L’Inter non è più di proprietà del gruppo Suning. Il presidente Steven Zhang non è riuscito a estinguere il debito contratto con il fondo americano Oaktree, che da oggi possiede le quote di maggioranza della società nerazzurra. La nuova gestione corrisponderà a Zhang la differenza tra il valore della società e il debito. L’annuncio ufficiale da parte della società è atteso nel pomeriggio.
Un addio annunciato
Il passaggio di proprietà non è certo una sorpresa. Da giorni si rincorrevano voci che davano Zhang prossimo a salutare la società campione d’Italia. Il motivo, in breve, è l’escussione, ovvero l’appropriazione forzata che Oaktree può esercitare. Non avendo ottenuto entro la scadenza prevista (ieri) la restituzione del prestito concesso a Zhang tre anni fa, il fondo americano trattiene quanto impegnato dal presidente all’atto di stipulazione del contratto. Questo pegno è proprio l’Inter, del quale Zhang, a nome della holding Suning, deteneva – fino a ieri – le quote di maggioranza.
L’addio di Zhang rappresenta la fine di un’era. In otto anni di gestione, i cinesi hanno vinto sette trofei: due scudetti, due Coppe Italia e tre Supercoppe. Ne hanno sfiorati altri due, internazionali, giocando la finale di Europa League 2019-2020 e la finale di Champions League 2022-2023. Questo palmarès fa di Zhang il terzo presidente più vincente della storia interista. Meglio di lui solo i due Moratti, Angelo e Massimo. Non solo trofei, comunque. Da giugno 2016, Zhang ha piazzato importanti colpi di mercato, non solo in campo (Lukaku, Barella, Hakimi, per citarne qualcuno), ma anche e soprattutto in panchina. Spalletti, Conte e l’attuale Inzaghi hanno saputo far crescere la squadra, valorizzando l’uno il lavoro dell’altro. Un percorso di successo, che ha condotto alla seconda stella, ultimo lascito dell’ormai ex presidente Zhang.
Fair value: la “buonuscita” di Zhang
La somma da restituire era di circa 375-380 milioni di euro. Troppo elevata per le risorse di Zhang, peraltro già indebitato con China Construction Bank, istituto di credito cinese sotto controllo pubblico, per 320 milioni di euro. Per restituire il prestito ad Oaktree, il giovane imprenditore avrebbe dovuto chiederne un altro, cosa che – nonostante i rumours – non è riuscito a fare. Persa l’Inter, però, Zhang non tornerà in Cina a mani vuote. Gli sarà corrisposto da Oaktree il fair value, ovvero la differenza tra il valore dell’Inter e il debito che non è stato in grado di estinguere. Questa cifra è difficile da stimare, dal momento che le valutazioni differiscono. Oaktree avrebbe già ottenuto, da periti indipendenti, una valutazione di 850 milioni, debiti inclusi. Una misura probabilmente troppo bassa per Suning, che cercherà di giocare al rialzo. Ci sarà tempo per far corrispondere le cifre. Nel frattempo, è da capire come il fondo americano gestirà la pratica interista.
Le incognite di una nuova gestione
Da oggi, dunque, l’Inter passa sotto il controllo di Oaktree, società di investimenti con sede a Los Angeles, in California. Oaktree gestisce capitali per un valore complessivo di 192 miliardi, ma trattandosi di un fondo cercherà di lucrare sulla vendita della società a medio-breve termine. Il primo passo sarà la nomina del nuovo board. Decaduto il CdA attualmente in carica, non è comunque detto che il ricambio sia totale. Due uomini di Oaktree, Carlo Marchetti e Amedeo Carassai, erano infatti già in quota ed è probabile che vengano riconfermati, assieme ad altri colleghi che sostituiscano Zhang e gli altri dirigenti cinesi. Riconferma in vista anche per i due amministratori delegati: Alessandro Antonello per la parte corporate e il preziosissimo Beppe Marotta per la parte sportiva. A loro sarà affidata la prosecuzione del progetto nerazzurro.
Un precedente in Serie A: il caso Milan
La Serie A non è nuova a vicende di questo tipo tra le società del campionato. Un precedente analogo accadde nel 2018, sempre a Milano, su sponda milanista. L’allora presidente, l’imprenditore cinese Li Yonghong, aveva rilevato la società solo l’anno prima, acquistandola dallo storico patron Silvio Berlusconi. Anche in quell’occasione Li non fu in grado di restituire un prestito ottenuto da un fondo americano, Elliott, che ottenne quindi la proprietà e il controllo del Milan. Nel giro di pochi giorni, Elliott nominò un nuovo CdA e affidò la presidenza al manager Paolo Scaroni. Negli anni successivi finalizzò poi la vendita, cedendo la proprietà alla società statunitense RedBird per 1,2 miliardi di euro.