dopo l’accordo con il club nerazzurro, cessò ogni attività. «Non si tratta di sponsorizzazioni genuine, ma di soldi che entrano per far quadrare i conti e rientrare nei parametri richiesti dalla Serie A e dalla UEFA», ha dichiarato uno degli analisti intervistati da Report.
Un altro caso riguarda King Dawn Investment Ltd, che siglò un contratto di sponsorizzazione con l’Inter nel 2018. «Si tratta di una società fantasma con sede alle Isole Cayman e nessuna attività concreta nel settore del marketing sportivo», hanno sottolineato gli esperti. Secondo il giornalista Sigfrido Ranucci, «la FIGC sapeva di questi ricavi fittizi, ma nessuno ha mai preso provvedimenti». Un elemento che rafforza i sospetti è che queste operazioni siano state interrotte all’improvviso nel 2019, quando il governo cinese impose restrizioni agli investimenti calcistici all’estero. Da quel momento, la situazione economica dell’Inter si aggravò notevolmente, portando Suning a cedere il controllo del club a Oaktree attraverso un prestito emergenziale.
Pressioni sulla Covisoc per evitare l’esclusione dalla Serie A
Le rivelazioni di Report non si sono fermate alle sole anomalie di bilancio, ma hanno messo in evidenza il ruolo della Covisoc, l’organo preposto alla vigilanza sulle società calcistiche. Dalle testimonianze raccolte emerge che la commissione di controllo avrebbe subito pressioni affinché l’Inter venisse ammessa alla Serie A nonostante le sue gravi difficoltà economiche.
Un ex membro della Covisoc ha raccontato di aver ricevuto indicazioni per non approfondire troppo la situazione dell’Inter e per evitare di creare problemi che avrebbero potuto portare all’esclusione del club dal campionato. «C’erano pressioni continue per chiudere un occhio, non potevamo permettere che una squadra come l’Inter fosse fuori dalla Serie A», ha dichiarato l’ex dirigente.
Le infiltrazioni della ‘ndrangheta nelle curve di Inter, Milan e Juventus
Oltre agli aspetti finanziari, l’inchiesta ha messo in luce i legami tra il tifo organizzato e la criminalità organizzata. La ‘ndrangheta, secondo Report, avrebbe esteso la propria influenza nelle curve di Inter, Milan e Juventus, sfruttando il controllo del tifo per gestire attività illecite, tra cui bagarinaggio, traffico di droga e altre operazioni criminali.
Nel caso dell’Inter, Antonio Bellocco, appartenente a una nota famiglia di ‘ndrangheta e attivo nella curva nord nerazzurra, ha ricoperto un ruolo chiave nella gestione dei business della Curva Nord. Il suo omicidio nel settembre 2024 ha rivelato le dinamiche di potere che regolano il controllo delle tifoserie. Marco Ferdico e Andrea Beretta, leader della curva, sono accusati di aver collaborato con Bellocco per ottenere protezione e consolidare il loro controllo sul tifo organizzato. Come testimoniano le intercettazioni raccolte da Report, Ferdico avrebbe anche minacciato l’Inter per ottenere 40 abbonamenti, dichiarando: «Se non mi danno le tessere, andiamo avanti». La società, rappresentata da Giuseppe Marotta, avrebbe poi ceduto alle richieste.
Per il Milan, l’inchiesta ha riportato le relazioni tra il capo ultrà Luca Lucci e ambienti della criminalità organizzata, con quest’ultimo che avrebbe favorito la presenza della ‘ndrangheta nella curva sud rossonera.
Infine, per la Juventus, sono stati ripercorsi i fatti dell’inchiesta “Alto Piemonte”, che aveva già messo in luce la presenza della ‘ndrangheta nella tifoseria bianconera. Il caso più noto è quello di Rocco Dominello, legato ai clan calabresi e coinvolto nella gestione del bagarinaggio e di altre attività illecite. Dominello, secondo le testimonianze, aveva rapporti diretti con i dirigenti della Juventus, che gli avrebbero concesso ampie libertà nella gestione dei biglietti. Per Fabio Germani, ex presidente della Fondazione Italia Bianconera, «il sistema era loro. Quando entri in Juventus, loro sanno vita, morte e miracoli di te».