«Rogoredo non è solo il “boschetto“, è tanto altro. Ed è questa visione che ci ha aiutato ad intervenire concretamente». Proprio in nome di quel “tanto altro” il Corriere della Sera ha organizzato, nella mattinata del 5 marzo, il forum pubblico “Fuori dal bosco”, nell’atrio della stazione di Rogoredo. Il pretesto per l’incontro è stato il lancio del nuovo dorso di Milano del quotidiano di via Solferino, insieme al 176esimo compleanno della testata, ma i temi affrontati hanno avuto come oggetto il “boschetto”, noto come una delle piazze di spaccio più grandi d’Europa.
Divenuta nel corso degli anni meta di un drammatico pellegrinaggio di centinaia e centinaia di persone, spesso adolescenti e giovanissimi, dipendenti dalle sostanze più varie, l’area verde intorno al nodo ferroviario sud di Milano dal 20 novembre scorso è oggetto di un intervento congiunto delle istituzioni per far fronte a quella che più volte è stata definita “l’emergenza Rogoredo”. La scelta di celebrare i 176 anni della testata storica in un luogo così difficile l’ha spiegata il direttore del Corriere della Sera Luciano Fontana, insieme al vicedirettore Venanzio Postiglione. «Il ruolo guida di Milano, come locomotiva del Paese, ha senso solo se è tutta la città, comprese le periferie, a muoversi», ha detto Postiglione, mentre Fontana ha ribadito l’importanza della libertà delle idee e del racconto, punto di partenza per riflettere e attuare i cambiamenti necessari.
L’iniziativa delle istituzioni di entrare nel bosco della droga e di dare una svolta alla situazione deriva da un piano concordato tra il governatore della Regione Lombardia Attilio Fontana, il sindaco di Milano Beppe Sala e il prefetto Renato Saccone. «Quello che conta è la regia comune che non riguarda solamente le istituzioni, ma anche le associazioni, la comunità e le famiglie». Così Saccone, che ha ribadito l’importanza di muoversi sia sul fronte del controllo territoriale, ma anche su quello della riqualificazione e del controllo sanitario all’interno dell’area, con l’avvio dei percorsi di recupero.
Il prefetto ha parlato di comunità di intenti, ma ha anche affermato l’importanza di raggiungere quelli che nel “boschetto” trovano un rifugio dai propri demoni, e una risposta alle proprie dipendenze. Sulla stessa linea anche il governatore Fontana, che ha sostenuto la necessità di parlare dei problemi, come lo spaccio massiccio a Rogoredo e la difficoltà di entrare in contatto con le persone affette dalla dipendenza. Durante il discorso del governatore c’è stata anche una silenziosa protesta da parte di alcuni abitanti della zona, che hanno mostrato un cartello su cui era scritto “Nulla è cambiato. Basta spaccio».
A prendere la parola anche Don Gino Rigoldi, cappellano del carcere minorile Beccaria, che ha definito il bosco di Rogoredo un «santuario della droga dove gli adolescenti vanno in pellegrinaggio», aggiungendo la necessità di ritornare a fare prevenzione tramite le scuole, le famiglie e gli educatori.
Preziosa, infine, la testimonianza di un operatore sanitario, Simone Feder, che quotidianamente si reca nel “boschetto” per offrire aiuto e sostegno alla marea di giovanissimi che rischiano di perdersi a Rogoredo. La risposta a questa emergenza deve essere innanzitutto in chiave esistenziale ed educativa, e per Feder è obsoleto parlare di droga, mentre è doveroso ragionare sul disagio giovanile. «Siamo entrati nel bosco, proponendo percorsi di cura. La risposta è stata lodevole, nessuno ci ha mai chiesto un euro. Tutti vogliono vivere e guarire. Bisogna andare là dove c’è il disagio, ed è quello che stiamo cercando di fare. Oggi quel bosco deve avere una valenza diversa».